sabato 26 gennaio 2008

CRISI PIU' CONTROLLABILI SENZA CONFLITTI TRA AUTHORITY

Le crisi finanziarie non hanno solo costi (di solito si avvertono nell’immediato e nel medio termine) ma comportano anche benefici (a più lunga scadenza). Un risultato dei tremori e dei timori causati dalle tensioni innescate dal subprime nei mesi scorsi potrà essere un riassetto (e un miglioramento) della vigilanza finanziaria in Europa (e non solo). E’ stato proprio questo uno degli argomenti centrali della riunione dei Ministri economici e finanziari di Germania, Gran Bretagna, Francia ed Italia svoltasi a Parigi il 17 gennaio. Nelle dichiarazioni alla stampa, ne ha fatto cenno soltanto il Ministro francese Christine Lagarde, ma il dossier è già molto nutrito. Se ne riparlerà ad un nuovo appuntamento questa settimana a Bruxelles, quando i “quattro” incontreranno gli altri 23 Ministri economici e finanziari dell’Ue e successivamente alla riunione dei Capi di Stato e di Governo (dei “quattro”) in programma a Londra il 29 gennaio.
Le ragioni che hanno innescato il dibattito (che coinvolge anche i dicasteri economici di Canada, Giappone ed Usa- l’appuntamento del G7 finanziario è il 9 febbraio a Tokio) sono indicate, tra le righe, dell’indagine trimestrale Bce sulla situazione del mercato del credito in Europa: la credit crunch – l’indagine conclude che 45% degli istituti stanno imponendo condizioni più severe alle imprese ed il 21% alle famiglie- “ha origine nel deterioramento dei mercati finanziari dall’inizio delle tensioni dell’estate scorsa e in un peggioramento della situazione degli istituti”. Tanto a Francoforte, sede della Bce, quanto a Washington si è convinti che i danni si sarebbero potuti contenere (anche se non evitare) se la vigilanza fosse stata più tempestiva e più efficace. Nella capitale americana si pone l’accento sullo scarso coordinamento tra le varie autorità di vigilanza Usa e soprattutto sulla scarsa capacità di quella che avrebbe dovuto effettuarne la regia (il Comptroller of Currency – una direzione generale del Teso Usa) di coordinare Federal Reserve, Fed ed altri. Punti in comune nell’analisi Bce: le autorità di vigilanza nazionali (peraltro organizzate in modo differente da Stato a Stato tra i 15 dell’unione monetaria) si pongono in competizione serrata (con una marcata di rivalità) sia all’interno dei singoli Stati (quando ce ne è più di una) sia nell’ambito dell’area dell’euro. In un caso e nell’altro, le informazioni essenziali per operare arrivano tardi e male. Anche alle agenzie di rating e da esse ai regolatori, ed ai vigilanti.
Quali le soluzioni possibili? Quelle istituzionali-organizzative comportano lunghe procedure parlamentari, come mostrano, ad esempio, i tentativi di riassetto e razionalizzazioni delle authority in Italia. Quindi, l’attenzione è sulle proposte tecniche. Quella che sta destando maggiore attenzione riguarda l’impiego delle riserve obbligatorie per contenere rischi quali quelli derivanti da Siv (Special Investment Vehicles – una degli strumenti principali della finanza strutturata). Un lavoro, ancora inedito, del servizio studi della Federal Reserve mette in rilievo le differenze (e divergenze) nell’ambito Ocse – dove soltanto i 15 dell’unione monetaria hanno regole uniformi. Il messaggio è che un armonizzazione “tecnica” potrebbe essere un passo utile verso un coordinamento del modo di fare vigilanza (e di organizzarla, un giorno, sotto profilo istituzionali simili). Anche al fine di limitare – aggiunge un’analisi dell’Università Pompeu Fabra di Barcellona che ha destato molta attenzione presso il servizio studi Bce- gli incentivi alla crescita di un mercato finanziario secondario non regolamentato – incentivi che sono molto forti se le maglie delle regolazione sono slabbrate. Non è facile, però, ottimizzare i costi aggiuntivi di maggiori riserve obbligatorie (e della regolazione e vigilanza ad esse attinenti) con i benefici aggiuntivi della riduzione di comportamenti opportunistici di breve periodo che possono recare danni al sistema.
Una serie di proposte articolate sono state delineate negli ultimi mesi da Stephen Cecchetti, a lungo Vice Presidente Esecutivo della Federal Reserve Bank di New York ed ora professore a Brandeis University. Se può leggere il succo nel suo blog (parte della rete “voxeu blog”. www.voxeu.com) in cui viene riportata anche la sintesi in lessico divulgativo di documenti molto tecnici. In breve, Cecchetti (molto ascoltato a Washington) propone che la funzione di vigilanza venga accentrata nella banca centrale (tema di attualità e dibattito molto intenso negli Usa) e che le riserve obbligatorie vengano progressivamente estese per tenere conto dei Siv- il processo sarebbe graduale e prenderebbe l’avvio da una maggiore copertura assicurativa dei depositi.
Non solamente le proposte relative alle riserve obbligatorie sono ad uno stadio iniziale di considerazione ma comportano una vasta gamma di variazioni. L’obiettivo è comunque di utilizzarle come grimaldello per fare cooperare authority i cui comportamenti sono più da rivali che da meri competitori. “Ci sono altri strumenti?”, chiede retoricamente un alto dirigente della Fed.
Mentre queste proposte avranno tempi non brevi per prendere corpo, una, di minore portata, potrebbe già salpare il 9 febbraio a Tokio: far sì che le maggiori agenzie di rating monitorino (e classificano) non solo la qualità del credito ma anche la situazione della liquidità. A Moody’s si starebbero già attrezzando a riguardo (si dice a Bercy, sede del Ministero dell’economia in Francia). Fitch e Standard & Poor non avrebbero ancora reagito all’idea (che nasce nelle “grandes école” d’Oltralpe).

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