MAGGIO MUSICALE FIORENTINO/ La Iolanta di
Čajkovskij apre il festival
Pubblicazione: mercoledì 4 maggio 2016
Ibn
Hakia (Elchin Azizov), Iolanta (Victoria Yastrebova) © Simone Donati -
Terraproject - Contrasto
Approfondisci
NEWS Musica
La sezione operistica del Maggio Musicale fiorentino è stata
inaugurata il 28 aprile con Iolanta,ultima opera di Pëtr Il'ic
Cajkovskij. E’ un lavoro in atto, che come cominciava ad andare di moda
negli ultimi dell’Ottocento, veniva accompagnata da un balletto (nel caso
specifico Lo Schiaccianoci). Il libretto fu scritto dal fratello del
compositore, Modest, ed è basato sul dramma Kong Renés Datter (La
figlia del re René) dello scrittore danese Henrik Hertz.
Il dramma è una narrazione romanzata della vita di Iolanda d’Angiò (non
risulta che fosse nata cieca come nel dramma e nell’opera), che era stato
tradotto in russo da Fëdor Miller ed adattato da Vladimir Zotov, per essere
messo in scena al Teatro Malyi di Mosca.
Cajkovskij si dedicò alla composizione dell'opera nel 1891, dopo aver
ultimato La Dama di Picche e per novembre dello stesso anno la completò.
Fu messa in scena nel dicembre 1892, al Teatro Mariiinski in una serata nella
cui prima parteera stato rappresentato Lo Schiaccianoci. L’accoglienza
del pubblico fu favorevole, anche se il compositore non era particolarmente
soddisfatto del lavoro. La prima rappresentazione al di fuori della Russia ebbe
luogo ad Amburgo nel gennaio 1893 con Gustav Mahler alla direzione d'orchestra.
La trama è molto semplice. La raccontiamo in dettaglio perché l’opera è
poco eseguita in forma scenica anche se ne ricordo un’ottima esecuzione nella
stagione sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia con Svetla
Vassilleva come protagonista e Yuri Temirkanov sul podio nel 2002. Le
principali arie sono state al centro di un concerto, sempre, a Roma, di Anna
Netrebko con l’orchestra di Santa Cecilia diretta da Antonio Pappano. A
mia memoria, Iolanta è stata vista ed ascoltata alla Scala, al Regio di
Torino, al Massimo Bellini di Catania ed alla Sagra Musicale Umbra,
Iolanta è cieca dalla nascita, ma nessuno gliel'ha mai detto, così come
ignora di essere una principessa, e vive rinchiusa in un giardino bellissimo
nella residenza del re. La sua corte le porta dei fiori e canta per lei, ma
ella è triste ed ha una vaga sensazione di mancanza di qualcosa di molto
importante. Dopo aver annunciato l'arrivo del re, Alméric viene avvertito da
Bertrand di non parlare della luce con Iolanta, né di rivelarle che il re è suo
padre.
La ragazza è stata promessa al duca Robert, che non è a conoscenza della
sua cecità. Il re entra con Ibn-Hakia, un medico moro che afferma che Iolanta
può essere curata, a condizione però che prima venga resa consapevole della sua
situazione. Il re rifiuta la cura, temendo che la felicità di Iolanta possa
essere infranta se la cura non dovesse funzionare dopo aver appreso cosa le
manca. Robert arriva a corte con il suo amico Vaudémont, al quale confida di
non volere le nozze perché si è innamorato della contessa Matilda. Vaudémont
trova l'ingresso del giardino segreto dove si trova Iolanta, ignorando il
segnale che minaccia di morte chiunque osi varcarne la soglia, così vede
Iolanta addormentata e se ne innamora all'istante.
Robert, stupito dal comportamento dell'amico, si convince che la ragazza
sia una strega e che abbia lanciato un incantesimo su Vaudémont. Gli chiede di
andarsene, ma egli è troppo incantato: quindi Robert va a radunare le sue
truppe per salvarlo. Iolanta si sveglia e Vaudémont comprende che è cieca
quando si accorge che non riesce a distinguere le rose bianche da quelle rosse.
I due si innamorano, dopo che lui le ha spiegato cosa siano la luce e i colori.
La coppia è scoperta dal re. Vaudémont promette il suo amore, sia la ragazza
cieca oppure no. Ibn-Hakia dice al re che, ora che la ragazza è conscia della
sua cecità, il trattamento può avere successo. Il re minaccia di giustiziare
Vaudémont se il medico non riuscirà a dare la vista a sua figlia. Iolanta,
inorridita, accetta la cura.
Dopo che la ragazza e il medico sono usciti, il re dice a Vaudémont che non
ha intenzione di ucciderlo, ma desiderava solo infondere alla figlia una
motivazione ulteriore. Robert arriva con le sue truppe, e confessa al re di
essere innamorato di un'altra, ma di voler comunque andare avanti con le nozze.
Il re cancella l'accordo e promette Iolanta a Vaudémont. Ibn-Hakia e Iolanta
ritornano: la cura ha avuto successo e la ragazza ora vede e canta sul magico
mondo che le si è dischiuso. La corte ne gioisce e ringrazia Dio.
Occorre chiedersi perché Cajkovskij trovò ispirazioni da fiabe
come Iolanta e Lo Schaccianoci in un fase
così tormentata dell’ultima parte della sua vita in cui stava anche componendo
la Sesta Sinfonia (Patetica), era travagliato da accuse (peraltro
veritiere) di aver sedotto, e corrotto giovani adolescenti dell’aristocrazia –
l’omosessualità era proibita nell’impero russo ma tollerata se aristocratici e
borghesi si accompagnavano con giovani delle gleba. Aveva, per questa ragione,
perso la principale fonte di supporto finanziario e meditava ancora una volta,
il suicidio. Una spiegazione interessante è offerta in un vecchio saggio
del compianto Arrigo Quattrocchi. Iolanta è un modello
di ‘teatro in musica interiore’ antitetico alle principali opere precedenti (ed
ancor più ai balletti) di Cajkovskij: rappresenta un ‘viaggio
dall’oscurità alla luce ’. Tale ‘opera interiore’ comporta non i grandi squarci
melodici, tipici di molti lavori per la scena di Cajkovskij ma un’azione
statica che si definisce durante i percorsi psicologici dei personaggi.
E’ un modello che entra a pieno titolo in quel ‘decadentismo’ che avrà il
suo frutto più pieno in Pelléas et Mélisande di Claude
Debussy . La protagonista è, come il compositore, una ‘diversa’, ma compie il
percorso verso la resurrezione che a lui è negato. L’ultima parte dell’opera ha
un forte afflato religioso.
L’orchestra ha un ruolo determinante nel rappresentare la dicotomia
oscurità/luce con un diffuso cromatismo in cui è avvolta la cecità della
protagonista , a cui si contrappongono un forte elemento timbrico e ‘numeri’ di
stile italiano (duetti, romanze, arie).
Lo spettacolo non è una produzione originale del Maggio Musicale ma una
coproduzione del Metropolitan di New York e del Teatro Nazionale Weilki di
Varsavia già portata a San Pietroburgo, al MET, a Varsavia e a San Pietroburgo
era presentata in coppia con Il Castello del Duca Barbableu di
Béla Bartòk. Ciò spiega perché il regista Marius Trelinski, coadiuvato dalle
scene di Boris Kudlicka, sposta l’azione a un bosco mittleuropeo negli
Anni Quaranta nell’atmosfera a lui consueta di film noir in
bianco e nero . Il tenebroso bosco in cui ha luogo l’azione è suggestivo e
pieno di atmosfera ma si adatta meglio ad un ‘horror’ che ad una fiaba
rinascimentale sul percorso dal buio alla luce. Risulta, poi, incomprensibile
la scena finale in cui musica e libretto accompagnano il lieto fine con
inni religiosi mentre, tranne un’illuminata parte centrale (la stanza-prigione
di Iolanta), il palcoscenico resta buio.
Fortunatamente, il giovane Stanislav Kochanovsky non ha dato una lettura di
pari passo con la visione “oscura” della vicenda. Già dal preludio in cui
fiati procedono su un andamento cromatico discendente, fa avvertire il
magico delle partitura ,ed il suo esotismo (per un russo la Provenza , dove i
medici erano mauritani, non poteva non essere esotica). Ha affrontato i momenti
più decorativi con tatto e curato molto le tenti ed i colori .
La compagnia di canto è del livello che ci aspetta nei teatri di repertorio
dell’Europa centrale ed orientale. Particolarmente buone le voci maschili come
Vsevolod Grivnov (pur se è un tenorone spinto invece che tenero e
sognante), Ilya Bannik (nel ruolo tormentato del Re padre) e Elchin
Azizov (il medico mauritano). Nel gruppo femminile , la protagonista Victoria
Yastrebova è disciplinata e dolce ma non ha né la personalità né la vocalità di Anna Netrebko
e Svetla Vassilleva che ho ascoltato a Roma nella parte. Gli altri interpreti
non lasciano traccia.
© Riproduzione Riservata
Pubblicazione: mercoledì 4 maggio 2016
Ibn
Hakia (Elchin Azizov), Iolanta (Victoria Yastrebova) © Simone Donati -
Terraproject - Contrasto
Approfondisci
NEWS Musica
La sezione operistica del Maggio Musicale fiorentino è stata
inaugurata il 28 aprile con Iolanta,ultima opera di Pëtr Il'ic
Cajkovskij. E’ un lavoro in atto, che come cominciava ad andare di moda
negli ultimi dell’Ottocento, veniva accompagnata da un balletto (nel caso
specifico Lo Schiaccianoci). Il libretto fu scritto dal fratello del
compositore, Modest, ed è basato sul dramma Kong Renés Datter (La
figlia del re René) dello scrittore danese Henrik Hertz.
Il dramma è una narrazione romanzata della vita di Iolanda d’Angiò (non
risulta che fosse nata cieca come nel dramma e nell’opera), che era stato
tradotto in russo da Fëdor Miller ed adattato da Vladimir Zotov, per essere
messo in scena al Teatro Malyi di Mosca.
Cajkovskij si dedicò alla composizione dell'opera nel 1891, dopo aver
ultimato La Dama di Picche e per novembre dello stesso anno la completò.
Fu messa in scena nel dicembre 1892, al Teatro Mariiinski in una serata nella
cui prima parteera stato rappresentato Lo Schiaccianoci. L’accoglienza
del pubblico fu favorevole, anche se il compositore non era particolarmente
soddisfatto del lavoro. La prima rappresentazione al di fuori della Russia ebbe
luogo ad Amburgo nel gennaio 1893 con Gustav Mahler alla direzione d'orchestra.
La trama è molto semplice. La raccontiamo in dettaglio perché l’opera è
poco eseguita in forma scenica anche se ne ricordo un’ottima esecuzione nella
stagione sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia con Svetla
Vassilleva come protagonista e Yuri Temirkanov sul podio nel 2002. Le
principali arie sono state al centro di un concerto, sempre, a Roma, di Anna
Netrebko con l’orchestra di Santa Cecilia diretta da Antonio Pappano. A
mia memoria, Iolanta è stata vista ed ascoltata alla Scala, al Regio di
Torino, al Massimo Bellini di Catania ed alla Sagra Musicale Umbra,
Iolanta è cieca dalla nascita, ma nessuno gliel'ha mai detto, così come
ignora di essere una principessa, e vive rinchiusa in un giardino bellissimo
nella residenza del re. La sua corte le porta dei fiori e canta per lei, ma
ella è triste ed ha una vaga sensazione di mancanza di qualcosa di molto
importante. Dopo aver annunciato l'arrivo del re, Alméric viene avvertito da
Bertrand di non parlare della luce con Iolanta, né di rivelarle che il re è suo
padre.
La ragazza è stata promessa al duca Robert, che non è a conoscenza della
sua cecità. Il re entra con Ibn-Hakia, un medico moro che afferma che Iolanta
può essere curata, a condizione però che prima venga resa consapevole della sua
situazione. Il re rifiuta la cura, temendo che la felicità di Iolanta possa
essere infranta se la cura non dovesse funzionare dopo aver appreso cosa le
manca. Robert arriva a corte con il suo amico Vaudémont, al quale confida di
non volere le nozze perché si è innamorato della contessa Matilda. Vaudémont
trova l'ingresso del giardino segreto dove si trova Iolanta, ignorando il
segnale che minaccia di morte chiunque osi varcarne la soglia, così vede
Iolanta addormentata e se ne innamora all'istante.
Robert, stupito dal comportamento dell'amico, si convince che la ragazza
sia una strega e che abbia lanciato un incantesimo su Vaudémont. Gli chiede di
andarsene, ma egli è troppo incantato: quindi Robert va a radunare le sue
truppe per salvarlo. Iolanta si sveglia e Vaudémont comprende che è cieca
quando si accorge che non riesce a distinguere le rose bianche da quelle rosse.
I due si innamorano, dopo che lui le ha spiegato cosa siano la luce e i colori.
La coppia è scoperta dal re. Vaudémont promette il suo amore, sia la ragazza
cieca oppure no. Ibn-Hakia dice al re che, ora che la ragazza è conscia della
sua cecità, il trattamento può avere successo. Il re minaccia di giustiziare
Vaudémont se il medico non riuscirà a dare la vista a sua figlia. Iolanta,
inorridita, accetta la cura.
Dopo che la ragazza e il medico sono usciti, il re dice a Vaudémont che non
ha intenzione di ucciderlo, ma desiderava solo infondere alla figlia una
motivazione ulteriore. Robert arriva con le sue truppe, e confessa al re di
essere innamorato di un'altra, ma di voler comunque andare avanti con le nozze.
Il re cancella l'accordo e promette Iolanta a Vaudémont. Ibn-Hakia e Iolanta
ritornano: la cura ha avuto successo e la ragazza ora vede e canta sul magico
mondo che le si è dischiuso. La corte ne gioisce e ringrazia Dio.
Occorre chiedersi perché Cajkovskij trovò ispirazioni da fiabe
come Iolanta e Lo Schaccianoci in un fase
così tormentata dell’ultima parte della sua vita in cui stava anche componendo
la Sesta Sinfonia (Patetica), era travagliato da accuse (peraltro
veritiere) di aver sedotto, e corrotto giovani adolescenti dell’aristocrazia –
l’omosessualità era proibita nell’impero russo ma tollerata se aristocratici e
borghesi si accompagnavano con giovani delle gleba. Aveva, per questa ragione,
perso la principale fonte di supporto finanziario e meditava ancora una volta,
il suicidio. Una spiegazione interessante è offerta in un vecchio saggio
del compianto Arrigo Quattrocchi. Iolanta è un modello
di ‘teatro in musica interiore’ antitetico alle principali opere precedenti (ed
ancor più ai balletti) di Cajkovskij: rappresenta un ‘viaggio
dall’oscurità alla luce ’. Tale ‘opera interiore’ comporta non i grandi squarci
melodici, tipici di molti lavori per la scena di Cajkovskij ma un’azione
statica che si definisce durante i percorsi psicologici dei personaggi.
E’ un modello che entra a pieno titolo in quel ‘decadentismo’ che avrà il
suo frutto più pieno in Pelléas et Mélisande di Claude
Debussy . La protagonista è, come il compositore, una ‘diversa’, ma compie il
percorso verso la resurrezione che a lui è negato. L’ultima parte dell’opera ha
un forte afflato religioso.
L’orchestra ha un ruolo determinante nel rappresentare la dicotomia
oscurità/luce con un diffuso cromatismo in cui è avvolta la cecità della
protagonista , a cui si contrappongono un forte elemento timbrico e ‘numeri’ di
stile italiano (duetti, romanze, arie).
Lo spettacolo non è una produzione originale del Maggio Musicale ma una
coproduzione del Metropolitan di New York e del Teatro Nazionale Weilki di
Varsavia già portata a San Pietroburgo, al MET, a Varsavia e a San Pietroburgo
era presentata in coppia con Il Castello del Duca Barbableu di
Béla Bartòk. Ciò spiega perché il regista Marius Trelinski, coadiuvato dalle
scene di Boris Kudlicka, sposta l’azione a un bosco mittleuropeo negli
Anni Quaranta nell’atmosfera a lui consueta di film noir in
bianco e nero . Il tenebroso bosco in cui ha luogo l’azione è suggestivo e
pieno di atmosfera ma si adatta meglio ad un ‘horror’ che ad una fiaba
rinascimentale sul percorso dal buio alla luce. Risulta, poi, incomprensibile
la scena finale in cui musica e libretto accompagnano il lieto fine con
inni religiosi mentre, tranne un’illuminata parte centrale (la stanza-prigione
di Iolanta), il palcoscenico resta buio.
Fortunatamente, il giovane Stanislav Kochanovsky non ha dato una lettura di
pari passo con la visione “oscura” della vicenda. Già dal preludio in cui
fiati procedono su un andamento cromatico discendente, fa avvertire il
magico delle partitura ,ed il suo esotismo (per un russo la Provenza , dove i
medici erano mauritani, non poteva non essere esotica). Ha affrontato i momenti
più decorativi con tatto e curato molto le tenti ed i colori .
La compagnia di canto è del livello che ci aspetta nei teatri di repertorio
dell’Europa centrale ed orientale. Particolarmente buone le voci maschili come
Vsevolod Grivnov (pur se è un tenorone spinto invece che tenero e
sognante), Ilya Bannik (nel ruolo tormentato del Re padre) e Elchin
Azizov (il medico mauritano). Nel gruppo femminile , la protagonista Victoria
Yastrebova è disciplinata e dolce ma non ha né la personalità né la vocalità di Anna Netrebko
e Svetla Vassilleva che ho ascoltato a Roma nella parte. Gli altri interpreti
non lasciano traccia.
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