La sinfonica
del Teatro dell’Opera di Roma
maggio 15, 2016 Giuseppe Pennisi
Giorgio
Battistelli, uno dei più affermati compositori italiani a livello
internazionale, ha elaborato un vero e proprio progetto musicale sulla musica
sinfonica degli ultimi tre secoli
I
concerti “Specchi del tempo” della stagione 2015/2016 del Teatro dell’Opera di
Roma non è, strettamente parlando, un competitore od un concorrente della
stagione sinfonica dell’Accademia di Santa Cecilia. Si tratta di solo sei
concerti (ciascuno eseguito una sola sera) rispetto alla trentina (ciascuno per
tre sere) della sinfonica dell’Accademia. Inoltre, non è una tradizionale
stagione di concerti né una serie di appuntamenti sinfonici di repertorio.
Giorgio Battistelli, uno dei più affermati compositori italiani a livello
internazionale, ha elaborato un vero e proprio progetto musicale sulla musica sinfonica
degli ultimi tre secoli. Sei appuntamenti sinfonici in cui creare, in ogni
serata, un ponte ideale attraverso un programma musicale che accosti un autore
classico, uno del Novecento e uno contemporaneo. Concerti appunto concepiti
come “Specchi del tempo” in quanto, evidenziando la varietà dei rapporti fra
cronologie, intendono restituire la pluralità delle conoscenze in cui si
‘specchia’, secolo dopo secolo, generazione dopo generazione, quella prodigiosa
esperienza dell’anima chiamata musica. Un’avventura resa ancora più suggestiva
grazie a un’inedita e innovativa collocazione dell’Orchestra nella sala del
Teatro che garantirà una straordinaria resa acustica e visiva. Quindi, un
progetto innovativo di Roma Opera aperta, il motto che abbiamo coniato come
programma per il nuovo corso del Teatro.
“I
sei concerti sinfonici sono basati ognuno sulla sequenza di una trasmissione
del sapere musicale da un’epoca all’altra e fra una generazione e l’altra,
dall’Ottocento al Novecento e di qui al tempo presente. Tutti i concerti –
afferma Giorgio Battistelli – seguiranno una traiettoria che vuole mettere in
comunicazione fra loro mondi musicali diversi per epoca e per linguaggi, per
comporre il disegno del cammino nel quale, tra continuità e discontinuità, la ricerca
musicale si è svolta nell’arco di due secoli. Il programma vuole così
rappresentare una serie di specchi del tempo che vogliono mettere a fuoco la
pluralità delle risposte, le sfasature e i rapporti fra le cronologie,
restituire insomma una varietà di esperienze nelle quali si riflette, epoca
dopo epoca, quella grande avventura del pensiero chiamata musica”.
La
programmazione, iniziata con un concerto diretto da Cédric Tiberghien con
musiche di Emanuele Casale (1974); Ludwig van Beethoven (1770-1827), Pëtr Il’ič
Čajkovskij, sta proseguendo con altri cinque appuntamenti che faranno dialogare
fra loro Xenakis, Beeethoven, Prokef’ev, Donatoni, Sibelius, Respighi, Rihm,
Brahms, Berio, Bartók, Adès e Petrassi. Alla direzione debutti e grandi ritorni
con Alejo Pérez, Tito Ceccherini, Markus Stenz, Garry Walker e Paul
Daniel.Ciascun è preceduto da una breve introduzione a cura del filosofo e
musicologo Stefano Catucci.
Ascoltati
cinque concerti su sei (il primo è stato eseguito l’11 novembre e l’ultimo è in
programma per il 29 ottobre) si possono cominciare a tirare le somme. E sono
somme positive. Anche grazie ad una politica dei prezzi tale da attirare
pubblico nuovo (i posti più cari costano 20 euro), la serie attira numerosi
giovani ed altri ‘orfani’ della disciolta Orchestra Sinfonica Romana (una
orchestra interamente privata e con un unico mecenate-sovvenzionatore in
Europa) che per diversi anni ha offerto, a prezzi contenuti, concerti in cui la
sinfonica classica del Settecento e dell’Ottocento veniva coniugata con quella,
per lo più italiana ed in gran misura obliata del Novecento. Il teatro (1800
posti) è quasi sempre pieno. Ha,poi, successo la formula secondo cui ogni
concerto è introdotto da un musicologo-,il quale illustra al pubblico i nessi
tra i tre brani della serata.
In
questa sede non è certo il caso di riferire su ciascun concerto. Il più
ascoltato il 13 maggio da il senso dell’iniziativa. Sul podio, un giovane
direttore scozzese, Garry Walker, che, con l’orchestra del Teatro dell’Opera,
ha affrontato tre brani molto drammatici: la suite da concerto de Il Mandarino
Meraviglioso di Béla Bartök, Formazioni di Luciano Berio e la Seconda Sinfonia
di Johannes Brahms. Una bacchetta lineare alle prese con tre differenti
formazioni orchestrali: una quasi mahleriana (per organico) per il brano di
Bartök, un ancora più vasta (con gli ottoni nelle due barcacce) e suddivisa in
sette gruppi orchestrali per quella di Berio, ed una romantica per Brahms.
Direzione lineare e nitida, quasi trasparente e tale da meritarsi applausi
molto sentiti.
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