lunedì 30 maggio 2016

Che fine faranno le fondazioni liriche?



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Che fine faranno le fondazioni liriche?

maggio 29, 2016 Giuseppe Pennisi
La Fondazione Pergolesi Spontini chiude, per il decimo anno consecutivo, il bilancio in pareggio, nonostante i suoi sponsor privati abbiano avuto difficoltà
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Tra tante brutte notizie, pessime quelle che provengono dal Maggio Musicale fiorentino, ne giunge una buona: la Fondazione Pergolesi Spontini chiude, per il decimo anno consecutivo, il bilancio in pareggio, nonostante, a ragione della crisi economica che si protrae dal 2007, i suoi sponsor privati (Banca Marche, Indesit) abbiano avuto difficoltà che hanno richiesto interventi governativi e abbiano fatto le prime pagine della stampa economica nazionale.
La Fondazione è un piccola realtà (un bilancio di 2,800 milioni di euro) ma nel 2015 ha organizzato 210 eventi, avuto 47.436 spettatori (in una città di 40.000 abitanti). Inoltre le maestranze contrattualizzate per le produzioni liriche sono state 799 per un totale di 19.466 giornate lavorative erogate. 104 le giornate di apertura del Laboratorio scenografico della Fondazione. 14.000 studenti coinvolti in progetti educativi. I dettagli del bilancio civilistico sul sito della Fondazione, dove è disponibile anche il ‘bilancio sociale’, che illustra gli effetti e gli impatti delle iniziative della Fondazione sul territorio. La fondazione ha sempre operato una forte attività di coproduzione con il circuito lombardo, altri teatri dell’Italia centrali ed anche ‘circuiti’ stranieri (per lo più quello francese di teatri ‘tradizione’). Ha sviluppo un laboratorio scenografico di qualità dove vengono approntate scene anche per altri teatri. Ed ha un’importante attività editoriale-scientifica per la pubblicazioni di edizioni critiche dei lavori di Pergolesi e Spontini.
È, a mio avviso, da prendere ad esempio per modalità di gestione. Occorre dire che gran parte della trentina di ‘teatri di tradizione’, sovente associati in ‘circuiti’,riescono a tenere i conti in regola, ad essere affollati dal pubblico, ad avere un forte supporto locale ed a produrre, a costi contenuti, spettacoli innovativi. Un quadro molto diverso da quello delle quattordici fondazioni lirico concertistiche, create in base ad una legge del 1996 che attribuisce loro ‘sovvenzioni globale’ non necessariamente in base alla produzione effettuata e programmata.
Sono stati iniettati nuovi finanziamenti dello Stato alle fondazioni che presentavano credibili piani di ristrutturazione. I casi recenti di teatri di Firenze e Verona (ambedue prossimi al collasso) dimostrano che occorre rivedere profondamente l’intervento pubblico nel settore.
A Via di Santa Croce in Gerusalemme, sede della Direzione Generale dello Spettacolo dal Vivo, si stanno studiando vari rimedi che hanno come obiettivo centrale quelle di ridurre il numero delle fondazioni lirico-sinfoniche e trasformare le altre in ‘teatri di tradizioni’, finanziati sulla base della produzione (spettacoli effettivamente realizzati). Si va dal programma più drastico: mantenere in vita solo tre fondazioni (La Scala, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, il Teatro dell’Opera di Roma) a progetti che manterrebbero una fondazione al Sud (è in atto una lotta a coltello tra il San Carlo di Napoli ed il Massimo di Palermo). Si aggiungo schemi semi-volontaristici di accorpamento più o meno volontario (Verona-La Fenice). Indubbiamente, tutto ciò è reso complicato da tensioni localistiche. C’è comunque una scadenza perentoria: la Legge di Bilancio del prossimo settembre.


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