FINANZA E POLITICA/ Il
"fantasma" che allontana la ripresa dall'Italia
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lunedì 30 maggio 2016
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NEWS Economia e Finanza
Nonostante,
i "timori e i tremori" per le pagelle dell'Unione europea, nessuno
sembra parlare più del Fiscal compact in base al quale l'Italia avrebbe dovuto
raggiungere l'equilibrio di bilancio entro il limite di un indebitamento delle
pubbliche amministrazioni (transitorio) non superiore allo 0,5% del Pil (nelle
previsioni del Def sfioreremo il 3%) e iniziare la discesa (a un tasso di un
ventesimo l'anno del differenziale tra rapporto corrente di rapporto tra stock
di debito e Pil) verso un rapporto debito pubblico/Pil del 60% (è del 130% e
nei programmi di governo indichiamo che resterà stazionario).
Quando il
Fiscal compact venne firmato il 2 marzo 2012 siamo stati tra i primi a
ratificarlo e, in aggiunta, a varare una "legge rafforzata" di
bilancio, con cui si è creato un Ufficio parlamentare di bilancio per
assicurare, tra l'altro, la compliance (ossia l'applicazione rigorosa)
della normativa. Il Fiscal compact prevede anche penali severe a chi non
se segue il dettato. Già poco più un anno fa, Daniel Gros e Cinzia Alcidi del
Center for European Policy Reform, nel saggio "The Case of the
Disappearing Fiscal Compact", lanciavano le loro frecce
principalmente su Francia e Italia - la prima in chiara violazione
dell'accordo, mentre la seconda cerca un po' goffamente le violazioni
sull'indebitamento mentre afferma che l'alto debito non è problema. Occorre
ammettere anche altri Stati dell'Unione europea hanno firmato e ratificato il
Fiscal compact e non ne seguono a menadito le regole.
Dall'analisi
di Gros e di Alcidi la situazione non è migliorata, ma peggiorata, specialmente
per Francia e Italia. Ma c'è qualcosa di peggio: di Fiscal compact non
parla più nessuno. Nella recente tornata di "pagelle" dell'Ue sui
programmi economici degli Stati membri, non se ne fa neanche menzione e,
ovviamente, non si parla neanche di penalità previste, nell'accordo, per chi
non ne applica le regole. Parte integranti come l'unione bancaria sono rimaste
monche: si veda, a riguardo, il saggio di Dirk Schoenmaker della Erasmus
University di Rotterdam in uscita sul Palgrave Book of European Banking. Altre,
come l'unione dei mercati dei capitali, non sono mai decollate.
Se questa è
la situazione non sarebbe meglio "denunciare" (in termini
tecnico-diplomatici) l'accordo e non "fare finta" che esista ancora?
Nessuno, specialmente gli Stati più trasgressori, pare abbia voglia di farlo.
Forse per non ammettere che ha firmato un accordo sapendo, già dal primo
giorno, di non ottemperare alle sue regole.
Intendiamoci
bene. Non siamo difensori del Fiscal compact di cui abbiamo mostrato il
carattere velleitario sin da quando il negoziato era in corso. Ora pare chiaro
che non ha raggiunto i propri obiettivi in modo così palese che gli stessi
"monitori" (incaricati di vigilarne l'applicazione) sono imbarazzati
a parlarne.
Il Fiscal
compact (anche solo il suo fantasma) è una palla al piede per
l'Italia. Lo dice chiaramente il Fondo monetario nella lettera stesa al termine
delle consultazioni annuali con le nostre autorità. "Il Governo, con le
sue politiche, prevede di realizzare una crescita in Italia dell'1,1%
quest'anno e dell'1,2% nel 2017 e nel 2018. Questa previsione corre il rischio
di rivelarsi ottimistica a causa della volatilità dei mercati finanziari, del
rischio Brexit, dell'aumento del fenomeno dei rifugiati, del rallentamento del
commercio mondiale". Non solo: "Questo ritmo di
crescita implica che l'attività produttiva tornerebbe ai livelli del 2007
soltanto alla metà degli anni Venti, allargando così con la crescita media
dell'area dell'euro".
In altri
termini, nelle circostanze attuali, sono essenziali politiche espansionistiche
non quelle restrittive sottostanti il Fiscal compact. Occorre, indubbiamente,
sgrassare la spesa pubblica di inefficienze, ma anche e soprattutto facilitare
la ripresa degli investimenti più di quanto non riesca a fare il Quantitative
easing della Banca centrale europea. Tutto ciò è poco compatibile con il Fiscal
compact e la legge costituzionale "rafforzata" che lo
accompagna.
Dal 30
maggio al 1° giugno all'Università La Sapienza di Roma si tiene un
convegno internazionale sul debito dell'Eurozona: verranno presentate proposte
su come ristrutturalo per casi come quello dell'Italia. Dal 2 al 5 giugno, a
Trento, l'annuale Festival dell'Economia, da cui potranno uscire idee sulle
politiche di crescita. Sempre che non sia stato "leopoldizzato".
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