Tsipras ha ancora una via d’uscita Ma lui
e Varoufakis hanno bruciato l’iniziale patrimonio di simpatia
In un’unione monetaria che non è quella che gli economisti
chiamano 'un area valutaria ottimale' (con perfetta ed effettiva mobilità di
fattori di produzione, di beni e di servizi), la Grecia potrebbe ancora
salvarsi, nonostante un debito pubblico pari al 175% del Pil e conti da
considerare 'poco chiari' (a voler essere gentili). L’80% del debito dello
Stato è, in conseguenza di varie ristrutturazioni e salvataggi, dovuto a
istituzione pubbliche che non ammettono insolvenze o sconti (ma in certi casi
accettano dilazioni). Atene dovrebbe attuare speditamente una strategia
caratterizzata da tre mosse: ripagare subito i debiti con il Fondo Monetario (perché
sono i più cari in termini di interessi ed ammortamento); pagare, al più presto
le obbligazioni della Banca centrale europea (sia perché costose sia
soprattutto per avere accesso a nuovi finanziamenti quali quelli del
Quantitative easing); rinegoziare le scadenze di quanto deve ai Governi della
zona euro (circa 30 miliardi di euro solo all’Italia).
In tal modo secondo calcoli effettuati il 13 aprile dal
Peterson Institute of International Economics, il tasso effettivo medio
d’interesse sul debito scenderebbe al 2%, una frazione di quello che gravava i
greci nel 2009 quando la crisi è scoppiata. Unitamente a serie riforme interne,
nel giro di un paio di anni la Grecia riprenderebbe a crescere, come mostra
l’esperienza di una novantina di paesi censiti da Banca mondiale e Fondo
monetario. Tuttavia, è difficile che questa strada venga seguita da Tsipras e
Varoufakis ed accettata dagli altri principali protagonisti. Nel giro di tre
settimane, infatti, Tsipras e Varoufakis hanno dilapidato il capitale maggiore
che avevano a disposizione nei giorni successivi alla creazione del nuovo
Governo: il capitale di simpatia creato con il loro modo di fare un po’
guascone (e molto poco pericleo) in un ambiente dove si veste in grisaglia e si
portano cravatte scure. Lo hanno letteralmente buttato a mare prima prendendo
impegni (di presentare programmi concreti e specifici per questa o quella data)
mai mantenuti, ritirando fuori, poi, il contenzioso dei danni di guerra con la
Germania, facendo, infine, intendere che sarebbero andati a flirtare con un Putin, il quale li ha degnati di tè e
sorrisi senza neanche far loro gustare vodka e caviale. Principalmente, però,
non sono stati in grado di giocare a due livelli trovando un equilibrio tra
'reputazione' con i loro creditori e 'popolarità' con i loro elettori. Ora
contano quasi esclusivamente sul timore che i loro creditori avrebbero degli
effetti dell’uscita delle Grecia dall’eurozona sul resto dell’area.
È una partita ad alto rischio: da un lato, una 'Grexit' non
piace a nessuno, da un altro, nei piani alti dell’eurozona, ci si sente presi
in giro da chi pratica il gioco delle tre carte con uno stile più levantino che
dell’Atene classica.
Giuseppe Pennisi
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