L’Unione bancaria compie un anno Ora
deve crescere
GIUSEPPE PENNISI
L’Unione bancaria europea (Ube) ha
circa un anno. Prendiamo come data convenzionale della sua nascita il 14 aprile
2014, quando il Meccanismo unico di risoluzione – ossia il sistema per gestire
ordinatamente le crisi di banche di maggiori dimensioni (e a maggior rischio di
contagio) – ha preso definitivamente forma; la nomina dei componenti
dell’apposito Consiglio di risoluzione è avvenuta pochi mesi dopo.
Secondo le proposte approvate dai
Capi di Stato e di governo Ue, l’Ube sarebbe dovuto essere uno sgabello a tre
gambe diretto a prevenire crisi come quella iniziata nel 2008 (o a trovare vie
d’uscita appropriate) e a facilitare l’integrazione del mercato finanziario e
bancario europeo. La prima gamba è un sistema unico di vigilanza (per 5.500
banche dell’area dell’euro) affidato alla Banca centrale europea, che ha
aumentato il proprio organico e costruito una nuova sede; per gli istituti di
piccole dimensioni, la vigilanza resta nazionale ma segue regole uniformi. La
seconda gamba è il Meccanismo unico di risoluzione: regole nazionali uniformi
per gli istituti a rischio di dissesto e un apposito strumento europeo (dotato
di un fondo ad hoc) per i dissesti tali da poter mettere a repentaglio la
stabilità finanziaria dell’unione monetaria. La terza gamba sarebbe dovuta
essere uno Schema europeo di Garanzia dei depositi. Alcuni ritengono che non
sia necessario, in quanto le regole dei gran parte degli Stati dell’euro
prevedono garanzie simili (100mila euro) per i singoli conti correnti.
A mio avviso, non solo uno sgabello
a tre gambe è più resistente di uno a due, ma una Garanzia europea sarebbe
stata un vero sigillo di solidarietà e avrebbe impedito corse agli sportelli
come quelle viste a Cipro e in Grecia. Sarebbe bene riprendere una trattativa
ora su un binario morto.
Alcuni saggi recenti contengono
valutazioni positive dei primi passi che sta facendo il sistema di vigilanza:
essenzialmente si sta andando verso il nuovo sistema senza le scosse
traumatiche che alcuni avevano temuto.
È difficile esprimere un giudizio
sul Meccanismo unico di risoluzione. Le analisi dei suoi regolamenti esprimono
perplessità e li giudicano troppo complessi per raggiungere l’obiettivo di
risolvere i nodi di una grande banca in dissesto nell’arco di un fine settimana
(per operare a mercati chiusi). Soprattutto, non c’è stato modo di metterli
alla prova. Un caso possibile - si badi bene - sarebbe potuto essere il
dissesto (o il timore di un dissesto) del Monte dei Paschi di Siena, ma si è
preferita una soluzione nazionale. Gli stessi schemi di un’eventuale bad
bank per alleggerire da sofferenze istituti di credito italiani sono
puramente nazionali.
Dove sinora lo sgabello a due gambe
sembra non avere inciso è nell’obiettivo più alto di integrazione dei mercati
bancari e finanziari dell’eurozona. Lo mostra un lavoro freschissimo
dell’Economist Intelligence Unit: negli ultimi 12 mesi c’è una febbre di
fusioni e concentrazioni bancarie ma quasi interamente nazionali, oppure –
quella della Sadabell con quattro banche britanniche – per avere teste di ponte
al di fuori dell’euro. Forse, però, proprio in questo campo è troppo presto per
giungere a conclusioni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Si attende
il vero banco di prova per questo strumento, contro il quale 'remano' le leggi
dei singoli Stati Ue
Nessun commento:
Posta un commento