La Pasqua ansiosa degli italiani
04 - 04 - 2015Giuseppe Pennisi
Per la Pasqua 2014, il presidente del Consiglio Matteo
Renzi sfoderò un “do maggiore” da fare invidia al mitico Gilbert Duprez
(tenore del primo Ottocento a cui si attribuisce la fama di aver sfoderato un
do di petto che fece tremare tutti i lampadari del San Carlo di Napoli). Il “do
maggiore” di Matteo Renzi accompagnava il solito hastag #lavoltabuona# e
annunciava una riduzione del carico tributario e contributivo, un aumento di
più di un milione di occupati, una ripresa della produzione industriale ed
accennava a una riduzione della spesa di parte corrente ed un rilancio degli
investimenti pubblici e privati.
Per questa Pasqua 2015, invece, ha sino ad ora taciuto.
Invece, non lo ha fatto il busto di Totò a Piazza Cola
di Rienzo, di fronte al cinema Eden. Dopo il consueto A
prescindere e l’abituale Ma mi faccia il piacere, ha
pronunciato un termine napoletano che è bene non ripetere anche in quanto fa
riferimento a quella “jella” a cui l’artista, e principe di Bisanzio, credeva
fermamente.
In effetti, se si guardano i dati è bene utilizzare quei
cornetti rossi contro il malocchio che sono stati una costante dei 74 film di
Totò. Il sondaggio campionario della Ixé afferma che il 63% degli italiani non
vede alcuna inversione di tendenza e credono che il tunnel della crisi sia
ancora lungo (e che non si veda la luce al suo termine). Ne hanno ben donde.
Gli specialisti di neuro economia sottolineano che alla preoccupazione per il
presente (caratteristica dell’anno scorso e derivante in gran parte dalla
deflazione percepita) si stia sostituendo un’ansia crescente. Un colpo molto
brutto è stato assestato dal “pasticciaccio brutto” dei dati sull’occupazione:
un giorno, il presidente del Consiglio – pare sulla base di alcune statistiche
Inps mal lette e peggio digerite – presenta conversioni di contratti a termine
in contratti “a tutele crescenti” come un vero e proprio galoppo
dell’occupazione. Il giorno seguente, l’Istat documenta invece che la
disoccupazione sta crescendo a ritmi travolgenti. La spesa pubblica di parte
corrente, che sarebbe dovuta diminuire, è cresciuta del 2,6% nell’ultimo mese
(non menzioniamo il tasse su base annua per non aumentare l’ansia degli
italiani). La pressione tributaria e contributiva raggiunge il 43,5%, secondo
gli ultimi dati Istat, ma il total tax rate sulle imprese
arriva al 65,4% , secondo un’analisi del Centro Studi Impresa Lavoro pubblicata
due mesi fa e da nessuno smentita o corretta. Quindi, per gli italiani, che
hanno appreso a leggere e scrivere, il modello seguito dal Governo Renzi
è tax and spend. È un modello che porta alla bancarotta
economica, sociale e politica, come documenta il best seller Why nations fail: The origins of power, prosperity, and
poverty (Perché le nazioni falliscono: Le origini del
potere, della prosperità e della povertà) di Daron Acemoglu e James
Robinson.
Per questa ragione aumenta l’ansia degli italiani e
diminuisce la fiducia nel gruppo dirigente. La situazione non cambierebbe in
caso di elezioni in cui il presidente del Consiglio si presentasse come il
leader dei riformatori ed indicasse gli altri come coloro che remano contro ed
impediscono #lavoltabuona#. Non ha la statura di Charles De Gaulle il
quale dopo alcuni referendum da cui uscì vincitore, al primo che perse, se ne
andò, con “Tante Yvonne” (sua moglie), a Colombey-les-Deux-Eglise. In utilitaria.
Non aereo di Stato, elicottero, o auto blu.
Cà nisciun è fess, avverte il busto di Totò. A Piazza
Cola di Rienzo, di fronte al Cinema Eden.
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