Lucia di
Lammermoor, il saluto di Ronconi
di Giuseppe Pennisi
Grande attesa per la nuova
produzione di Lucia di Lammermoor al Teatro dell'Opera di Roma (dove sarà in
scena fino al 12 aprile per poi entrare probabilmente in repertorio). L'opera è
tra quelle più rappresentate nella capitale ma questa edizione è speciale
perché nasce da un progetto curato da Luca Ronconi e, dopo la sua morte,
concluso dai suoi più stretti collaboratori (Ugo Tessitore, Margherita Palli,
Gabriele Mayer, Gianni Mantovani).
Tuttavia, l'aspetto più interessante non è la drammaturgia; l'idea di base
è che la protagonista sia psichicamente debole fin dall'entrata in scena e le
sue condizioni si aggravino fino alla tragedia. L'azione (in un rigoroso bianco
e nero) è ambientata in un ospedale psichiatrico ottocentesco e non nella
Scozia di laghi, giardini e castelli. La recitazione risulta piuttosto statica,
dunque verosimilmente si dovranno approfondire numerosi aspetti prima che il
lavoro entri in repertorio. Molto buona, invece, la parte musicale che include
la riapertura di alcuni tagli di tradizione e l'utilizzo della Glasharmonika
(armonica a bicchieri) come prescritto da Donizetti. Nonostante qualche
sbavatura nel primo tempo, Roberto Abbado tiene bene l'equilibrio tra buca e
palcoscenico. Di altissimo livello i due protagonisti, Jessica Pratt e Stefano
Secco. Grande cura anche nella scelti di ruoli considerati ingiustamente minori
e affidati a Carlo Cigni, Simge Büyükedes e Andrea Giovannini. (riproduzione
riservata)
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