Anas e Trasporti, le chance da cogliere per Renzi e
Delrio
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- 04 - 2015Giuseppe Pennisi
Due eventi distinti (ma non così distanti)
offrono un vassoio d’argento con una grande opportunità al governo Renzi. La
colga al volo. Per sé e, soprattutto, per gli italiani.
Quali sono i due eventi?
Da un lato, il cambiamento al ministero
delle Infrastrutture: non che il ministro precedente, Maurizio Lupi,
mancasse delle competenze necessarie. Ha lasciato il proprio incarico senza
essere stato sfiorato da alcun avviso di garanzia ma solo da pettegolezzi
(anche di bassa lega). Senza dubbio, però, il nuovo titolare del dicastero Graziano
Delrio ha un rapporto fiduciario molto stretto con Matteo Renzi, che
lo ha indicato (al momento della formazione del governo) come ministro
dell’Economia e delle Finanze.
Dall’altro, lascia l’ANAS Piero Ciucci,
soprannominato nei Palazzi Golicyn, il boiardo che, d’intesa con la Zia dello
Zar, più tramò contro il programma di modernizzazioni lanciato da Pietro il
Grande. Forse Ciucci non sa chi sia stato Golicyn. Anche se “in tante faccende,
affaccendato”, come il boiardo austriaco della celebre poesia di Giuseppe
Giusti, sa certamente di essere abbastanza inviso; glielo hanno ricordato gli
articoli non certo pieni di elogi apparsi in questi ultimi giorni. Tuttavia, è
sempre facile criticare chi cade (anche se per colpe sue proprie). Occorre
ricordare comunque che Ciucci quanto meno ha il merito di avere risanato la
situazione finanziaria dell’Anas.
Il demerito principale non solo di Ciucci
ma anche di coloro che negli ultimi dieci anni si sono avvicendati a Porta Pia
e Villa Patrizi è stato quello di non avere dato all’Italia un piano nazionale
per la logistica e le infrastrutture. Ciucci viene considerato (a torto o a
ragione) uno degli elementi frenanti perché tale piano avrebbe ridotto la
centralità e l’autonomia dell’ANAS, così come era avvenuto negli anni Ottanta
quando venne varato il Piano Generale dei Trasporti (PGT) con una legge del
1986 che a governi e Parlamenti ad aggiornare il documento ogni tre anni. In
effetti, venne effettuato un unico “aggiornamento”, peraltro non
di alta qualità, nel 2001.
Mentre il PGT italiano del 1986 è ancora
citato nella saggistica specializzata e in libri di testi. Venne costituito nel
1983 una struttura che si avvaleva dello consulenza del Premio Nobel Wassilly
Leontiev e che includeva, al di là di steccati di orientamento politico, i migliori
specialisti italiani tra cui Paolo Costa (successivamente eurodeputato,
Ministro dei Lavori Pubblici e Sindaco di Venezia). Il segretario del PGT con
la collaborazione dell’ISTAT era Ercole Incalza. Venne costruita non solo una
dettagliata matrice input-output del trasporto italiano ma anche la prima
matrice di contabilità sociale dell’Italia (non la si aggiorna dal 1994) che
con uno specifico modello computabile di equilibrio economico generale
permetteva di quantizzare gli effetti sul resto del sistema d’investimenti o
regolazioni in un tassello dei trasporti o della logistica.
Non tutti hanno dimenticato quella
esperienza che le maggiori riviste scientifiche internazionali del ramo
chiamarono “esemplare”. Nel dicembre 2011, ad esempio, un documento di
Osservazioni e Proposte del CNEL ricordava che allora il numero dei progetti
infrastrutturali programmati dalla Legge Obiettivo (348 opere e 753 interventi)
conferma l’esistenza di un gap infrastrutturale che pregiudica in modo
rilevante lo sviluppo della nostra economia con conseguenti ricadute sociali.
Fra i molteplici suggerimenti emersi nei dibattiti e nelle audizioni i punti
essenziali sono:
1) Riforma costituzionale che,
attribuendo allo Stato l’esclusiva competenza sulle opere strategiche e alle Regioni
la competenza su tutte le altre, riduca la competenza concorrente fra
Istituzioni.
2) Per poter procedere alla predetta
riforma istituzionale, ma anche a prescindere da essa, si ritiene necessaria e
urgente una rivisitazione delle priorità infrastrutturali in
considerazione della impossibilità di considerare prioritari tutti i progetti
della Legge Obiettivo (valore 358 miliardi) a fronte dell’entità dei progetti
approvati dal CIPE (14,09 miliardi).Occorre pertanto definire un realistico
programma strategico dell’intervento per le infrastrutture che può assumere
differenti modelli politico-amministrativi: a) un Comitato di Ministri
all’interno del CIPE; b) un coordinamento più stretto tra il Ministro
dell’Economia e delle Finanze e il Ministro dello Sviluppo Economico e delle
Infrastrutture. Quale che sia la forma prescelta, pare essenziale che a) il
programma strategico e le sue motivazioni siano pubbliche; b) l’Unità di
valutazione e verifica degli investimenti pubblici operi come “braccio tecnico”
servente l’organo politico.
3) E’ urgente aggiornare i
parametri di valutazione ed i criteri di scelta deliberati dal CIPE
negli anni Ottanta alla luce sia della evoluzione della teoria, della
metodologia e delle tecniche di analisi sia delle esigenze della società quali
appaiono in questo primo scorcio di Ventunesimo Secolo.
4) Introdurre un nuovo metodo per ottenere
il consenso alla realizzazione delle opere pubbliche. Il Cnel già nel 2009
aveva formulato un documento di Osservazioni e Proposte e successivamente ha
predisposto un dettagliato progetto sul quale si propone al CIPE di
adottare, dopo una sperimentazione, una delibera che imponga alle
Pubbliche Amministrazioni precise procedure volte a coinvolgere ex ante gli
interessati e non successivamente alla definitiva approvazione di un progetto
infrastrutturale.
5) Accelerazione delle iniziative in
atto in sede del Ministro delle Infrastrutture (ora dello Sviluppo e delle
Infrastrutture) volte ad elaborare una normativa quadro sulla
mobilità urbana alla quale si debbano conformare le singole
amministrazioni.
In breve ciò vuol dire un nuovo PGT che
tenga conto dell’evoluzione metodologica e statistica di questi ultimi
trent’anni.
Una sfida per Renzi e Delrio.
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