giovedì 30 aprile 2015

Il crepuscolo del Maggio Musicale Fiorentino in Artribune 1 maggio



Il crepuscolo del Maggio Musicale Fiorentino
Si è aperto con il Fidelio il Maggio Musicale Fiorentino. Si è aperto soprattutto con uno sciopero dei tecnici che ha costretto all’assenza di luci e alla scena unica. Mentre il programma è tutto fuorché innovativo…
Scritto da Giuseppe Pennisi | giovedì, 30 aprile 2015 · 0 
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Alcuni prigionieri prima di entrare in scena nell'antepiano di Fidelio all'Opera di Firenze - © Michele Borzoni - Terraproject - Contrasto
Alcuni prigionieri prima di entrare in scena nell’antepiano di Fidelio all’Opera di Firenze – © Michele Borzoni – Terraproject – Contrasto
ASCESA E DISCESA DI UN FESTIVAL
Il Maggio Musicale Fiorentino non è solamente il più antico festival italiano (aprì il sipario il 22 aprile 1933) ma anche quello che attirava pubblico da tutto il mondo per due caratteristiche: effettuare una sintesi fra teatro in musica ed arti visive (allora) contemporanee; riscoprire grandi lavori obliati o poco rappresentati. Una legge del 1936 dava alla manifestazione questi compiti e gli assegnava uno stanziamento speciale.
È solo un ricordo. Per anni, tra gli scenografi del Maggio si contavano de Chirico, Sironi, Casorati, Sensani, Conti, Bucci, unicamente per citare alcuni nomi. Esiste una ricca bibliografia in materia. Il Maggio ha riscoperto il Rossini serio decenni prima che nascesse il Rossini Opera Festival, ha lanciato Malipiero e Stravinsky. Ancora negli Anni Ottanta era un punto di riferimento per “prime” esecuzioni italiane (a volte mondiali) e regie innovative.
Poi è cominciato un declino accompagnato da commissariamenti per evitare, più volte, il fallimento della fondazione. Le geremiadi per la mancanza di finanziamenti da parte di Pantalone erano accompagnate da una sempre maggiore penuria di idee. Bene più scarso dei soldi. Nel contempo, in una città di 400mila abitanti con quattro teatri, se ne costruiva, al costo di 32 milioni di euro, uno nuovo modernissimo, che per essere produttivo deve assicurare 220 rappresentazioni l’anno di tutto esaurito. Non si invitano più grandi artisti del visivo e si noleggiano dall’estero spettacoli anche quando si hanno scene e costumi in magazzino.
Antepiano di Fidelio all'Opera di Firenze - © Michele Borzoni - Terraproject - Contrasto
Antepiano di Fidelio all’Opera di Firenze – © Michele Borzoni – Terraproject – Contrasto
L’EDIZIONE 2015 DEL MAGGIO MUSICALE
Quest’anno, il festival (affidato a un commercialista e banchiere molto competente nel suo ramo: la persona adatta per fare quadrare i conti) non ha un direttore artistico. Il programma operistico è deludente. Fidelio (appena visto alla Scala) arriva da Valencia, dove è stato visto nel 2006 e nel 2014 (nonché sui canali televisivi) e, come mostra il dvd in commercio, con un impianto scenico enorme e una regia tradizionale di Pier’Alli , già da considerarsi passé nel 2006. Proprio a Firenze Robert Carsen ha fatto di Fidelio uno dei suoi spettacoli più nuovi e struggenti (forse scene e costumi sono a coprirsi di polvere).
Il resto del festival propone due opere rappresentate di frequente nei nostri teatri (Il Giro di Vite di Britten e Candide di Bernstein) e Pélléas et Melisande di Debussy, che non credo si veda da dieci anni fa in Italia. Curiosamente il ruolo del protagonista, scritto per un baritono (alla Scala era Ludovic Tézier), è affidato a un giovane tenore lirico, Paolo Fanale, che ricordo come ottimo Fenton in Falstaff e un buon Nemorino in Elisir d’Amore. Se questa è l’innovazione, qualcuno ha riscritto la partitura del buon Debussy.
Nulla da eccepire sulla sinfonica: grandi bacchette ma titoli di repertorio. È vero che a Firenze la popolazione sta invecchiando, ma ci si rivolge solo agli anziani. E poi non mancano seniores che amano la contemporaneità.
Antepiano di Fidelio all'Opera di Firenze - © Michele Borzoni - Terraproject - Contrasto
Antepiano di Fidelio all’Opera di Firenze – © Michele Borzoni – Terraproject – Contrasto
SUL FIDELIO FIORENTINO
Torniamo al Fidelio inaugurale. È stato presentato in forma semi-scenica (e senza luci) a ragione di uno sciopero di cinquanta tecnici in polemica con il Sindaco Nardella e il Presidente del Consiglio Renzi per vertenze risolte da altre fondazioni liriche. Non sta a noi entrare nel merito della vertenza, ma varie file vuote dimostravano corse al botteghino per essere rimborsati. Ovviamente non c’erano né il Capo dello Stato né il Presidente del Consiglio. I rumors secondo cui sarebbe arrivata la Cancelliera Merkel (grande amante dell’opera) si sono rivelati del tutto infondati.
Quindi, scena unica (la prigione del primo quadro del secondo atto in stile magniloquente e di vaga ispirazione piranesiana), quella della prova all’inizio dello sciopero. Cantanti, coro e comparse in costume e azione teatrale recitata in un palcoscenico ingombrato da elementi massicci. Inoltre, nessun gioco di luci e nessun soprattitolo. Quindi, dato che Fidelio è un Singspiel in cui parti dialogate si alternano a numeri musicali, si è fatto uso giudiziosamente di forbici.
Occorre dire che gli esecutori della parte musicale si sono meritati ovazioni per le difficili condizioni in cui hanno operato. Zubin Mehta divide l’opera in tre sezioni. Quasi mozartiana la prima, sino alla grande aria di Leonore Absheulicher: altamente drammatica la seconda, sino a tutta la scena della prigione; ed eroica nel finale, preceduto dall’ouverture Leonore No.3. Quindi una concezione molto differente da quella di Daniel Barenboim ascoltata alla Scala. Nel cast spicca Ausrine Stundyte (Leonore) mentre avrei preferito un Florestano (Burkhard Fritz) dal timbro più brunito e dagli acuti più eroici. Buoni gli altri protagonisti (Eike Wilm Schulte, Evgeny Nikitin, Stephen Milling, Ann Virovlansky, Karl Michael Ebner), il coro e l’orchestra.
Antepiano di Fidelio all'Opera di Firenze - © Michele Borzoni - Terraproject - Contrasto
Antepiano di Fidelio all’Opera di Firenze – © Michele Borzoni – Terraproject – Contrasto
Speriamo che il Maggio si riprenda. C’è tanto teatro in musica anche italiano da riscoprire, perfettamente adatto a giovani artisti visivi. Altrimenti che ci fanno con l’ipertecnico edificio costruito alle Cascine?
Giuseppe Pennisi
Alcuni prigionieri prima di entrare in scena nell'antepiano di Fidelio all'Opera di Firenze - © Michele Borzoni - Terraproject - Contrasto
Antepiano di Fidelio all'Opera di Firenze - © Michele Borzoni - Terraproject - Contrasto
Antepiano di Fidelio all'Opera di Firenze - © Michele Borzoni - Terraproject - Contrasto
Antepiano di Fidelio all'Opera di Firenze - © Michele Borzoni - Terraproject - Contrasto

Antepiano di Fidelio all'Opera di Firenze - © Michele Borzoni - Terraproject - Contrasto
Florestan (Burkhard Fritz) nell'antepiano di Fidelio all'Opera di Firenze - © Michele Borzoni - Terraproject - Contrasto
Leonore (Ausryne Stundyte) nell'antepiano di Fidelio all'Opera di Firenze - © Michele Borzoni - Terraproject - Contrasto

Renzi, Tsipras e il gioco del pollo in Formiche 30 aprile



Renzi, Tsipras e il gioco del pollo
30 - 04 - 2015Giuseppe Pennisi Renzi, Tsipras e il gioco del pollo
Nei resoconti televisivi degli incontri internazionali, Tsipras e Renzi sfoggiano, anzi ostentano, grandi abbracci e baci. Solo per il pubblico? O c’è qualcosa di più sincero?
Renzi e Tsipras sono affratellati da quello che in teoria dei giochi si chiama “il gioco del pollo”, che in italiano sarebbe meglio chiamare “gioco del coniglio”, ossia di cosa plasma i comportamenti in una situazione ad alto rischio.
Andiamo con ordine. All’inizio del negoziato tra Tsipras e i suoi partner su Formiche.net ho ricordato i “giochi” multipli su più tavoli: su un tavolo (con i partner europei) l’obiettivo di Tsipras era quello di massimizzare la “reputazione”; con il proprio elettorato, invece, quello di massimizzare “la popolarità”. Un equilibrio di Nash, quello del film A Beautiful Mind (quindi sempre instabile) che, però, non sembra sia riuscito a raggiungere.
All’inizio del suo mandato, Renzi era in una situazione simile: massimizzare la “popolarità” all’interno del PD (dove una nutrita minoranza si sentiva accantonata, spodestata e rottamata nella fase che ritenevano fosse la migliore, per età ed esperienza, di contribuire alla politica dell’Italia): massimizzare la “reputazione” con alleati non del tutto certi delle sue intenzioni e della sua affidabilità. Ha raggiunto e mantenuto un equilibrio alla Nash per diversi mesi. Si è, però, spezzato (non sta a me dire per causa di chi) con l’elezione del Presidente della Repubblica.
Ora, privi di “reputazione” con i partner e di “popolarità” di quelle che sarebbero le proprie schiere, si trovano ambedue in una situazione ad alto rischio. Tsipras potrebbe essere costretto al default ed espulso dall’euro (nonché scaricato dai propri elettori) se non colpisce bene al prossimo colpo del negoziato. Renzi potrebbe essere costretto ad andarsene a Pontassieve (ed essere per un periodo fuori dall’agone politico) se perde la battaglia (da lui enfatizzata) sulla legge elettorale, su cui ieri comunque ha incassato la fiducia della Camera.
Sono ambedue alle prese con il “gioco del coniglio”. Per illustrarlo, senza ricorrere ad equazioni, si ricordi il film del 1955 Gioventù Bruciata che lanciò la intensa ma breve carriera di James Dean. Due diciassettenni, Jim (Dean) e Buzz fanno una gara per acquisire contemporaneamente reputazione e popolarità di fronte al loro mondo di riferimento: una corsa automobilistica (su auto rubate) verso un dirupo. Se uno dei due sterza all’avvicinarsi del burrone, mentre l’altro avanza e riesce a saltare fuori dall’auto proprio prima che la vettura crolli nel baratro, il primo fa la figura del coniglio mentre l’altro vince reputazione e popolarità. Se entrambi corrono senza gettarsi fuori dall’auto prima del burrone, moriranno ambedue e reputazione e popolarità non serviranno a nulla, quanto meno a loro.
Nel “gioco” nessuno dei due giocatori ha una strategia dominante e vi sono due equilibri potenziali (“sterza”-”continua dritto” o “continua dritto- sterza”). A ciascuno dei due giocatori conviene adottare una strategia opposta a quello dell’altro. Se uno dei due dichiara di “non sterzare” ed è credibile, l’altro verrà costretto a sterzare per primo per evitare sia il burrone sia un probabile scontro.
Sia Renzi sia Tsipras hanno affermato a gran voce di seguire la strategia “continua dritto-non sterzare”. Il primo (Renzi) dispone, però, di un impianto almeno mediatico che pare lo renda convincente. Il secondo (Tsipras) non sembra essere più il persuasore che si pensava fosse alcune settimane fa.
E’ possibile che il primo ce la farà. Così come vinse la gara James Dean in Gioventù Bruciato, restando però tormentato per la morte di Buzz in tutta la seconda parte del film (la sua vittoria potrebbe portare lacerazioni profonde nel PD).  Il secondo pare sempre più destinato a finire del burrone.
Almeno così dice la teoria.
Dimitris Papadimoulis_Flickr
Elena Panaritis
Giannis Michelogiannakis
Alexis Tsipras_Flickr
Alexis Tsipras con Oliver Stone e Slavoj Zizek_Flickr
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Giannis Michelogiannakis
Alexis Tsipras_Flickr
Alexis Tsipras con Oliver Stone e Slavoj Zizek_Flickr
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mercoledì 29 aprile 2015

“Fidelio” d’emergenza per il Maggio Fiorentino in Avvenire 29 aprile



“Fidelio” d’emergenza per il Maggio Fiorentino
FIRENZE
Il Maggio Musicale Fiorentino è alla 78sima edizione (27 aprile-28 giugno). Nato per affiancare grandi riscoperte del passato (affidate a regie graffianti e a maestri del visivo) a “prime mondiali”, da anni barcolla per mancanza di finanziamenti e di pubblico, nonché per eccesso di costi e scarsità di idee. Nel 2014 ci sono stati segnali di ripresa. Quest’anno, il festival, privo di direttore artistico, non è cominciato bene: il
Fidelio inaugurale è stato presentato in forma semiscenica (e senza luci) a ragione di uno sciopero di 50 tecnici in polemica con il sindaco Nardella e il presidente del Consiglio Renzi per vertenze risolte da altre fondazioni liriche. In breve, scena unica (la prigione del primo quadro del secondo atto) ma cantanti coro e comparse in costume ed azione teatrale recitata. Non tutto è negativo: veniva proposto un allestimento di Pier Alli visto a Valencia nel 2006 e nel 2014 (e in canali televisivi) e, come mostra il Dvd in commercio, meno innovativo dell’edizione (regia di Carsen) presentata a Firenze nel maggio 2013.
Molto buona la parte musicale. Zubin Mehta la divide in tre sezioni. Quasi mozartiana la prima sino alla grande aria di Leonore Absheulicher (Persona abietta), altamente drammatica la seconda sino a tutta la scena della prigione, ed eroica nel finale, preceduto dall’ouverture
Leonore No.3. Nel cast spicca Ausrine Stundyte (Leonore) mentre avrei preferito un Florestano (Burkhard Fritz) dal timbro più brunito e dagli acuti più eroici. Buoni gli altri protagonisti (Eike Wilm Schulte, Evgeny Nikitin, Stephen Milling, Ann Virovlansky, Karl Michael Ebner), il coro e l’orchestra. Ovazioni anche per le difficili condizioni in cui hanno operato.
Il resto del festival propone due opere rappresentate di frequente ( Il Giro di Vite di Britten e Candide di Bernstein) e Pélléas et Melisande di Debussy che non credo si veda da dieci anni in Italia. Curiosamente il ruolo del protagonista, scritto per un baritono (alla Scala era Tézier), è affidato a un tenore lirico. Nulla da dire sulla sinfonica: grandi bacchette ma titoli di repertorio.
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Lo sciopero di 50 tecnici lascia lo spettacolo inaugurale con un’unica scena Fra le altre opere in cartellone “Pélléas et Melisande” Si chiude il 28 giugno