UN JOBS ACT SENZA IL DIALOGO E’
DIFFICILE
Giuseppe Pennisi
La creazione di occupazione, ed il miglioramento della
qualità dell’impiego, saranno i principali obiettivi economici del 2015 e degli
anni successivi. Obiettivi più importante del pareggio strutturale di bilancio.
Il quale non si realizzerà se non ci sarà crescita della produzione,
dell’occupazione e della produttività.
Questa la conclusione principale del dibattito che in
ottobre ha riguardato in Parlamento le varie misure chiamate, in lessico
giornalistico (e mutuando da una normativa americana peraltro molto differente
da quella in cantiere in Italia) Jobs Act e tra giuristi, sociologi
ed economisti il Rapporto sul Lavoro,un appuntamento annuale di riflessione economica
, sociale e politica di quel CNEL che si sta tentando, da circa di tre anni, di
impedire di funzionare.
Il Rapporto è un documento compendioso
che è stato ampiamente riassunto sulla stampa ponendo soprattutto l’accento
sulla situazione (drammaticissima) dei giovani e di coloro che perdono il
lavoro dopo avere maturato i requisiti per la pensione. In questa sede, è
opportuno mettere l’accento su un altro punto, trascurato da numerosi
quotidiani e periodici: la ‘divergenza’ nell’ambito dell’area dell’euro. Dal
2008 ed oggi gli occupati sono diminuiti in tutta l’eurozona del 2,3% ma la
contrazione è stata del 24% circa in Grecia, del 16% in Spagna, del 14% in
Portogallo mentre del 6% circa in Germania e Danimarca, del 5% in Italia e
dello 0,3% in Francia. Il dato della perdita di occupati è,a mio avviso, più
pregnante di quello delle differenze tra tassi di disoccupazione in quanto il
livello di partecipazione alla forza lavoro (da parte di coloro che hanno età
da lavoro e non sono in istruzione o formazione) varia a ragione di tradizioni
sociali radicate e differenze delle strutture dei sistemi d’istruzione. In
Italia, la situazione è aggravata dal tracollo degli investimenti, dalla bassa
produttività e dalla stagnazione salariale.
Se ne può uscire solo con leggi e decreti sulla
regolamentazione dell’offerta di lavoro? Ne dubito, dopo la conclusione del
‘patto sociale’ del luglio 1993, chiamato il ‘Patto di San Tommaso’ dal nome
del Santo protettore della data specifica della firma del documento, l’allora
presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi pubblicò, con Il Mulino, Un
Metodo per Governare, testo che individua nella 'concertazione' il metodo
da seguire, alternativo a quello della consociazione di interessi
particolaristici. Allora la situazione era meno difficile di quella attuale e
il progetto dell’euro dava un orizzonte di sviluppo.
In ottobre è uscito , per i tipi del CNEL, un volume
che Governo, Parlamento, sindacati ed imprese farebbero bene a leggere e
meditare. Il libro raccoglie una selezione dei discorsi pronunciati da Antonio
Marzano nei circa dieci anni in cui è
stato Presidente dell’organo consultivo
costituzionale in materia economica e sociale. Il volume è organizzato per temi
(dall’economia reale, all’economia dei settori, dalle banche ed alla finanza
alla politica del lavoro, all’economia delle idee, alla qualità della vita).
Non è solo una testimonianza importante
delle realizzazioni compiute in questi dieci anni, e di quanto è in cantiere.
La parte finale, dedicata alla
'concertazione' ed al 'dialogo sociale' si riallaccia al metodo indicato da
Ciampi ma lo arricchisce rischiando esplicitamente
i grandi discorsi su questi temi di Benedetto XVI. La 'concertazione' ed il
'dialogo sociale' sono essenziali per la crescita – come sostenuto, allora, da
Ciampi – ma non sufficienti. Occorre interrogarsi, come fatto da Benedetto XVI
nel discorso tenuto a Westminster il 17 settembre 2010, su quale sia il
fondamento etico per le scelte pubbliche, e quindi sulla morale della politica.
Se la 'concertazione' di Ciampi restava rigorosamente laica, nel 'dialogo
sociale' proposto da Marzano «Religione e Ragione hanno bisogno l’una
dell’altra». E la religione ha un ruolo chiave nella scoperta di principi
morali oggettivi. Alla prospettiva (non sappiamo se mantenuta) di una crescita
grazie all’integrazione europea (Ciampi), viene contrapposta quella di uno
sviluppo inclusivo in cui la religione ha un ruolo fondamentale nell’indicare
la strada. Il libro apre un dibattito forse scomodo a molti ma che non può
essere eluso.
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