Ecco su cosa continueranno a bisticciare Renzi e Juncker
06 - 11 - 2014Giuseppe Pennisi
Non è solamente questo di pelle. Anche se
non è certo piaciuto essere chiamato “burocrate” a Jean-Claude Juncker
(che non viene dalla grande aristocrazia europea – il padre era operaio – ma
studiando durante si è guadagnato un posto di rilievo nella professione legale,
è stato Primo Ministro del Lussemburgo e guida dell’Eurogruppo) da persona che
si è laureato in diritto amministrativo “per grazia di Dio e volontà della
Nazione” e si può fregiare di un unico impiego nella discussa piccola azienda
di famiglia. Tra il lussemburghese entrato nel Gotha europeo ed il Presidente
del Consiglio italiano ci sono ottiche molto differenti, frutto di esperienze
molto differenti. Non riusciranno mai a dialogare in modo proficuo. Ben presto
Renzi rimpiangerà Barroso.
Ci sono, però, nodi di fondo: all’Ecosoc
(il Comitato Economico e Sociale dell’Unione Europea, UE) si parla di “colpo di
Stato” a proposito della norma con la quale, in legge finanziaria, viene reso
non operativo il Cnel. “Se vogliano abolirlo – ha detto una loro
delegazione a Juncker – seguano la strada costituzionale. Altrimenti vengano
trattati come i colonnelli greci ed i neofascisti ungheresi”.
Preoccupa, poi, il ruolo crescente di
mandarini non eletti nell’interazione tra UE; appaiono anche sedicenti
“mediatori” improvvisati che aggravano la confusione. In effetti, i servizi
della Commissione (guidati da un prodiano di ferro che sarebbe voluto diventare
Presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio della Repubblica Italiana)
sarebbero stati molto più severi nei confronti della bozza di legge di
stabilità. Hanno sempre le coperture pronte contro coperture che sembrano
evanescenti. E soprattutto l’Himalaya del debito pubblico.
A Bruxelles le uniche proposte in materia
sono venute dallo smantellando Cnel che ha messo a raffronto i vari schemi. Si
può pensare a forme innovative di “riscatto”, attuate da alcuni Paesi
dell’America Latina e dalla Germania. In America Latina non si trattava di
risolvere il nodo del debito pubblico interno (abbastanza contenuto a
differenza di quello sull’estero) ma di affrontare il peso di un insostenibile
debito previdenziale.
In Germania, il problema era come
coniugare denazionalizzazioni con la riduzione del debito dei Länder orientali.
In tutti questi casi, per il riscatto sono stati istituiti fondi specifici
quali il Treuhandenstat ( Tha) tedesco e si è utilizzato parte
dello stock di ricchezza pubblica e privata. Il
metodo attuato in Germania potrebbe essere ‘imposto’ all’Italia. Un fondo per
riscatto del debito pubblico – si dice a Charlemagne, dove hanno sede gli
uffici della Commissione Europea – dovrebbe basarsi su tre pilastri: a) parte
del patrimonio immobiliare pubblico; b) parte del patrimonio immobiliare
privato su base volontaria, in cambio di un’esenzione permanente da eventuali
imposte patrimoniali; c) parte dei veri gioielli di famiglia (Enel, Eni,
Finmeccanica, Poste Italiane, Sace, St-Microelectronics, Terna, Poligrafico,
Sogin, Inail). Rai, Ferrovie, Fincantieri ed altre imprese da denazionalizzare
non verrebbero incluse poiché fardelli da rimettere in sesto o da liquidare.
Con un tale “sottostante” in garanzia, il
fondo potrebbe emettere titoli a lungo termine (a tassi allineati su quelli di
riferimento della Bce) per riscattare il debito pubblico e, in via subordinata,
finanziare investimenti a lungo termine di interesse collettivo attualmente
accantonati a ragione delle ristrettezze di bilancio. Il fondo sarebbe un
veicolo per denazionalizzare/privatizzare le società/gli enti le cui azioni
sarebbero il suo ‘sottostante’.
Ad un’operazione di questa natura ha fatto
cenno, quando era Ministro, Fabrizio Saccomanni. Perché funzioni, il
“sottostante” dovrebbe essere aggregato (con una cartolarizzazione) e non
dovrebbe essere quotato in Borsa per un certo numero di anni (al fine di
costituire una garanzia solida). Potrebbe essere collocato presso fondi
pensione per dare corpo ad una efficace ed efficiente previdenza integrativa.
Ciò richiederebbe una preventiva riduzione del loro numero da 700 ad una
decina, con effettiva portabilità. L’opposto della polverizzazione
(ipertassata) che sta facendo il Governo italiano.
C’è, però, il rischio che satrapi e mandarini
vengano chiamati a gestire l’operazione.
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