sabato 8 novembre 2014

Filarmonica di Roma: Lituani in Italia in Il Sussidiario 8 novembre 2014



OPERA/ Filarmonica di Roma: Lituani in Italia

Pubblicazione: sabato 8 novembre 2014
Sergej Krylov Sergej Krylov
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A 25 anni dalla caduta del muro di Berlino, e a dieci dall’allargamento ad Est dell’Unione Europea, cominciamo ad avere dimestichezza con i complessi musicali dei Paesi dell’Europa Orientale e che si affacciano sul Baltico. 
Della Lituania, si conosce bene il regista Eimuntas Nekrošius che ha spesso operato in Italia. Rare però le tournée della compagnia di balletto (che ha acquisito una notevole fama) ed ancor meno frequenti quelle di complessi sinfonici e cameristici. Occorre, quindi, fare un elogio all’Accademia Filarmonica Romana (sulla cui storia si allega una scheda) che ha saputo portare a Roma l’orchestra da camera lituana (un complesso di circa 30 elementi, in grado, quindi, di affrontare anche la sinfonica del settecento e del primo romanticismo) ed il suo direttore Sergej Krylov. Quest’ultimo, nato da una famiglia di musicisti russi, è cresciuto, per vicende familiari ed artistiche a Cremona (parla perfettamente l’italiano), è oggi considerato uno dei maggiori virtuosi su piazza a livello mondiale; proprio lo scorso mese a San Pietroburgo due suoi concerti da solista al Teatro Mariinskij diretto da Valery Gergiev e alla Filarmonica di San Pietroburgo sotto la bacchetta di Yuri Temirkanov, hanno raccolto unanimi consensi di pubblico e critica. Da cinque anni alla guida della Lithuanian Chamber Orchestra fra le più acclamate orchestre delle repubbliche baltiche attiva sulla scena internazionale da oltre cinquant’anni, il 6 novembre ha offerto, al Teatro Olimpico di Roma, un  ampio programma nella doppia veste di direttore e solista, dare un saggio della sua destrezza virtuosistica, affrontando autori di epoche e caratteri molto diversi tra loro. Krylov ha suonato su un violino moderno del 1994, costruito dal padre Alexander, uno dei primi liutai sovietici che negli anni Settanta si trasferì a Cremona per seguire la prestigiosa scuola di liuteria.
Purtroppo solo un numero relativamente modesto di ardimentosi non ha seguito l’allarme meteorologico (che si è rivelato in gran misura infondato) e gli inviti televisivo dello stesso Sindaco di Roma, Ignazio Marino, a ‘stare a casa’. Di conseguenza, c’erano molte file vuote in un teatro che ha ben 2000 posti.   
Un vero peccato perché il programma, così come strutturato, offriva una panoramica dell’offerta dell’orchestra.
La prima parte è stata aperta  con il Concerto in re minore per violino e archi di un Mendelssohn appena dodicenne (partitura a lungo caduta in oblio per circa un secolo e riscoperta solo nel 1952 grazie all’interesse di un altro grande violinista, Yehudi Menuhin) . Krylov e l’orchestra ne hanno messo in risalto la dolcezza melodica.
Con un rapido salto si è giunti al secondo Novecento con Fratres (1977) nella versione per violino, orchestra d’archi e percussioni che Arvo Pärt ha trascritto nel 1992. Come altri lavori di Pärt è carico di misticismo e spiritualismo in cui il compositore estone applica il “tintinnaboli”, metodo che trae origine dallo studio delle risonanze delle campane. Un lavoro molto intenso che, al pari del concorso Siciliani la  conclusione della cui seconda edizione si è avuta poche settimane fa ad Assisi nel quadro della Sagra Musicale Umbra, mostra l’esigenza e l’urgenza perché l’Italia si doti di un complesso cameristico per musica sacra contemporanea. La prima parte si è conclusa Il programma prosegue con Introduzione e Rondò capriccioso op. 28 di Camille Saint-Saëns del 1863, un “pezzo di bravura”, molto accattivante, preceduto dal tema malinconico dell’Introduzione. 
La seconda parte è stata interamente dedicata alla trascrizioni della Carmen di Bizet, una Carmen Suite realizzata da Rodion Shchedrin per orchestra d’archi e un nutrito numero di percussioni. Il lavoro venne realizzato da Shchedrin nel 1967 su richiesta del Bolshoi che si ispirò al capolavoro di Bizet per un balletto in un atto, coreografato dal cubano Alberto Alonso. Shchedrin sfoltì la strumentazione originale in una partitura che impegnava solo archi e percussioni, divertendosi ad alterarne dettagli ritmici, inserendo occasionali tocchi umoristici e citazioni da L’Arlésienne. Motivi che indussero le autorità sovietiche a criticare il lavoro ritenendolo “irriverente”, contrariamente la pensava Šostakovic che lo considerò un modello di strumentazione e una brillante celebrazione della danza. Interessante notare che quasi in parallelo, il 4 novembre, la Carmen di Bizet è stata presentata in 200 sale cinematografiche italiana in HD ed a RomaEuropa Festival, dal 29 ottobre al 2 novembre, si è ascoltata la Carmen di Rodion Shchedrin, registrata ed interpolata con altre musiche, per accompagnare un balletto sud-africano. Nell’interpretazione’lituana’ particolare attenzione alle sezioni più decisamente timbriche.
In breve un’ottima serata che conferma l’alta qualità della Filarmonica Romana.

La Filarmonica Romana

È stata fondata il 4 dicembre 1821 da un gruppo di nobili dilettanti per l’esecuzione a Roma di musica da camera e sinfonica, ma anche di opere nuove per Roma, come ad esempio il Mosè in Egitto di Rossini. Grazie alla sua programmazione innovativa acquisisce presto una forte identità artistica. Viene riconosciuta dallo Stato Pontificio, e costretta a chiudere in due occasioni durante il periodo Risorgimentale, riprende l’attività con l’arrivo della monarchia sabauda, da cui riceve l’appannaggio della musica per le cerimonie di Stato e i funerali reali al Pantheon. 
Oggi la Filarmonica Romana è un ente senza scopo di lucro, con personalità giuridica privata, riconosciuto dal Presidente della Repubblica con decreto del 7 febbraio 1969. I concerti, i balletti, gli spettacoli di teatro musicale di livello internazionale che organizza, ne fanno una delle più prestigiose istituzioni concertistiche italiane. Dalla fine degli anni Sessanta le manifestazioni si svolgono principalmente presso il Teatro Olimpico. La sede sociale è nella Casina Vagnuzzi di via Flaminia 118, che si apre su ampi Giardini: le origini di questo splendido sito nel cuore di Roma – la palazzina, gli affreschi, il Bosco Filarmonico – risalgono al Cinquecento. All’interno dei giardini è situata una sala da concerti con capienza di duecento posti, fornita di completa attrezzatura tecnologica: è la celebre Sala Casella, adatta per concerti da camera, conferenze, presentazioni di libri, convegni di studi, spettacoli per le scuole. 
Da alcuni anni nel verde dei Giardini della Filarmonica si svolgono anche le stagioni estive. La Filarmonica Romana collabora abitualmente con istituzioni culturali, enti pubblici e privati sia italiani sia esteri. Le manifestazioni organizzate dalla Filarmonica Romana in un anno sono numerose (mai meno di settanta), di cui una parte in abbonamento. La stagione principale si svolge da ottobre a maggio e la sua programmazione spazia dalla musica antica al periodo barocco, dal repertorio classico alla musica contemporanea, dalla danza alle nuove tendenze della musica di ricerca. Dal secondo dopoguerra illustri musicisti, organizzatori e storici della musica hanno ricoperto la carica di direttore artistico: Casella, Mortari, Petrassi, Peragallo, Vlad, Bogianckino, Turchi, Cagli, Vidusso, Henze, Lanza Tomasi, Berio, Arcà, D’Amico, Battistelli, Panni, Cappelletto. Tra i gruppi e gli artisti che hanno stabilmente collaborato con la Filarmonica con progetti di residenza ricordiamo I Musici, I Solisti della Filarmonica fondati da Giuseppe Sinopoli, il Concerto Italiano, il Quartetto Bernini, il Quartetto Prometeo, l’orchestra Spira Mirabilis, l’ensemble La Risonanza, il gruppo di danza Immobile Paziente, la coreografa Alessandra Cristiani, il compositore Matteo Franceschini. La Filarmonica Romana svolge anche un’intensa attività didattica grazie alle masterclass e alla sua Scuola di musica, dove hanno studiato canto corale nel corso dell’ultimo mezzo secolo migliaia di bambini e adulti, sotto la guida di monsignor Pablo Colino. Attiva e anche la Biblioteca, dove sono custoditi e consultabili dagli studiosi spartiti a stampa, manoscritti (prevalentemente dell’Ottocento), e per la danza, il Fondo Ottolenghi, di recente acquisizione. Imponente e l’archivio storico notificato dall’Archivio di Stato.



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