domenica 9 novembre 2014

I tre crolli dopo la caduta del Muro di Berlino in Formiche 9 Novembre



I tre crolli dopo la caduta del Muro di Berlino
09 - 11 - 2014Giuseppe Pennisi
Oggi vengono celebrati, in tutto il mondo, i venticinque anni dalla caduta del muro di Berlino. Chi, come il vostro chroniqueur, ha sempre avuto molta ammirazione per la cultura tedesca e ha per tutta la vita avuto amici stretti tedeschi, vuole dedicare alla ricorrenza alcune righe senza retorica. Formiche fu nel suo primo numero il primo periodico pubblicò un’analisi da Berlino della “grande coalizione” allora in formazione. Pure essa senza retorica.
La caduta del Muro può essere vista sotto vari punti di vista. I tre principali sono, a mio avviso, i seguenti:
Il crollo del comunismo negli equilibri mondiali 
Quasi in contemporanea con il crollo del Muro, il mio amico e collega Francis Fukuyama pubblicò il saggio The End of History, che diventò un best seller quando nel 1992 venne ampliato nel libro The End of History and the Last Man. Fukuyama preconizzava che con il tracollo del comunismo e la vittoria della liberal-democrazia ci sarebbe stata la fine della storia, caratterizzata per decenni, ove non secoli, dal conflitto tra occidente liberale ed oriente totalitario in Europa (tale da avere ripercussioni in tutto il mondo). In risposta a The End of History and the Last Man, Samuel Huntington pubblicò, nel 1992, su Foreign Affairs il saggio The Clash of Civilizations? destinato anche esso a diventare un saggio di successo. In effetti, la fine della guerra fredda ha scatenato scontri tra civiltà etniche e religiose che liberal-democrazie e comunismo tenevano in qualche modo sotto controllo tramite rapporti di vassallaggio di vario tipo. Possiamo dire che The Clash of Civilizations non si sarebbe verificato se non ci fosse stata The End of History? Probabilmente, ci sarebbe ugualmente stato a ragione della fine del monopolio del progresso tecnologico tenuto per duecento anni dalle liberal-democrazie. Ma avrebbe assunto toni differenti in quanto Stati Uniti ed Unione Sovietica avrebbero avuto modo e maniera per influire sui loro “alleati”, specialmente nel Medio Oriente. Ove non per tenerli a bada.
Il crollo del comunismo negli equilibri europei
Il crollo del Muro ha riproposto la “questione tedesca” nei termini in cui era ai tempi di Bismarck e del Congresso di Berlino. La Germania è tanto grande ed importante (per il suo peso economico e per la sua influenza sulla filosofia, il diritto e le arti del continente) che un suo starnuto diventa un ciclone nei più piccoli Paesi europei; non è, però, sufficientemente grande da poter risolvere tutti i nodi europei (quando, negli anni Trenta, tentò di fare a suo modo un’unione europea, gli esisti furono tali da indurre non riprovare nulla di simile). Per neutralizzare il peso tedesco in Europa, alcune anime astute (Chirac) ed alcune anime belle (Prodi, Ciampi) proposero di fare diventare “collegiali” le decisioni di politica monetaria ed i criteri di politica di finanza pubblica: gli esiti sono sotto gli occhi di tutti. Venne anche proposto, ed attuato, un “ampliamento” ad Est dell’Unione Europea (UE): qualsiasi prospettiva federale o confederale è ormai finita e l’UE è una ridda di comari litigiose in stagnazione da anni e universalmente considerata come il grande malato della politica e dell’economia internazionale.
Il crollo del comunismo negli equilibri interni tedeschi
La Germania ha fatto uno sforzo enorme per integrare i Länder orientali; nei primi anni dopo l’unificazione la spesa pubblica per la coesione era ogni anno pari a dieci anni quanto Italia e UE (insieme) destinavano al Mezzogiorno. C’è anche stato un forte processo migratorio verso ovest, che ha spopolato le aree orientali più prettamente agricole. I risultati si riassumono in queste cifre: nei Länder orientali un Pil pro-capite pari al 67% un tasso di produttività pari al 76% di quelli dei i Länder occidentali, un tasso di disoccupazione del 9,7% rispetto al 5,9% dell’occidente. Ci sono, ad un quarto di secolo dalla caduta del muro, distanze da colmare. Notevolmente inferiori a quelle tra il resto d’Italia ed il Mezzogiorno dove, dopo oltre 150 d’Unità, il Pil procapite è il 56% del Centro-Nord, il tasso di occupazione è il 45% della popolazione in età da lavoro rispetto al 70% nel Centro-Nord e il tasso di disoccupazione è il 30% rispetto al 13% nel Centro-Nord.
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