I tre crolli dopo
la caduta del Muro di Berlino
09 - 11 - 2014Giuseppe Pennisi
Oggi vengono celebrati, in tutto il mondo,
i venticinque anni dalla caduta del muro di Berlino. Chi, come il vostro chroniqueur, ha
sempre avuto molta ammirazione per la cultura tedesca e ha per tutta la vita
avuto amici stretti tedeschi, vuole dedicare alla ricorrenza alcune righe senza
retorica. Formiche fu nel suo primo numero il primo periodico
pubblicò un’analisi da Berlino della “grande coalizione” allora in formazione.
Pure essa senza retorica.
La caduta del Muro può essere vista sotto vari punti
di vista. I tre principali sono, a mio avviso, i seguenti:
Il crollo del comunismo negli equilibri mondiali
Quasi in contemporanea con il crollo del Muro, il mio
amico e collega Francis Fukuyama pubblicò il saggio The End of History,
che diventò un best seller quando nel 1992 venne ampliato nel
libro The End of History and the Last Man. Fukuyama
preconizzava che con il tracollo del comunismo e la vittoria della
liberal-democrazia ci sarebbe stata la fine della storia,
caratterizzata per decenni, ove non secoli, dal conflitto tra occidente
liberale ed oriente totalitario in Europa (tale da avere ripercussioni in tutto
il mondo). In risposta a The End of History and the Last Man,
Samuel Huntington pubblicò, nel 1992, su Foreign Affairs il
saggio The Clash of Civilizations? destinato anche esso a
diventare un saggio di successo. In effetti, la fine della guerra fredda ha
scatenato scontri tra civiltà etniche e religiose che liberal-democrazie e
comunismo tenevano in qualche modo sotto controllo tramite rapporti di
vassallaggio di vario tipo. Possiamo dire che The Clash of
Civilizations non si sarebbe verificato se non ci fosse stata The
End of History? Probabilmente, ci sarebbe ugualmente stato a ragione della
fine del monopolio del progresso tecnologico tenuto per duecento anni dalle
liberal-democrazie. Ma avrebbe assunto toni differenti in quanto Stati Uniti ed
Unione Sovietica avrebbero avuto modo e maniera per influire sui loro
“alleati”, specialmente nel Medio Oriente. Ove non per tenerli a bada.
Il crollo del comunismo negli equilibri europei
Il crollo del Muro ha riproposto la “questione
tedesca” nei termini in cui era ai tempi di Bismarck e del Congresso di
Berlino. La Germania è tanto grande ed importante (per il suo peso economico e
per la sua influenza sulla filosofia, il diritto e le arti del continente) che
un suo starnuto diventa un ciclone nei più piccoli Paesi europei; non è, però,
sufficientemente grande da poter risolvere tutti i nodi europei (quando, negli
anni Trenta, tentò di fare a suo modo un’unione europea, gli esisti furono tali
da indurre non riprovare nulla di simile). Per neutralizzare il peso tedesco in
Europa, alcune anime astute (Chirac) ed alcune anime belle (Prodi, Ciampi)
proposero di fare diventare “collegiali” le decisioni di politica monetaria ed
i criteri di politica di finanza pubblica: gli esiti sono sotto gli occhi di
tutti. Venne anche proposto, ed attuato, un “ampliamento” ad Est dell’Unione
Europea (UE): qualsiasi prospettiva federale o confederale è ormai finita e
l’UE è una ridda di comari litigiose in stagnazione da anni e universalmente
considerata come il grande malato della politica e
dell’economia internazionale.
Il crollo del comunismo negli equilibri interni
tedeschi
La Germania ha fatto uno sforzo enorme per integrare i
Länder orientali; nei primi anni dopo l’unificazione la spesa pubblica per la
coesione era ogni anno pari a dieci anni quanto Italia e UE (insieme)
destinavano al Mezzogiorno. C’è anche stato un forte processo migratorio verso
ovest, che ha spopolato le aree orientali più prettamente agricole. I risultati
si riassumono in queste cifre: nei Länder orientali un Pil pro-capite pari al
67% un tasso di produttività pari al 76% di quelli dei i Länder occidentali, un
tasso di disoccupazione del 9,7% rispetto al 5,9% dell’occidente. Ci sono, ad
un quarto di secolo dalla caduta del muro, distanze da colmare. Notevolmente
inferiori a quelle tra il resto d’Italia ed il Mezzogiorno dove, dopo oltre 150
d’Unità, il Pil procapite è il 56% del Centro-Nord, il tasso di occupazione è
il 45% della popolazione in età da lavoro rispetto al 70% nel Centro-Nord e il
tasso di disoccupazione è il 30% rispetto al 13% nel Centro-Nord.
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