Bene la stretta fiscale, ma occhio al pressing delle
multinazionali
«Saremo sempre a giocare a 'gatto e topo', ossia a
rincorrere chi ricorre continuamente a nuove astuzie – ci dice Pascal
Saint-Amas che dirige il centro per la Politica e l’amministrazione tributaria
dell’Ocse –, tuttavia oggi esistono autostrade non viottoli per evitare di
pagare tasse e imposte. Il sistema tributario internazionale è obsoleto. Con
questa intesa cominciamo a porre le basi per modernizzarlo». Un giudizio,
quindi, equilibrato da chi da anni lavora per una migliore trasparenza in
materia tributaria e per evitare scappatoie molto facili (come il transfer
pricing, ossia la creazione di filiali, oppure di case madri più o meno
fittizie, in Paesi a bassa tassazione). L’accordo, raggiunto poco più di un
mese fa in seno all’Ocse e ora sostenuto dal G20, prevede essenzialmente scambi
di informazione e una più stretta collaborazione tra le autorità tributarie a
tutti i livelli (da quello della formulazione delle politiche a quello della
loro applicazione). È un passo importante perché per lustri si è tentato di
giungere ad una formulazione che accontentasse i maggiori Stati della comunità
internazionale. Lo stesso Segretario Generale dell’Ocse, Angel Gurrìa, afferma
che «siamo solo a metà del cammino », anche perché, come documentato da una
recente inchiesta sul New York Times, tutte la maggiori multinazionali (iniziando da quelle
dell’economia digitale, come Google, Facebook, Astrazeneca) e le principali
banche e assicurazioni hanno accentuato la campagna di pressioni sui governi e
sui Parlamenti (che hanno il compito di tradurre l’accordo in leggi e
regolamenti nazionali) per introdurre 'misure di flessibilità', ove non proprio
per spalancare le finestre e consentire di continuare ad operare con le
abitudini che hanno fatto la loro fortuna (riducendo il peso tributario sui
loro conti). «Non vedremo cambiamenti radicali nell’immediato », afferma Judith
Freedman che dirige il centro di tassazione sulle imprese dell’Università di
Oxford, aggiungendo che «senza questo passo non si sarebbe neanche potuto
pensare a un percorso verso una maggiore equità e trasparenza tributaria
internazionale ». I governi che, in questi ultimi anni, si sono succeduti alla
guida dell’Italia, sono sempre stati tra i sostenitori più coerenti
dell’accordo. Tuttavia, uno dei maggiori specialisti in materia, Joel Slemrod,
sorride nel dire che «si sono presi spesso in giro di soli» poiché i suoi studi
sull’economia dell’evasione concludono che quanto più un sistema tributario è
complicato e sempre in cambiamento tanto più è facile eludere ed evadere.
Giuseppe Pennisi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Nessun commento:
Posta un commento