Simon
contro Simon
29 - 10 - 2014Giuseppe Pennisi
Le
diverse versioni di “Boccanegra” e l’epistolario del maestro di Busseto,
rivelano come Verdi fosse un partecipante entusiasta al movimento di unità
nazionale, ma diventasse progressivamente deluso da una “politica
politicante”...
Per
circa tre settimane due Simon Boccanegra si confronteranno alla Scala.
Alla Scala il 19 novembre calerà il sipario (per ora) sulla vicenda del Doge
genovese , ma il 22 novembre si alzerà a La Fenice dove la prima
edizione dell’opera debuttò.
I
DIRETTORI
Alla
Scala ci saranno due direttori e due protagonisti per il ritorno
dell’allestimento firmato da Federico Tiezzi nel 2010: Stefano
Ranzani dirigerà le recite del 31 ottobre e 2, 5 e 9 novembre con Leo
Nucci nella parte di Simone, e il Direttore Musicale del Teatro Daniel
Barenboim quelle del 6, 11, 13, 16 e 19 con Plácido Domingo. Nella
parte di Amelia si alternano Carmen Giannattasio (di cui ricordiamo gli inizi
all’Accademia della Scala) e Tatiana Serjan, nei panni del Fiesco Alexander
Tsymbalyuk e Orlin Anastassov, in quelli di Adorno Ramón Vargas e Fabio Sartori
e in quelli di Paolo Vitaliy Bilyy e Artur Rucinski. Alla Fenice, dove l’opera
debuttò nel 1857, il lavoro viene proposto nella versione definitiva del 1881
con Francesco Meli nel ruolo di Gabriele Adorno, Simone Piazzola
in quello di Simon Boccanegra, Giacomo Prestia in quello di Jacopo
Fiesco, Julian Kim in quello di Paolo Albiani e Luca Dall’Amico
in quello di Pietro, e con la direzione di Myung-Whun Chung che torna
sul Verdi maturo dopo lo straordinario Otello del 2012. Firma l’allestimento il
regista napoletano Andrea De Rosa, premio UBU 2005 per Elettra di
Hoffmannsthal, che dal 2004 alterna teatro lirico e teatro di prosa.
L’OPERA
Un
breve cenno all’opera, dimenticata per diversi decenni sino a quando negli Anni
Sessanta e Settanta Gianandrea Gavazzeni e Claudio Abbado dimostrarono che è
delle più importanti del catalogo verdiano. Simon Boccanegra è il primo doge di
Genova nel periodo storico di transito dal Medioevo al Rinascimento.
L’opera è stata una delle più “maledette” tra le “opere maledette” di Verdi. Fu un tonfo alla “prima” alla Fenice nel 1857 e, rimaneggiata nel libretto e nella musica, ebbe esiti modesti nelle riprese a Reggio Emilia, Milano, Napoli e Firenze nel 1858-59. Ripensata, con l’aiuto di Arrigo Boito che rimise mano a parti essenziali del libretto, fu un successo di breve durata quando la versione, adesso corrente, raggiunse La Scala nel 1881. Nell’ultimo scorcio dell’Ottocento e nella prima metà del Novecento, venne dimenticata. Gino Marinuzzi, consapevole che si trattasse di un capolavoro unico nel teatro verdiano ed europeo più in generale, tentò di rilanciarla, a Roma, nel 1934.
L’opera è stata una delle più “maledette” tra le “opere maledette” di Verdi. Fu un tonfo alla “prima” alla Fenice nel 1857 e, rimaneggiata nel libretto e nella musica, ebbe esiti modesti nelle riprese a Reggio Emilia, Milano, Napoli e Firenze nel 1858-59. Ripensata, con l’aiuto di Arrigo Boito che rimise mano a parti essenziali del libretto, fu un successo di breve durata quando la versione, adesso corrente, raggiunse La Scala nel 1881. Nell’ultimo scorcio dell’Ottocento e nella prima metà del Novecento, venne dimenticata. Gino Marinuzzi, consapevole che si trattasse di un capolavoro unico nel teatro verdiano ed europeo più in generale, tentò di rilanciarla, a Roma, nel 1934.
LA
CONSACRAZIONE INTERNAZIONALE
Da
allora, “Boccanegra” ha ripreso un lento cammino, giungendo alla consacrazione
internazionale vera e propria grazie a due edizioni eccellenti, ma molto
differenti: quella di Gianandrea Gavazzeni, tragica, cupa, quasi infernale
(ascoltabile in un mirabile cd della Rca, nettamente superiore a una versione
sempre curata da Gavazzeni pochi anni prima), e quella di Claudio Abbado,
invece, dolce, densa di colori chiari e di volumi leggeri (impareggiabili le
evocazioni marine) che in un allestimento di Strehler e Frigerio ha viaggiato a
Londra, Parigi, Mosca, Washington e Vienna ed è disponibile in cd e in dvd.
Vidi la versione “Abbado” nel 1976 a Washington quando vi venne portata in
tournée dalla Scala in occasione del bicentenario dell’indipendenza Usa. Ho
anche visto, a Firenze, una seconda edizione “Abbado”, con la regia di Peter
Stein, concepita per il Festival di Salisburgo del 2000. A differenza
dell’edizione del 1971 in cui , in un gioco di luci, dominava la brezza marina,
mentre oggi elementi scenici essenziali e la recitazione raffinata
contrappuntano l’apologo del potere e dell’amore paterno nel viaggio di Simone
verso la morte. Abbado dava all’opera una tinta soffusa, notturna, sofferente e
commossa, priva forse delle evocazioni marine ma ancora più distante dalla
lettura di Gavazzeni (o di quelle di Fabio Luisi e Bruno Bartoletti, ascoltate
di recente). In breve, Muti gareggia con due giganti. Non includo nel novero
Michele Mariotti che pochi anni fa, affrontò l’opera nel 2007 a Bologna a 28
anni, troppo giovane per carpirne i maturi segreti.
UN’OPERA
POLITICA
È
anche una delle opere più apertamente “politiche” di Verdi. Le diverse versioni
di “Boccanegra” e l’epistolario del maestro di Busseto, rivelano come Verdi fosse
un partecipante entusiasta al movimento di unità nazionale, ma diventasse
progressivamente deluso da una “politica politicante”,come il protagonista del
romanzo incompiuto “L’imperio” di Federico De Roberto, sempre più distante
dalla sua visione lungimirante. Nella scena-chiave di “Boccanegra”, il doge fa
proprio l’appello di Francesco Petrarca di porre fine alle guerre tra le
repubbliche di Genova e di Venezia allo scopo di lavorare insieme per un’Italia
libera, ma non è compreso né dai patrizi né dai plebei. Ciò innesca l’intrigo
che porta alla catarsi finale. “Boccanegra” (i cui temi “politici” in parte
verranno ripresi in “Don Carlo” e in “Otello”) svela un rapporto tormentato con
la politica analogo a quello con la religione: la visione a lungo raggio della
Politica con la “p” maiuscola e i programmi per realizzarla vengono bloccati da
una politica con la “p” minuscola ridotta a intrighi. Opera radicalmente
innovativa nella struttura drammaturgica (i fatti rappresentati nel Prologo
precedono di 25 anni l’azione dell’Atto I), è uno dei lavori più moderni di
Verdi.
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