RIGOLETTO/ In scena tra le
tensioni dell'Opera di Roma Capitale
Pubblicazione:
sabato 25 ottobre 2014
Il Rigoletto in scena a Roma
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La sera del
21 ottobre l’aria non poteva non tagliarsi a fette nel foyer del Teatro
dell’Opera di Roma Capitale. In programma un nuovo allestimento di Rigoletto
che mancava dal 2006 ma di cui si è vista una buona edizione nella stagione
estiva alle Terme di Caracalla nel 2010, opera popolarissima ed amatissima dal
pubblico (se ne programmano una quindicina di repliche in due tornate).
Tuttavia, sullo sfondo si questa ultima prima della stagione 2013-2014, si
staglia l’enorme debito del teatro, il licenziamento di coro ed orchestra
deciso da una sessione del Consiglio d’Amministrazione a cui hanno partecipato
il Sindaco di Roma e il Ministro della cultura in persona, recenti denunce per
assenteismo e truffa, la fuga di Muti dall’incarico di Direttore onorario a
vita, la scadenza imminente (31 dicembre) del mandato di Sovrintendente e
Direttore Artistico e incertezze sulla stagione 2014-2015 che dovrebbe iniziare,
da programma, il 27 novembre.
In effetti,
lo spettacolo è andato avanti come l’olio. Teatro stracolmo (è stata la serata
in cui in termini assoluti, il Teatro ha segnato il maggiore incasso da quando
è stato inaugurato nel 1880). Un po’ di volantinaggio da orchestrali e coristi
licenziati prima dell’inizio. Ma l’orchestra ha suonato molto bene anche se il
maestro concertatore, Renato Palumbo, sì è preso qualche leggero rimbrotto dal
pubblico per l’accentuazione di alcuni tempi e di alcuni chiaro-scuri.
Su questa
testata, il 6 ottobre, abbiamo illustrato come numerosi tra i maggiori teatri
d’opera europei (e non solo) non abbiamo un’orchestra interna di dipendenti, ma
contratti con orchestre formate da cooperative o associazioni di musicisti. E’
anche la prassi nei teatri ‘di tradizione’ italiani: il Regio di Parma ha da un
paio d’anni cambiato la propria orchestra da un’associazione locale alla
Filarmonica Toscanini (pure essa una cooperativa che opera principalmente su
base regionale). Indubbiamente, è un modello poco abituale in quelli che erano
Enti Autonomi Comunali ed ora sono le Fondazioni Liriche. Non sta certo a noi
giudicare quale sia il più appropriato per Roma. Non sta neanche a noi fare
congetture sugli esiti delle indagini della magistratura in corso. Senza
dubbio, non avere voluto partecipare al referendum sul ‘piano industriale’ (che
comporta un generoso ripianamento del debito da parte della collettiva), non è
una indicazione positiva dopo gli scioperi selvaggi alle Terme di Caracalla e
le assemblee selvagge che hanno disturbato le prove di Manon Lescaut concertata
da Riccardo Muti.
Ci sono
almeno altre due orchestre pronte a prendere il posto di quella di Piazza
Beniamino Gigli. Lo sappiano i musicisti che hanno sempre meno tempo per organizzarsi
in cooperativa/associazione e negoziare con la Fondazione o partecipare al
bando che sta per essere lanciato.
Ma veniamo
a Rigoletto , prima opera della cosiddetta “trilogia
popolare” di Verdi, Rigoletto supera i “numeri musicali
chiusi” del melodramma della prima metà dell’Ottocento con declamati, ariosi e
concertati (il terzo atto non è divisibile in “numeri” anche se a volte in
concerti il celebre ‘quartetto’ viene enucleato dal resto); ha un flusso
orchestrale continuo al cangiare delle atmosfere (ad esempio in tutto
secondo quadro del primo atto); e, soprattutto, ha personaggi con psicologie
scavate a fondo. Rigoletto è il grande reietto, sfigurato nel corpo, con
un’anima sincera e una seconda vita nascosta. Costretto a fare il compagno di
bagordi del Duca di Mantova, si accorge che costui gli ha sedotto la figlia,
Gilda. Assolda un killer per ucciderlo. Ma il pugnale trafigge la fanciulla.
Dramma, quindi, cupo in cui tutti si travestono, si mascherano, per tentare di
essere altro da sè. Nell’allestimento affidato a Leo Muscato (scene di
Federica Parolini, costumi di Silvia Aymonino) l’azione viene spostata
dalla Mantova rinascimentale ad un triste anche se peccaminoso principato
mittleuropeo d’inizio Novecento. Scarne le scene (in gran misura tende).
Interessanti i giochi di luce, specialmente nel terzo atto. Relativamente
giovani gli interpreti. Nella lettura di Muscato, il Duca despota libertino e
prepotente è afflitto da profonda solitudine che tenta di annegare in sesso e
droga; Rigoletto è la rappresentazione della tragedia della difformità ; da un
lato, buffone laido e malvagio (fa mandare Monterone a morte), da un altro,
padre amoroso e soprattutto fragilissimo; Gilda è l’unica innocente che,
travestista da uomo e si fa uccidere per amore e il suo sentimento, nascosto al
padre, la conduce al finale tragico. Mentre in altre produzioni, la grande
opera di Verdi è messa in scena come una tragedia degli equivoci, in questo
allestimento diventa una lettura espressionistica sull’identità dei ciascuno
dei tre protagonisti.
Ekaterina
Sadovnikova (Gilda) svetta con una bella coloratura dopo qualche
incertezza iniziale. Giovanni Meoni (Rigoletto), già ascoltato più volte nel
ruolo, eta in gran forma. Una vera scoperta Pietro Pretti dal timbro
chiarissimo
Grande
successo.
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