La porta della legge di Salvatore Sciarrino, premio una vita nella Musica 2014
23 - 10 - 2014Giuseppe
Pennisi 

La Fenice di Venezia, oltre ad essere la fondazioni lirica
italiana con il maggior numero di rappresentazioni l’anno (in quanto adotta il
sistema di semi-repertorio) è anche una delle poche che mette in scena lavori
contemporanei. Domani Venerdì 24 ottobre 2014 al Teatro Malibran
propone la prima rappresentazione italiana dell’opera in un atto di Salvatore Sciarrino La porta della legge,
basata su un libretto dello stesso compositore tratto dalla parabola Vor dem
Gesetz (Davanti alla legge) di Franz Kafka, e definita dall’autore «quasi un
monologo circolare».
L’opera, scritta su commissione delle Wuppertaler Bühnen, viene
presentata nell’allestimento prodotto dalla compagnia tedesca per la prima
assoluta, che ebbe luogo il 25 aprile 2009 all’Opernhaus di Wuppertal. La regia
è di Johannes
Weigand, le scene e i costumi di Jürgen Lier e
il video della scena terza di Jakob
Creutzburg. Tito
Ceccherini, che diresse l’opera a Mannheim nel 2009 e 2010,
dirigerà l’Orchestra del Teatro La Fenice e il piccolo cast formato dal
basso-baritono Ekkehard
Abele nel ruolo dell’uomo 1, dal basso Michael Tews
nel ruolo dell’usciere e dal controtenore Roland Schneider nel ruolo
dell’uomo 2.

Il giorno successivo, sabato 25 ottobre 2014 alle ore 12.00,
Salvatore Sciarrino sarà festeggiato nelle Sale Apollinee del Teatro La Fenice
con la consegna del Premio «Una
vita nella musica» 2014, fondato da Bruno Tosi e giunto
quest’anno alla sua ventisettesima edizione. Organizzato dalla Fondazione
Teatro La Fenice in collaborazione con l’Associazione culturale Artur Rubinstein
e coordinato da un comitato scientifico formato da Mario Messinis (presidente),
Oreste Bossini, Massimo Contiero, Andrea Estero, Giampaolo Minardi, Giorgio
Pestelli e Francesca Valente, il prestigioso riconoscimento veneziano è
dall’anno scorso associato al Premio speciale «Una vita nella musica –
Giovani», destinato a giovani artisti e studiosi che si siano distinti nella
loro attività professionale.
Accanto a Sciarrino, che già nel 1982 fu alla Fenice uno degli
organizzatori della rassegna «Opera Prima» dedicata ai giovani compositori
contemporanei, saranno così premiati il clarinettista Michele Marelli (che
insieme alla flautista Federica Lotti si esibirà in un breve programma
concertistico con musiche di Sciarrino e Stockhausen), il compositore Federico Gardella
e il musicologo
Emanuele d’Angelo, nel corso di una cerimonia che vedrà la
consegna a Salvatore Sciarrino di un piatto in vetro artistico di Murano con
decorazione in foglia d’oro e ai tre giovani premiati di tre premi in vetro
tutti offerti dal Consorzio Promovetro Murano.
A Salvatore Sciarrino verrà inoltre consegnata Foemina (1997),
un’opera in vetro soffiato e battuto di Lino Tagliapietra, artista muranese di
fama internazionale attualmente a Seattle per un ciclo di masterclass sull’arte
del vetro contemporaneo a Venezia e nel mondo. Il generoso dono del maestro
Tagliapietra è stato reso possibile grazie alla mediazione culturale della
dottoressa Francesca Valente, a nome del Comitato scientifico che da quest’anno
desidera associare il Premio a un oggetto artistico che celebri Venezia anche
sul piano dell’arte contemporanea.
Incorporato nel capitolo IX del romanzo incompiuto Il processo, il
racconto Davanti alla legge fu pubblicato autonomamente da Kafka nel 1915 nel
settimanale ebraico «Sebstwehr». In esso un anonimo «uomo di campagna» chiede a
un altrettanto anonimo guardiano di accedere alla legge, la cui porta è sempre
aperta. L’usciere nega il permesso, ma non esclude che l’uomo possa essere
ammesso in seguito, pur sottolineando l’improbabilità di un esito positivo.
L’uomo attende per anni davanti alla porta, inutilmente. Poco prima di morire
domanda come mai nessun altro sia venuto a chiedere di essere ammesso e
l’usciere risponde che quella porta era riservata a lui solo e ora, con la sua
morte, verrà richiusa.
Su questa scarna ed enigmatica trama Salvatore Sciarrino ha basato
La porta della legge, rappresentata per la prima volta il 25 aprile 2009
all’Opera di Wuppertal, che l’aveva commissionata, e ripresa poi nel luglio
2009 a Mannheim, nel luglio 2010 al Lincoln Center di New York, nel marzo 2012
a Bogotá, nel giugno 2012 a Ostrava e ora nell’ottobre 2014, in prima italiana,
a Venezia. Con un’allusione esplicita alla situazione politica italiana – testimoniata
dalla premessa alla partitura, in cui con insolita asprezza Sciarrino esplicita
l’attualità dell’opera – il compositore siciliano mette a nudo il potere
tirannico esercitato dalla burocrazia tanto nei regimi totalitari quanto nelle
democrazie in crisi, dove una cronica mancanza di comunicazione tra apparato di
potere autoreferenziale e cittadino incapace di uscire dall’isolamento cui è
condannato da un’irreparabile disgregazione sociale è causa di morte e
immobilità per l’individuo e per la società.
Foto Michael Hornschemeyer, Wuppertaler
Buhnen
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L’indifferenza del sistema politico di fronte ai bisogni della
comunità si rispecchia nella maniera in cui la vicenda dell’opera è raggelata nel
tempo, sintetizzata nel sottotitolo «quasi un monologo circolare». Se
apparentemente, nello scambio tra uomo e usciere, la narrazione ha una
struttura dialogica, le continue ripetizioni di frammenti di discorso, le
oniriche sonorità orchestrali e il fatto che l’uomo agisca e contemporaneamente
descriva le sue azioni la spostano verso una dimensione monologante («quasi un
monologo») di sofferenza psichica quasi patologica, come se l’uomo rivivesse in
punto di morte l’assurdità della sua storia.
L’aggettivo «circolare» allude invece all’intuizione drammaturgica
sciarriniana di ripetere per tre volte la stessa vicenda, con parole e musica
leggermente variate ma struttura analoga, dapprima (scena 1) con un «uomo 1»
impersonato da un baritono, poi (scena 2) con un «uomo 2» cantato da un
controtenore, e infine (scena 3) con i due uomini sincronizzati ma
inconsapevoli l’uno dell’altro, alle prese con lo stesso, inflessibile usciere.
Come cioè se quella scena potesse ripetersi all’infinito, con cittadini sempre
diversi e sempre impotenti di fronte all’assurdità di un potere fine a se
stesso.
L’inquietante spazio sonoro che contiene l’eloquio lacerato
dell’uomo e le risposte ironiche o distaccate dell’usciere, punteggiato da
impulsi ritmici di due pianoforti, due grancasse, campane, log drum, tam-tam e
marimbone, è suddiviso su tre livelli. Il primo costituisce un fondale sonoro
quasi impercettibile, affidato ai respiri, raschiamenti, fruscii di flauti,
ottoni, archi sul legno della cassa, lastra d’acciaio; il secondo contiene
interiezioni più aggressive, spesso collegate al personaggio dell’usciere:
suoni multipli dei legni, frullati degli ottoni, glissandi d’armonici naturali
degli archi; il terzo, in primo piano, propone frammenti melodici della viola
sola, del flauto solo, del violoncello solo o del clarinetto contrabbasso, che
contrappuntano e commentano il dialogo dei protagonisti.



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