Ravel raddoppia per il palco romano
In severe ambasce finanziarie e agitazioni sindacali,
il Teatro dell'Opera di Roma presenta fino al 5 febbraio ildittico L'heure
espagnole e L'enfant et les sortilèges di Maurice Ravel, in coproduzione con il
Festival di Glyndebourne. Anche se negli ultimi anni le due opere sono messe in
scena a Palermo, ad Ancona, e a Verona, mancavano nella capitale da diversi
decenni tanto che possono essere considerate una novità per Roma.
Vengono proposte nel migliore dei modi: la produzione segna il debutto
romano del regista Laurent Pelly, nome di prestigio sulla scena internazionale,
e il ritorno di Charles Dutuit, una delle migliori bacchette francesi.
Affascinanti le scene e divertenti i costumi degli animali e degli oggetti (che
si animano e diventano protagonisti). Buono l'adattamento dal palcoscenico
relativamente piccolo di Glyndebourne a quello, molto più grande, del teatro
lirico romano. Il dittico, scritto negli anni della prima guerra mondiale (a
cui Ravel partecipò da volontario), accosta un'ironica farsa musicale, ossia
L'heure espagnole, a un surreale racconto di Collette, L'enfant et les
sortilèges, sull'infanzia, l'innocenza e l'immaginazione. I due lavori
esorcizzano le sofferenze della guerra esaltando, la prima l'eros (nei suoi
aspetti più buffi) e il secondo la fantasia dei bambini (nei suoi lati più sognatori).
Di livello il cast, quasi interamente di madrelingua francese (essenziale per i
delicati impasti tra parole e musica). Uno spettacolo di grande raffinatezza
alla prova, dopo la prima il cui pubblico è composto in gran misura da
abbonati, con il riscontro della biglietteria alle) repliche. (riproduzione
riservata)
di Giuseppe Pennisi
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