I fuochi di Strauss secondo Emma Dante
Il 18 gennaio la stagione lirica del Teatro Massimo di Palermo è stata
inaugurata con un’opera poco nota in Italia: “Feursnot” di Richard Strauss. A
interpretare l’opera, la regia niente affatto urlata di Emma Dante.
Scritto da
Giuseppe Pennisi | mercoledì,
22 gennaio 2014 ·
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Richard Strauss, Feursnot, Teatro Massimo, Palermo
2014 – regia di Emma Dante – photo Studio Camera/Franco Lannino
Dopo l’insuccesso del dramma post-wagneriano
Guntram (presentato nel
2005 in prima italiana a Catania), fu il poeta Ernst von Wollzogen, uno dei più
colti e raffinati dell’epoca, a convincere
Richard Strauss a tornare al
teatro. Cambiando però strada: dal dramma alla commedia.
La prima del
Feursnot, a Dresda, ebbe luogo nel novembre 1902. In
Germania l’opera (un “poema cantato in un atto”) è sempre stata in repertorio,
spesso in spettacoli in cui dopo un’ora e mezza di commedia lirica agli
spettatori vengono offerte le discesi agli abissi psicopatici di
Salomè
(1904). Nel nostro Paese la si è vista alla Scala nel 1912 e a Genova nel 1938
in versione ritmica italiana. È stata poi eseguita in versione di concerto in
lingua originale nel 1973 alla Rai, con Peter Maag alla bacchetta.
Feursnot
ha avuto un certo successo negli Usa (dove ha trionfato al Festival di
Santa Fe nel 1988); si è vista sovente a Filadelfia e a New York negli Anni
Trenta, nelle “stagioni” in lingua tedesca, ma è stata ripresa alla Manhattan
School of Music solo nel 1985 (non sono mancate, nel frattempo, edizioni in
teatri universitari). A Palermo, in effetti, ha luogo una prima italiana in
tempi moderni.
Richard Strauss, Feursnot, Teatro Massimo, Palermo
2014 – regia di Emma Dante – photo Studio Camera/Franco Lannino
Cosa spiega questo oblio? In primo luogo: il testo è un linguaggio così
curato che è arduo tradurlo. Non per nulla, negli Usa la ripresa dell’opera ha
coinciso con la diffusione dei sovratitoli. Il titolo stesso
Feursnot
è stato tradotto nelle versioni italiane
I fuochi di San Giovanni
mentre la traduzione letterale è “
I fuochi spenti” o meglio “
I fuochi
che si spengono”. Si ricollega alla tradizione di Monaco di Baviera, nella
notte di San Giovanni, di accendere fuochi attorno ai quali scherzare, danzare
e intrecciare flirt; il protagonista (un giovane mago), preso in giro dalla
ragazza di cui si è innamorato (lei lo lascia a penzolare in una cesta dopo
averlo invitato a salire sul suo balcone), li fa spegnere e tutta la città
chiede alla giovane di farlo arrivare al terrazzino (e sotto le lenzuola della
donzella) in modo che i fuochi vengano riaccesi e la festa continui.
Strauss nacque a Monaco nel 1864, ma i bavaresi non compresero il suo stile,
costringendolo in effetti a emigrare in Sassonia. Per tutta la sua vita ebbe le
Alpi bavaresi come suo luogo di vacanza e nell’autunno 1942 presentò, a 78
anni,
Capriccio al National Theater della capitale della Baviera. Ma
considerò i suoi conterranei come “meridionali” gretti, bigotti e pieni di
pregiudizi piccolo borghesi.
Richard Strauss, Feursnot, Teatro Massimo, Palermo
2014 – regia di Emma Dante – photo Studio Camera/Franco Lannino
Questi aspetti (che possono sembrare spicciola erudizione) spiegano la
decisione di
Emma Dante e della sua squadra (Carmine Maringolla, Vanessa
Sannino, Cristian Zucaro) di spostare l’azione dal Medio Evo della Baviera in
una città marina mediterranea Anni Cinquanta, come dimostrato ad esempio dai
costumi (soprattutto dai “due pezzi” per andare al mare). È una scelta
intelligente: ci porta in una Sicilia quale raffigurata da Michelangelo
Antonioni in
L’Avventura. Inoltre, pur provenendo dal teatro di
avanguardia (Strauss si considerava un alfiere della tradizione wagneriana), in
questa regia Emma Dante non introduce alcun elemento per
épater les
bourgeois o per lanciare messaggi politici o soltanto provocazioni
.
Anzi, la notte di eros (con cui si conclude il lavoro e che venne
considerata scabrosa dall’Imperatrice tedesca) viene appena evocata (in
orchestra) e sfocia in nozze con tanto di abito bianco da sposa (non previste
nel libretto).
C’è un altro aspetto importante: a 22 e a 29 anni Strauss aveva compiuto due
viaggi in Italia – il secondo quasi interamente in Sicilia – che restarono
nella sua memoria come il ricordo di una giovinezza allegra. Occorre ammettere
che la drammaturgia e la regia non colgono questo aspetto, importante perché
quando Strauss lavorò a
Feursnot era un quarentenne sposato con la
gelosissima Pauline. Nella Sicilia Anni Cinquanta, Emma Dante avrebbe potuto trovare
spunti molto divertenti. Anche se alcuni punti della regia non sono del tutto
originali (le danze in gonne arancione-fuoco vengono dal
Ring proposto
da Gustav Kuhn a Erl nel 2004 e 2005 e che verrà ripreso il prossimo luglio),
lo spettacolo nel complesso funziona.
Richard Strauss, Feursnot, Teatro Massimo, Palermo
2014 – regia di Emma Dante – photo Studio Camera/Franco Lannino
Emma Dante sa muovere bene le masse, ma il palcoscenico (200 persone tra
solisti, cori, attori, giocolieri) è a tratti troppo affollato, in discrasia
con una partitura che è essenzialmente un lungo poema sinfonico con voci (16
solisti, due cori). Quindi, una struttura musicale molto delicata.
Giuseppe Pennisi
www.teatromassimo.it
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