A Roma torna Controtempo. Un festival per toccare con mano le nuove
tendenze della musica strumentale. Gioello della ricerca sonora contemporanea,
da cinque anni a Villa Medici
Quatuor Diotima – Molina visuals
A qualcuno piace chiamarlo Contretemps, con
la dizione con cui iniziò cinque anni fa. Nato da un’idea di Patrice Chéreau
e Richard Peduzzi (quest’ultimo per cinque anni direttore della sede
dell’Académie de France a Villa Medici), l’evento aveva l’ambizione di mettere
a confronto il ‘nuovo del nuovo’ della musica contemporanea strumentale, nei
saloni più belli della villa sul Pincio. La scommessa ebbe successo, nonostante
il momento di passaggio che vedeva Peduzzi al termine del suo incarico
istituzionale. Ora, Controtempo (nuova deminazione, nella
lingua del Paese ospitante), giunge alla quinta edizione e si conferma come un
esempio tra i più importanti di quella collaborazione interistituzionale
essenziale per la sopravvivenza stessa della musica dal vivo, e in particolare
della musica contemporanea.
Il festival si svolge dal primo al 15 febbraio, quasi in parallelo con la serie ‘contemporanea’ all’Accademia di Santa Cecilia – il concerto di Marcello Panni con musica propria e di Luciano Berio – ma in collaborazione con l’Accademia Filarmonica Romana e l’Auditorium Parco della Musica. Come partner figura il Gmem (Groupe de Musique Expérimental de Marseille), che anche quest’anno segue la parte elettronica dei concerti, mentre il nome si associa alla Wigmore Hall, all’Auditorium du Louvre, alla Philarmonie du Luxembourg e al Festival di Aix-en-Provence per i lavori commissionati a Bruno Mantovani e a Laurent Durupt. In due settimane, quindi, si ha modo di esplorare le ultime tendenze della musica contemporanea, senza precludersi incursioni in un passato che viene riattualizzato. Naturalmente, dato che il tutto si svolge nel grand salon, si tratta soprattutto di musica da camera. Quest’anno il tema è Nel quartetto d’archi: i quattro strumenti – violino I e II, viola e violoncello – simili e complementari, si combinano in modo da diventare un unico “strumento” a 16 corde. Tutte le sfaccettature della musica contemporanea possono essere messe in gioco in un quartetto d’archi: le relazioni con il repertorio, la frammentazione, le possibilità di ripensare la forma.
Il festival si svolge dal primo al 15 febbraio, quasi in parallelo con la serie ‘contemporanea’ all’Accademia di Santa Cecilia – il concerto di Marcello Panni con musica propria e di Luciano Berio – ma in collaborazione con l’Accademia Filarmonica Romana e l’Auditorium Parco della Musica. Come partner figura il Gmem (Groupe de Musique Expérimental de Marseille), che anche quest’anno segue la parte elettronica dei concerti, mentre il nome si associa alla Wigmore Hall, all’Auditorium du Louvre, alla Philarmonie du Luxembourg e al Festival di Aix-en-Provence per i lavori commissionati a Bruno Mantovani e a Laurent Durupt. In due settimane, quindi, si ha modo di esplorare le ultime tendenze della musica contemporanea, senza precludersi incursioni in un passato che viene riattualizzato. Naturalmente, dato che il tutto si svolge nel grand salon, si tratta soprattutto di musica da camera. Quest’anno il tema è Nel quartetto d’archi: i quattro strumenti – violino I e II, viola e violoncello – simili e complementari, si combinano in modo da diventare un unico “strumento” a 16 corde. Tutte le sfaccettature della musica contemporanea possono essere messe in gioco in un quartetto d’archi: le relazioni con il repertorio, la frammentazione, le possibilità di ripensare la forma.
- Giuseppe Pennisi
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