giovedì 30 gennaio 2014

Faustus, Wagner e Thomas Mann in Formiche 30 gennaio




Faustus, Wagner e Thomas Mann
30 - 01 - 2014Giuseppe Pennisi Faustus, Wagner e Thomas Mann
Devo ammettere di non avere mai particolarmente amato il Doctor Faustus di Thomas Mann non solo per la sua prolissità e per il suo malcelato autobiografismo ma per due ragioni specifiche. In primo luogo, il nesso tra il nazismo e la musica di Wagner; come ho spiegato altrove, a mio avviso, il nazismo non ha compreso nulla di Wagner, pur se si è appropriato di alcuni suoi aspetti superficiali: come ben individuato da Adorno, in Wagner, e nella sua trasparenza, c’è, soprattutto in Die Meistersinger ma anche nel Ring ed in molte altre opere, l’essenza della civiltà occidentale e della sua tolleranza, nonché una fortissima sensualità assolutamente eterosessuale. A mio parere, le più pregnanti opere letterarie ispirate a Wagner sono due romanzi di Gabriele D’Annunzio: Il Fuoco ed il Trionfo della Morte, due romanzi scritti e pubblicati ben prima de “la grande guerra” quando fascismo e nazismo erano, al più, nella mente degli dei.
In secondo luogo, il mito di Faustus, più volte messo in musica (mettere secondo link), ha un carattere universale che – come appropriate rilevato in un saggio di Guido Carli – per certi aspetti si adisce quasi più a certo dualismo o doppiogiochismo dell’animo italico che allo stereotipo della cultura tedesca.
Fatta questa premessa, mi approccio, con umiltà, al saggio di Sara Zurletti Le Dodici Note del Diavolo – Ideologia, struttura e musica nel Doctor Faustus di Thomas Mann (Bibliopolis, Napoli) Con umiltà poiché non ho una formazione formale in musica e musicologia anche se sono appassionato ascoltatore dall’età di dodici anni, soprattutto di opera lirica, ed ho sempre avuto una predilezione per la musica mittle-europea e tedesca. Il lavoro analizza con cura, con ricchi riferimenti bibliografici l’ideologia sottostante il romanzo autobiografico di Mann, il metodo del montaggio delle sue varie parti (ed il contributo di Adorno), i nessi tra nomi, luoghi, personaggi e composizioni per ricavare la “struttura nascosta” o implicita di Doctor Faustus.
La progressiva rivelazione della “struttura nascosta” aiuta a vedere il romanzo come “l’epitome del destino tedesco”: il medioevo persistente nelle strutture delle città, la “tentazione dionisiaca” dell’artista tedesco, la difficoltà di raggiungere “l’apollinea disciplina borghese”, “la dialettica storica del patto con il diavolo”. E’ una lettura senza dubbio interessante ma da contestualizzare nell’epoca storica, e socio-politica, in cui Mann scrisse il romanzo.
La Germania di oggi (anzi sin dal mio primo soggiorno a Francoforte nell’ormai lontano 1967) ha, a mio avviso, abbandonato ogni tentazione medioevaleggiante, mira nell’urbanista delle sue città ricostruite ad essere simile soprattutto agli Stati Uniti, ha anche una “culture” molto anglosassone ed ha voltato le spalle a quelle che Guido Carli chiamava Le Due Anime di Faust, una rivolta alla modernizzazione sempre più spinta ed una invece agganciata al passato.
In effetto, per un profano come me, la parte più nuova e più interessante del libro e l’analisi dell’approdo, partendo da Wagner, alla “seconda scuola di Vienna”, ossia alla dodecafonia, un caposaldo del “Novecento storico”. In questo senso, l’attenta ricerca di Sara Zurletti , anche se sviluppata con intenti e rigore, accademico, si presta alla lettura di quelle che un tempo si consideravano , o volevano essere considerate, ‘persone colte’ desiderose di approfondire i nessi tra musica e politica in un periodo particolarmente complesso per la Germania, e per l’Europa.

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