OPERA/ Con i "Fuochi" di Richard Strauss Palermo rilancia il Massimo
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Il Feuersnot
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Due dei maggiori teatri lirici siciliani (il magnifico Massimo Bellini di
Catania ed il grandioso Vittorio Emanuele di Messina) sono chiusi, non
hanno una ‘ stagione’ programmata nel 2015, hanno congedato il personale
professionale e nessuno sa se e quando riapriranno per spettacoli , anche se a
Catania sono in calendario alcuni concerti. Il Teatro Massimo di Palermo
(ancora commissariato) mostra tutti i segni di una nuova primavera che
includerebbe (come nel 1963) anche festival di musica contemporanea , quasi in
concorrenza con Venezia.
La stagione 2015 è stata inaugurata la sera del 18 gennaio
con teatro stracolmo numerosi critici anche stranieri ed una ‘prima’
d’eccezione, il Feuersnot di Richard Strauss. E’ il secondo lavoro per il
teatro in musica del compositore. Il primo, un dramma medioevale
post-wagneriano Guntram (presentato nel 2005 in prima italiana a Catania) era
stato un insuccesso. Fu il poeta Ernst von Wollzogen, uno dei più colti e
raffinati dell’epoca, a convincerlo a tornare a comporre per la scena con
questo ‘ poema cantato in un atto’ di circa un’ora e mezzo. In Germania viene
spesso abbinato a Salome , che dura un’ora ed un quarto. In Germania, l’opera
(un atto unico di un’ora e mezza) è sempre stata in repertorio. In Italia la si
è vista alla Scala nel 1912 ed a Genova nel 1938 (con Strauss sul podio);
in ambedue i casi in versione ritmica italiana. E’ stata , poi, eseguita in
versione di concerto in lingua originale nel 1973 alla Rai, con Peter Maag alla
bacchetta. Feuersnot si vede ed ascolta anche negli Usa (dove ha
trionfato al Festival di Santa Fe nel 1988). Le tre edizioni discografiche in
commercio dimostrano che ha interessato bacchette come Rodulf Kempe, Joseph
Kleibert e Heinz Frick , segno di una partitura più che rispettabile che a
Palermo, in effetti, è stata presentata in prima italiana in tempi
moderni.
Feuersnot è stato tradotto nelle versioni italiane I fuochi di San
Giovanni mentre la traduzione letterale è “I fuochi spenti” o meglio “I fuochi
che si spengono”. Si ricollega alla tradizione di Monaco di Baviera, nella
notte di San Giovanni, di accendere fuochi attorno ai quali scherzare, danzare
ed intrecciare flirt;il protagonista (un giovane mago), preso in giro dalla
ragazza di cui si è innamorato (lei lo lascia a penzolare in una cesta dopo
averlo invitato a salire sul suo balcone), li fa spegnere e tutta la città
chiede alla giovane di farlo arrivare al terrazzino in modo che i fuochi
vengano riaccesi, la festa continui e la giovane coppia vada a nozze- Benché
nato e cresciuto proprio a Monaco, Strauss si considerava un
‘settentrionale’ (anche in quanto in Baviera i suoi inizi non erano stati
facili ed il compositore che più ammirava, Wagner, proprio lì, ne aveva viste,
e patite, di tutti i colori). Quindi, testo e musica sono pieni di ironia nei
confronti dei “meridionali” (quelli della Germania del Sud), difficilmente
apprezzabili in Italia. A Palermo, mentre il cast vocale è quasi interamente
tedesco, la regia è affidata a Emma Dante e la direzione musicale a Gabriele
Ferro, due siciliani puro sangue.
Altrove (su Artribune) tratto della drammaturgia e regia di Emma
Dante e della sua squadra. Quì mi soffermo sulla parte strettamente musicale.
In primo luogo, Ferro ha ben fatto a considerare Feuersnot non come un abbozzo
immaturo di frutti futuri, ma come una commedia in musica nella tradizione di
Lortzing e Marschner (ossia il primo romanticismo tedesco).
Da un lato, la partitura guarda all’unica commedia di Wagner
(Meistersinger) ma ha anche citazioni dal Ring . Da un altro , è sotto
l’influenza di compositori contemporanei al lavoro come Mahler ed anche
Bruckner. Da un altro ancora infine i valzer, le filastrocche, la
voce baritonale del protagonista maschile e quella di soprano “assoluto” per la
protagonista femminile sono presagi di Der Rosenkavalier del 1911. Tutto ciò è
immerso in uno stile molto decorativo che diviene l’essenza dell’opera, con
scherzi, divagazioni, deliziosi quartetti e terzetti per voci femminile, ruoli
difficilissimi per i due protagonisti (specialmente per il baritono),
mutuazioni della musica popolare. Gabriele Ferro ha gestito benissimo
questa complessa (ma delicata) costruzione musicale e tenuto bene l’equilibrio
con un palcoscenico affollatissimo ed in continuo movimento (circa duecento
persone in scena). Tra le voci eccelle Nicole Beller Carbone, un vero ‘soprano
assoluto’ straussiano. Dietrich Henschel, il giovane mago innamorato, ha
un ruolo impervio che richiederebbe una maggiore estensione verso il registro
acuto di quanto mostrato la sera della prima. . Buoni i numerosi
comprimari, specialmente il terzetto di fanciulle (Christine Knorren, Chiara
Fracasso, e Anna Maria Sarra) che contrappuntano la protagonista. Ottimi i
cori, in particolare quello di voci bianche, tanti bambini meravigliosamente
guidati da Salvatore Punturo a recitar cantando senza sbavature in un tedesco
in versi.
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