venerdì 10 gennaio 2014
Pongo Parsifal tra le opere più apertamente cristiane di un Wagner settantenne
che sin dai suoi primi lavori ha trattato della lotta tra Bene ed il Male
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La prima più attesa dell' anno
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Giuseppe Pennisi
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Il 14 gennaio, a cento anni esatti della prima rappresentazione italiana,
la stagione 2014-13 del Teatro Comunale di Bologna viene inaugurata con un
allestimento di Romeo Castellucci (e la drammaturgia di Piersandra Di
Pietro). È noto che Bologna viene considerata la città wagneriana per
eccellenza non solo perché fu la prima a mettere in scena un lavoro di Wagner
(Lohengrin il primo novembre 1871; Verdi era in un palco, Boito in poltrona;
si incontrarono, per la prima volta nella vita alla stazione della città
felsinea dove attendevano i treni rispettivamente per Parma e per Milano ).
Il primo gennaio 1914 il Teatro Comunale anticipò lo spettacolo all’ora di
pranzo per poterlo dare prima di altri teatri italiani in quanto era scaduto
il divieto posto da Wagner (il lavoro stato già messo in scena al
Metropolitan, in quanto gli Stati Uniti non avevano aderito alla convenzione
internazionale sui diritti d’autore). Castellucci viene dall’avanguardia;
quando il suo allestimento ha debuttato a Bruxelles ha fatto scalpore. In un
saggio pubblicato un anno fa, pongo Parsifal tra le opere più apertamente
cristiane di un Wagner settantenne che sin dai suoi primi lavori ha trattato
della lotta tra Bene ed il Male. In Parsifal siamo nel cuore del mondo del
Graal (la coppa dove venne raccolto il sangue di Cristo sulla Croce) venerata
e protetta da un ordine di cavalieri puri. Il peccato è più che mai in
agguato – Kundry, donna bellissima e sempre giovane, ha riso sul volto di
Cristo sul Golgota ed è stata “condannata a non morire” sino a quando non
verrà “redenta”, Klingsor si è auto castrato perché non poteva resistere alla
tentazione carnale (un requisito per essere cavaliere del Graal) ed ora,
minaccia il Tempio, ha ferito l’erede al Regno del Graal, Amfortas, con
piaghe che progressivamente impediscono a quest’ultimo di celebrare
l’Eucarestia; può essere vinto unicamente da un “puro folle”, per l’appunto
l’innocente e selvatico Parsifal, che necessita una lunga iniziazione per
“diventare sapiente tramite la pietà” e comprendere il mistero
dell’Eucarestia, distruggere il Castello di Klingsor, purificare Kundry (e
consentirle di morire serenamente) e Amfortas, prendendone il posto sia nella
celebrazione dell’Eucarestia, sia nella guida del Regno del Graal. La
conclusione è, però, “aperta”, forte segno di appartenere alla cultura
occidentale (nonostante il lavoro abbia venature buddiste): i Cavalieri del
Graal, i loro paggi, i protagonisti ed una voce dell’alto invocano Erlösung
dem Erlôser! (Redenzione al Redentore!), una visione quasi più buddista che
cristiana, secondo cui il Redentore deve essere continuamente lui stesso
“redento” dall’umanità. In Parsifal, infine, il contrasto tra il mondo pagano
del peccato e quello cristiano della purificazione e della redenzione è
accentuato in quanto, sotto il profilo musicale, il mondo del Graal è
diatonico come quello dei Die Meistersinger, mentre quello di Klingsor e di
Kundry (nei primi due atti) è cromatico come in Tristan und Isolde. Per Romeo
Castellucci, Parsifal è un lavoro enigmatico. Con questa opera, scritta alla
fine della sua vita e rappresentata per la prima volta al Festspielhaus di
Bayreuth il 26 luglio del 1882, Wagner sembra celebrare un ascetismo che lui
stesso non aveva mai praticato. Avrebbe allora ragione Nietzsche quando afferma
che Wagner si inginocchiò davanti al Crocifisso? E cosa c’entrerebbe una
società segreta di cavalieri riunita attorno alla pura venerazione del
sangue, nell’attesa incessante di un Salvatore che dovrà rigenerarlo? Quale
sarebbe la vera natura dell’opposizione esistente tra le parole Klingsor e
Graal? Cosa può rivelare, ancora oggi, la leggenda di Parsifal? In questa
opera che rappresenta il suo testamento artistico, Wagner condensa la sua
idea etica del mondo e ritorna alle radici dell’amore e della religione – al
cuore stesso dell’arte. Risponderemo a questi interrogativi a Bologna.
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giovedì 9 gennaio 2014
La prima più attesa dell' anno in Quotidiano Arte del 10 gennaio
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