Abbado il rivoluzionario
È mancato Claudio Abbado, il nostro più celebre direttore d’orchestra.
Recentemente nominato senatore a vita, ha diretto le più importanti istituzioni
della lirica in tutto il mondo. Qui il ricordo del nostro Giuseppe Pennisi.
Scritto da
Giuseppe Pennisi
| lunedì, 20 gennaio 2014 ·
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Claudio Abbado
Claudio Abbado non è più con noi. Nel 1976 si celebrava il
bicentenario della
Dichiarazione d’Indipendenza statunitense e i
maggiore teatri d’opera portavano, ciascuno per due settimane, il meglio della
loro produzione nella capitale americana. Ero allora dirigente della Banca
Mondiale e per ascoltare a Washington il “suo”
Simon Boccanegra volai da
Nairobi (dopo una giornata di intensi negoziati) a Roma e da lì al Dulles
Airport in tempo per indossare lo smoking
di prammatica e correre
all’Opera House del Kennedy Center. Dopo circa 48 ore senza sonno, uscii
emozionato e riposato. Questo è uno dei miei ricordi più forti di Abbado dal
vivo. L’altro è il concerto straordinario a Jesi il 5 giugno 2009 per iniziare
le “celebrazioni pergolesiane” con la
Messa Sant’Emidio per soprano,
contralto, due cori e due orchestre, il salmo
Laudate pueri, il
Salve
Regina per contralto e un’aria dal
San Guglielmo Duca d’Aquitania.
Due eventi molto differenti, a trentatré anni di distanza l’uno dall’altro. Nel
primo, Abbado, in piena maturità ma ancora giovane, faceva scoprire al mondo
una partitura meravigliosa ma poco eseguita oltreoceano. Nel secondo, già
malato, pregava all’Alto con le note scritte da un compositore la cui avventura
umana si era conclusa a soli 26 anni. Ambedue commoventi.
Claudio Abbado
Per questo li rievoco alla notizia della sua morte a Bologna. Malato da
tempo, aveva ottant’anni. Nato a Milano il 26 giugno 1933 e figlio di un
insegnante di violino, nel 1955 si era diplomato in pianoforte e direzione
d’orchestra presso il Conservatorio di Milano. Il primo grande riconoscimento
arrivò già nel 1958, quando conquistò il primo posto al concorso Koussevitsky a
Tanglewood, nel Massachussets: grazie a quel premio debuttò negli Stati Uniti
con la New York Philarmonic. L’anno dopo debuttò a Trieste come direttore
sinfonico, mentre l’esordio alla Scala arrivò nel 1960. Aveva impugnato la
bacchetta per la prima volta a sette anni, quando si arrampicò fino al
loggione per vedere i gesti del direttore d’orchestra Antonio Guarnieri.
Nel 1963 si aggiudicò il premio Mitropoulos della New York Philarmonic e fu
invitato da Herbert von Karajan a dirigere i Wiener Philharmoniker al Festival
di Salisburgo. Nel 1968 il debutto al Covent Garden di Londra e quello alla
Metropolitan Opera House di New York. Nel periodo della sua direzione musicale
alla Scala, durata fino al 1986, Abbado contribuì a un profondo rinnovamento
nella programmazione e nelle scelte artistiche del teatro milanese, sganciandosi
da una logica puramente filologica e recuperando autori e opere per lungo tempo
dimenticati. Queste sue idee, lontane dalle tradizionali logiche dell’ambiente,
lo resero oggetto di aspre critiche, senza però scalfire le sue convinzioni
politico-sociali.
Claudio Abbado
Sempre sotto la sua direzione, nel 1972 furono inaugurati i Concerti per
studenti e lavoratori, testimonianza della profonda volontà di Abbado di
avvicinare alla lirica e alla classica anche le classi meno abbienti. Nel 1971
divenne direttore principale del Wiener Philharmoniker, mentre dal 1979 al 1987
fu direttore musicale della London Symphony Orchestra. La sua avventura
artistica è proseguita poi alla Staatsoper di Vienna (dal 1986 al 1991), mentre
dal 1989 al 2002 ha diretto i Berliner Philharmoniker. Alla fine del suo ultimo
concerto con i Berliner, il pubblico lanciò quattromila fiori e lo salutò con
trenta minuti di applausi. Dal 2004 è stato direttore musicale e artistico
dell’Orchestra Mozart di Bologna. Il 30 agosto del 2013 era stato nominato
senatore a vita dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, insieme a
Renzo Piano, Elena Cattaneo e Carlo Rubbia, come “
personalità da
considerarsi portatrici di curricula e di doti davvero eccezionali, come
attesta il prestigio mondiale di cui sono circondati“.
Tra i nuovi senatori a vita, anche se malato, era il più rivoluzionario. Lo era
stato sin da ragazzo e aveva rivoluzionato il modo di dirigere un’orchestra e
dare la propria impronta al teatro lirico ancora considerato, grazie al suo
apporto, tra i maggiori del mondo.
Giuseppe Pennisi
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