“Valore cultura”, gli scenari possibili
Politiche culturali • Il subbuglio della vita politica italiana di questo periodo potrebbe verosimilmente far slittare la conversione in legge del Decreto firmato dal ministro Massimo Bray
GIUNTI A QUESTO PUNTO
DELLA VITA POLITICA ITALIANA è molto difficile che alla Camera dei Deputati il
testo del decreto “Valore cultura” venga approvato dalla Commissione pertinente
in sede legislativa entro l’8 ottobre. In questi giorni il Parlamento è
travagliato da problemi ben differenti, incluso un probabile voto di fiducia,
nonché da possibili tensioni sui mercati finanziari. Inoltre l’autorizzazione
di via libera, in modo che la Commissione deliberi in sede legislativa (o
deliberante), può essere solo proposta dal Presidente della Camera e viene
accolta nel momento in cui nessun deputato chiede di sottoporla al voto
dell’assemblea. Oltre ai limiti stabiliti per materia (riserva di legge), ci
sono limiti procedurali: il Governo o un decimo dei componenti di ciascuna
Camera (articolo 72 della Costituzione) o un quinto della stessa commissione,
possono infatti esercitare la “Richiesta di rimessione all’Assemblea”. Si
tratta, comunque, di una via ormai molto raramente utilizzata, perché, con
l’avvento del bipolarismo (ed ora tripolarismo) l’opposizione di turno
impedisce regolarmente di ricorrervi.
Se il Governo Letta restasse in carica pur solo
per l’ordinaria amministrazione potrebbe reiterare il decreto, che inizierebbe
un nuovo iter parlamentare di 60 giorni. Il nuovo decreto potrebbe recepire o
meno alcune delle critiche nei confronti del testo attuale; tali critiche hanno
già portato ad un clamoroso sciopero al San Carlo di Napoli per un concerto
dove era atteso il Capo dello Stato, ad una lettera di alcuni Sovrintendenti e
ad altre manifestazioni di protesta.
Se nascesse un nuovo Esecutivo, pur sempre
presieduto da Enrico Letta, potrebbe cambiare il titolare del dicastero ed il
nuovo Ministro potrebbe avere idee differenti dal suo predecessore.
Se si andasse a scioglimento delle Camere ad
elezioni, passeranno diversi mesi prima di un nuovo decreto.
Nel contempo è quanto mai difficile che gli
istituti di credito diano nuovi o più ampi fidi ad istituzioni culturali in
difficoltà, le quali potrebbero essere costrette a iniziare procedure di
liquidazione. Il sito del Mibac mostra che il dicastero è stracolmo di
avanzi di amministrazioni e residui (in oltre 200 contabilità speciali) e non
ha attuato le misure decretate nel giugno 2009 su proposta unanime del
Consiglio Superiore per i Beni Culturali. In parole povere, le risorse ci sono
ma non possono essere utilizzate.
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