mercoledì 25 settembre 2013

“Curlew River”, tra Medio Evo e teatro giapponese in QuotidianoArte del 26 settembre



“Curlew River”, tra Medio Evo e teatro giapponese

Foto Adriano Scognalllo Giuseppe
Foto Adriano Scognalllo Giuseppe

XX e XXI   È andata in scena a Perugia all’interno della Sagra Musica Umbra la prima delle tre parabole da chiesa di Benjamin Britten con la direzione di Jonathan Webb


di Giuseppe Pennisi

ALLA SAGRA MUSICALE UMBRA – il più antico dei festival musicali italiani – non potevano mancare Britten e Wagner in occasione del centenario della nascita del primo e del bicentenario di quella del secondo. La Sagra è – come è noto – dedicata alla spiritualità nelle sue declinazioni musicali e quest’anno ha come tema la Trasfigurazione, presente sotto diverse forme in numerosi lavori di Britten e di Wagner. Raramente la Sagra ha messo in scena opere in musica. Questa edizione in particolare ha avuto (come molte altre manifestazioni musicali italiane) riduzioni di stanziamenti pubblici. Wagner è stato presente nel concerto iniziale della Prague Philharmonie diretta da Jiŕi Bĕlohlávek al Teatro Morlacchi il 15 settembre (dove sono stati eseguiti estratti della Valchiria e da Il Crepuscolo degli Dei) e nel concerto del 21 settembre al Teatro Cucinelli di Solomeo dove sono state eseguite trascrizioni per pianoforte a quattro mani e per due pianoforti da Parsifal e da Valchiria.
A Britten è stata dedicata, il 22 settembre, nella chiesa templare di San Bevignate, l’allestimento scenico curato da Marco Lupi della sua parabola da chiesa Curlew River, fusione della sacra rappresentazione medioevale con la stilizzazione simbolista del teatro Nō giapponese, nell’intensità narrativa ed emozionale del dolore di una madre trasfigurato nella Fede. Curlew River ebbe alla Sagra Musicale Umbra la sua prima esecuzione italiana nel 1965, curata da Britten in persona e dal suo English Opera Group, ad appena un anno dalla prima mondiale al Festival di Aldeburgh. Anche allora, come prescritto dall’autore, la rappresentazione avvenne in una chiesa, quella di San Filippo Neri.
«Fu a Tokio nel gennaio 1956 – racconta lo stesso Britten – che vidi per la prima volta uno spettacolo di teatro Nō; ed ebbi, durante il mio breve soggiorno, tanta fortuna da vedere due diverse rappresentazioni di uno stesso spettacolo: Sumidagawa, il fiume Sumida che attraversa Tokio. Nell’insieme, mi fecero una enorme impressione la linearità e il patetismo della storia, la sobrietà dello stile, il lentissimo ritmo dell’azione, la straordinaria abilità e la padronanza degli attori, la bellezza dei costumi, nonché quella fusione tra recitazione, parola, canto e parte strumentale capace di dar vita a una strana musica. Fu in altre parole una esperienza “operistica” totalmente nuova. Il ricordo di questo spettacolo rimase impresso nella mia mente, per gli anni che seguirono… Forse che il dramma religioso medievale inglese non avrebbe avuto di analoga la messa in scena, o di analogo il complesso maschile di attori (gli stessi ecclesiastici), il sobrio e austero allestimento scenico in una chiesa, il ridotto accompagnamento strumentale e l’esemplarità morale della vicenda? Fu così che da Sumidagawa ci siamo trasferiti a Curlew River e in una chiesa nelle Fens (la zona delle paludi del Cambridgeshire e del Lincolnshire), ma lasciando intatto il racconto e i caratteristici personaggi». La scarna vicenda mostra un gruppo di fedeli che devono attraversare un ponte sul Fiume del Chiurlo per giungere al tempio e pregare sulla tomba di un ragazzo sconosciuto ma oggetto di venerazione. Fra loro c’è una donna impazzita perché ha perso il figlio, abbandonato ammalato proprio sulla riva di quel fiume. La donna riacquista la sanità mentale e la pace quando il traghettatore le dice che rivedrà il fanciullo in Cielo, quando tutti saranno risorti. Come nel teatro Nō, tutti i ruoli sono affidati a voci maschili.
Delle tre parabole da chiesa scritte da Britten, Curlew River è quella che ha più fascino per la fusione tra elementi orientali e medioevali in un lessico musicale modernissimo. È forse anche quella rappresentata più di frequente in Italia. Il 27 giugno, ad esempio, è stata proposta a Roma nella Basilica di Santa Maria in Ara Coeli. La sobria e severa chiesa templare di San Bevignate si presta in modo particolare alla messa in scena della parabola; gli spettatori erano disposti in tre file sui lati della navata in modo che tutti potessero vedere l’azione scenica; il regista Andrea De Rosa (che ha già curato la regia di Curlew River a a Trento ed altrove, ma sempre in teatri non in chiese) propone  una drammatizzazione molto dinamica: con pochi elementi tra i quali le funi, il vento della campagna proveniente dall’apertura della porta della chiesa, la pedana di sabbia crea un’azione realistica e di forte impatto scenico. Nonostante Britten avesse pensato ad un ensemble cameristico di sette elementi che non avessero esigenza di un concertatore, è ormai prassi che il complesso abbia un direttore: Jonathan Webb, ha disposto le percussioni alla destra dell’abside (guardando dall’ingresso della Chiesa) mentre il flauto, il corno, la viola, l’arpa, l’organo e Webb alla sinistra. Ciò creava interessanti effetti stereofonici.
Dei quattro solisti vocali solo il tenore Mark Milhofer (la donna pazza) era di lingua madre inglese; era anche  l’unico in elegante kimono rosso (tutti gli altri erano in abiti moderni), ma portava una benda sugli occhi (segno che era diventata cieca dopo la tragedia personale); la toglie (ma non sappiamo se riacquista la vista) quando, nel finale, ritrova la speranza. Impeccabile la dizione dei baritoni Raffaele Del Savio e Mauro Borgioni e del basso-baritono Roberto Abbondanza, nonché del piccolo coro diretto da Sergio Balestracci. È doveroso dire che concertatori, ensemble, solisti e coro hanno evidenziato in modo mirabile come questa composizione che alterna tonalità, modalità e politonalità possa venire coniugata con temi della tradizione musicale giapponese mettendo in risalto – in settanta minuti – l’esercizio di stile che la partitura rappresenta dal punto di vista compositivo, citando al suo interno elementi dal canto gregoriano sino ad una complessità mahleriana. Un auspicio: che il viaggio di Curlew River non termini a Perugia.
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