Merkel,
Saccomanni e l’incertezza fruttuosa
22 - 09 - 2013Giuseppe Pennisi
Se tutti si sbagliassero. Ossia gli europeisti (e non solo) hanno salutato
con gioia la “fine dell’incertezza” a ragione dei risultati che dovrebbe
ridurre, ove non eliminare, l’incertezza sulla politica dello Stato più
importante dell’Unione Europea (UE); una grande coalizione od un monocolore
invece potrebbe rafforzare le trasversali tendenze isolazioniste della
Repubblica Federale e non promettere nulla di buono soprattutto in materia di
unione bancaria ed altri rattoppi alla scalcinata unione monetaria.
A casa nostra, l’intervista del Ministro dell’Economia e delle
Finanze al Corriera della Sera del 22 settembre viene letta come una nuova
sorgente di incertezza; potrebbe, invece, portare ad un chiarimento (tanto più
che come dimostrato in altri interventi su Formiche.net basta un DPCM per sfoltire la
spesa pubblica eliminando una piccola parte di quella improduttiva). Ciò
vorrebbe dire maggiore incertezza dalla Germania e maggiore certezza in Italia.
Ma soprattutto, perché abbiamo paura dell’incertezza? Nel 1994 in un libro
fondamentale, Dixit e Pindyck hanno dimostrato che, se si vuole farlo, gli
investimenti pubblici e privati rendono di più in condizioni di incertezza che
in quelle di relativa certezza. Una decina di anni dopo, Pasquale Lucio
Scandizzo e chi scrive questa nota hanno dimostrato, in 450 pagine, di cui
150 di matematica in un volume edito da Giappichelli, che l’incertezza è un
“bene pubblico” come “la democrazia” che ci alimenta e ci stimola tutti. Chi sa
fruirne ed acchiappare le opzioni reali azzeccate, ha successo. Chi non se
ne rende conto, resta a piagnucolare.
Sia lodata, quindi, l’incertezza! Il Governo dovrebbe utilizzarla per
eliminare almeno 20 miliardi di spesa pubblica improduttiva. E tener testa a
chi si sente turbato, o perturbato, dall’incertezza che tra qualche ora verrà
da Berlino.
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