SETTEMBRE
2013/ L'Europa delle banche non aspetta il Letta-bis
Pubblicazione: lunedì 2 settembre
2013
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NEWS Economia e Finanza
A torto o a ragione, settembre è considerato come il mese del “risveglio
europeo” dopo il lungo letargo estivo a cui l’eurocrazia si sarebbe abituata da
tempi immemori, un letargo interrotto da qualche (spesso estemporanea)
dichiarazione di questo o quel Commissario Europeo. Di norma a settembre, le
istituzioni europee - specialmente quelle economiche e finanziarie - devono
cercare di giungere a posizioni comuni all’assemblea annuale della Banca
mondiale e del Fondo monetario che quest’anno ha luogo a Washington all’inizio
di ottobre. Raramente, questi tentativi hanno successo: spesso gli stessi Paesi
dell’eurozona prendono linee differenti, ove non necessariamente divergenti,
all’assemblea delle due maggiori istituzioni finanziarie internazionali.
Quest’anno l’esigenza di un coordinamento è più forte del solito per due
motivi: a) in un mondo che cresce a tassi sostenuti (tra il 2,5% ed il 3%
l’anno a seconda del modello economico utilizzato) l’Europa appare come una
provincia addormentata che sta faticando molto per uscire da una lunga
recessione –e di essere, quindi, una palla di piombo della crescita
internazionale non il suo motore; b) in seno all’Unione Europea (UE) e più
particolarmente all’eurozona, all’inizio dell’estate era stato “rimandato a
settembre” un delicatissimo “unfinished business”: la messa a punto di
quell’unione bancaria senza la quale l’intero disegno dell’unione monetaria
potrebbe essere travolto da una catena di crisi bancarie. Inoltre, questo autunno
le istituzioni europee dovrebbero, per la prima volta, valutare provvedimenti
nazionali come la legge di stabilità ed il programma nazionale di riforme anche
prima che vengano formalizzati dai Governi degli Stati dell’UE ossia durante la
loro elaborazione.
Veniamo al secondo punto, poiché non vale la pena soffermarsi sul primo non
solo a ragione dell’esperienza del passato ma anche perché i maggiori
“azionisti” dell’UE non stanno certo dando prova di coordinamento di fronte
alla crisi siriana – e ciò non agevola la convergenza in altre aree. Quando il
Consiglio Europeo di giugno ha concluso i lavori, il programma era che uno dei
due pilastri dell’unione bancaria (la vigilanza) sarebbe stato definitivamente
finalizzato in settembre e che si sarebbe proceduto speditamente sugli altri
due (l’armonizzazione delle garanzie per i depositi in conto corrente e, il più
difficile, la “risoluzione” di eventuali crisi bancarie di grandi dimensioni).
I tempi sono non stretti ma strettissimi perché il Parlamento Europeo (al cui
vaglio devono passare i regolamenti) chiude i battenti in aprile 2014, in vista
delle elezioni in maggio.
Da un lato, anche a livello tecnico (non solo a quello politico) ci sono
differenze profonde sul primo pilastro e si è molto distanti dagli altri due.
Da un altro, anche se i sondaggi affermano che dalle elezioni politiche
tedesche in calendario il 22 settembre non dovrebbero uscire mutamenti di
rilievo, è oggettivamente difficile forzare il passo pur se solo sul primo
pilastro dell’unione bancaria in attesa di sapere come sarà composto il
Bundestag e quale sarà la struttura del Governo della Repubblica Federale.
Altri due Stati dell’UE hanno elezioni politiche tra settembre ed ottobre:
Austria e Lussemburgo. Le fragili maggioranze in Grecia e Portogallo potrebbero
portare alle urne anche là. E l’Italia? Dopo le ultime dichiarazioni di Silvio
Berlusconi, a Bruxelles si contano i giorni del Governo Letta e nessuno
scommette su un forte e duraturo Letta-bis. Nessuno, quindi, pare in grado di
prendere difficili decisioni in tema di unione bancaria. Ed ancor meno ad
assumere impegni per una posizione comune all’assemblea del Fondo monetario e
della Banca mondiale specialmente in temi di cosa per la crescita del continente
che pare , oltre che vecchio, stanco. La strada è tutta in salita e piena di
trabocchetti.
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