Germania,
tutti i problemi che Merkel dovrà risolvere dopo le elezioni
Le luci e le ombre dell'economia tedesca nell'analisi dell'economista
Giuseppe Pennisi che se votasse in Germania opterebbe per...
Il Commissario europeo Olli Rehn ha espresso preoccupazioni per gli effetti della stabilità
politica in Italia sul programma di “aggiustamento fiscale” nel nostro
Paese e le implicazioni a domino sul resto dell’unione monetaria. Sono molto
maggiori le preoccupazioni per la stabilità politica in Germania, dove il 22 settembre si va
alle urne.
La Repubblica Federale Tedesca ha oggi nel contesto europeo una situazione
analoga (e parimenti scomoda) a quella della Germania di Bismarck: da un
lato, era così importante e “pesante” che qualsiasi cosa avvenga
all’interno dei suoi confini si riverbera sul resto del continente; non ha
però la capacità economica e finanziaria di prendersi carico di tutti i
problemi dell’Europa (debito sovrano, disoccupazione, ritardi strutturali di
alcuni Paesi della stessa Eurozona).
La campagna elettorale in corso è molto combattuta. Se il
partito guidato dalla Cancelliera Angela Merkel non vince o non riesce a
formare la coalizione (o con i liberali o con i socialdemocratici), un
eventuale coalizione rosso-rossoscuro-verde e giallo (tale da raggruppare i
socialdemocratici con i verdi e gli altri partiti della sinistra), nascerebbe
sotto il segno della precarietà e dell’instabilità. Una Germania instabile
dovrebbe fare paura a tutta Europa molto più di un’Italia con un Esecutivo
fragile.
In uno dei primi numeri di Formiche, nel settembre 2005,
analizzavo da Berlino (allora insegnavo in un seminario a Potsdam) i risultati
ancora non ufficiali delle elezioni che avrebbero portato alla “grande
coalizione” nel modo seguente.
Non che in Germania non si avverta il “Wechseltimmung” (“desiderio
di cambiamento”). Lo sentono, e lo hanno fatto proprio, principalmente le
imprese che hanno sostenuto, forse in maniera troppo aperta e vociferosa, la
campagna elettorale della coalizione guidata da Angela Merkel . È anche
sulla pelle dei disoccupati, il cui numero è cresciuto a 5 milioni (1, 5
milioni in più rispetto a tre anni fa) e di tutti coloro che, a torto o a
ragione, si considerano “socialmente esclusi” (nonostante le tutele del
welfare) ed hanno dato un’affermazione inaudita al partito della sinistra
radicale.
Il “Wechseltimmung” non è ancora però abbastanza forte da indurre a
cambiare obiettivi e rotta. Anche in caso di vittoria netta dello schieramento
guidato da Angela Merkel, i forti contenuti innovativi del programma dei
cristiano sociali e dei liberal democratici avrebbero avuto senza dubbio
difficoltà in Parlamento poiché molti degli eletti di questi stessi partiti
sono ancorati alla Germania di un welfare con radici ultracentenarie (risale al
sistema di assicurazioni sociali creato alla fine del diciannovesimo secolo).
Il “Wechseltimmung” ha conquistato economisti (specialmente quelli
dell’Istituto di economia internazionale di Amburgo) ed intellettuali , ma non
ha scosso la quercia ben radicata, non ha affascinato gli elettori. Essi
hanno acquistato soltanto l’opzione di poterlo comprare domani, dopo averne
ulteriormente approfondite e sperimentato le ramificazioni. Hanno, quindi,
preso un “derivato” – ovviamente a prezzo scontato tale da tenere conto
dell’incertezza del futuro e della volatilità delle stesse forze politiche e
sociali.
Il “derivato” sarebbe stato la “grande coalizione”. Oggi se fossi tedesco
voterei a favore di Frau Merkel. Da europeo non posso che sperare nella sua
vittoria (o da sola o in coalizione). È il leader politico che ha le idee più
chiare sul ruolo dell’Europa del mondo: “l’Unione Europea (UE) ha il 7%
della popolazione mondiale, il 25% della produzione di beni e servizi ed il 50%
della spesa sociale”. È anche quello che ha il programma più chiaro di correzioni
positive dell’unione monetaria; viene dai suoi uffici l’idea di quella
“unione bancaria” che è logicamente il contrario di quanto previsto nel
Trattato di Maastricht. Ha continuato ed approfondito la modernizzazione della
Repubblica Federale iniziata dal suo predecessore, Gerhard Schröder, con
il quale ha un punto in comune importante. Lei, figlia di un pastore
protestante in un Land orientale, è donna di scienza, sposata con uno
scienziato (con cui vive non alla Cancelleria ma in un appartamento di tre
stanze nel quartiere “Mitte” di Berlino-centrale ma non lussuoso). Lui, orfano
di guerra, ha lavorato in una fabbrica di ceramica prima di laurearsi in
giurisprudenza, diventare avvocato senza mai praticare davvero la professione
per entrare in politica. Ambedue hanno una formazione scientifica (nel caso di
Schröder un apprendistato scientifico), come peraltro molti tedeschi a ragione
del sistema d’istruzione “duale” che prevede, sin dalle secondarie, lunghi
periodi in azienda.
Dalla fine degli Anni Novanta prima con la guida di Gerhard Schröder poi
con quella di Angela Merkel, la Germania ha ristrutturato profondamente
l’economia reale, rispondendo positivamente alla perdita del monopolio del
progresso tecnologico di cui per due secoli hanno fruito Europa e Nord America.
Ciò non vuol dire che la Germania abbia risolto tutti i propri problemi. L’Ocse
la considera come il Paese industriale e a reddito che, con il Lussemburgo,
rischia di avere la crescita di lungo periodo (i prossimi cinquant’anni) più bassa.
L’invecchiamento demografico, l’enfasi eccessiva sull’export, la bassa crescita
della produttività, la scarsa concorrenza interna nel settore dei servizi, la
burocrazia efficiente ma tentacolare sono nodi che la Repubblica Federale deve
affrontare e risolvere per continuare la propria modernizzazione e favorire
quella del resto dell’UE.
Frau Merkel ha presentato programmi su questi punti. Così ha fatto
anche il leader socialdemocratico Peer Steinbrück, che è stato un bravo
Ministro delle Finanze ai tempi della “grande coalizione”.
Ho serie difficoltà, però, a vedere Peer Steinbrück alla testa di
una aggregazione variopinta di partiti in gran misura risultanti dalla
scissione della SPD. E oggi l’Europa necessita come non mai di una guida
salda che può venire solo da una Germania stabile ed in cui prevalga il
“Wechseltimmung”.
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