lunedì 23 settembre 2013

Buona cucina, lirica e molto altro: alcune ragioni per andare a Jesi in Il Sussidiario 21 settembre 2013



OPERA/ Buona cucina, lirica e molto altro: alcune ragioni per andare a Jesi
Pubblicazione: sabato 21 settembre 2013
Un momento de L’Arlesiana di Francesco Cilea Un momento de L’Arlesiana di Francesco Cilea
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Le "stagioni liriche" dei principali teatri non sono ricominciate e molte compagnie delle maggiori fondazioni sono in tournée, come La Scala in Giappone e il San Carlo in Oman. Una ragione di più, oltre al verdicchio e all’ottima cucina, per andare a Jesi, dove la 46esima Stagione Lirica di Tradizione del Teatro Pergolesi, organizzata dalla Fondazione Pergolesi Spontini e dedicata al tenore Franco Corelli nel decennale della scomparsa, inaugura venerdì 27 settembre alle ore 20,30 con un titolo per la prima volta rappresentato a Jesi, “L’Arlesiana” di Francesco Cilea, dramma lirico in tre atti da Alphonse Daudet, su libretto di Leopoldo Marenco. Replica domenica 29 settembre alle ore 16, e anteprima riservata ai giovani il 25 settembre alle ore 16 nell’ambito del progetto didattico “Ragazzi… all’Opera”.
L’opera, in un nuovo allestimento della Fondazione Pergolesi Spontini in coproduzione con il Wexford Festival Opera, è diretta da Francesco Cilluffo sul podio della Form Orchestra Filarmonica Marchigiana. Firma la regia Rosetta Cucchi, scene di Sarah Bacon, costumi di Claudia Pernigotti, light designer è Martin McLachlan. Nella compagnia di canto, protagonisti sono il tenore russo Dimitry Golovnin nel ruolo di Federico ed il mezzo-soprano abruzzese Annunziata Vestri nel ruolo di Rosa Mamai; Mariangela Sicilia interpreta Vivetta, Valeriu Caradja è Metifio, Stefano Antonucci canta Baldassarre, Christian Saitta è Marco, Riccardo Angelo Strano interpreta L’Innocente. Il Coro è il Lirico Marchigiano “V. Bellini” diretto da Carlo Morgante.
“L’Arlesiana” fu un grande successo, con Enrico Caruso nel ruolo del protagonista. Rappresentata per la prima volta il 27 novembre 1897 al Teatro Lirico di Milano, “L’Arlesiana” fu l’opera che rivelò, nella famosa romanza “Il Lamento di Federico“, il tenore Enrico Caruso. L’edizione presenta al pubblico pagine di rarissimo ascolto, con l’esecuzione della seconda romanza di Federico “Una mattina m’apriron nella stanza”, ritenuta perduta e recuperata lo scorso anno dal tenore Giuseppe Filianoti grazie ad manoscritto conservato a Palmi, città natale di Cilea.
Il nuovo allestimento propone un viaggio nella psiche di Federico, oscillando tra momenti di realtà e la sua percezione sempre più delirante. Una scelta sottolineata dalle scene, che con il progredire del dramma sono sempre più infestate da apparizioni, crudeli proiezioni del desiderio del protagonista. Spiega la regista, Rosetta Cucchi: “Al centro della vicenda è l’insana passione per una donna misteriosa che non compare mai nell’opera. Il protagonista, Federico, la desidera disperatamente, la sogna, soffre per lei, e improvvisamente la sua mente comincia a vacillare. Gli sforzi di coloro che lo circondano per mantenere la sua ragione lucida sono inutili, e lentamente la sua anima trasforma la storia d’amore in una cupa ossessione. È come se l’immagine della persona amata, perennemente sospesa nello stato cosciente, eserciti un’attrazione verso il quale Federico non può difendersi. L’amante ossessionato ascolta il canto della sua sirena e follemente ne segue l'ombra, che si muove via via via, diventando una proiezione delle sue follie. Il pubblico segue il viaggio di Federico fuori dalla realtà, intravisto attraverso una porticina nera all'inizio di ogni atto, verso il suo mondo ideale immaginario. Molte persone orbitano attorno a quest’uomo: una potente madre, un fratello debole, un uomo vecchio e saggio e altri, e nessuno di essi sarà in grado di aiutarlo. Ma siamo assolutamente sicuri che tutto è reale?”.

Nella storia, ambientata in Provenza, Federico è deciso a sposare una misteriosa donna di Arles contro la volontà di sua madre, Rosa, ma, giunto finalmente il momento del matrimonio, è costretto a rinunciarvi a causa di Metifio, che vanta un diritto di prelazione esibendo alcune lettere d'amore che l'Arlesiana gli ha scritto. Federico si dispera e la madre Rosa riesce a convincerlo a dimenticare la giovane di Arles sposando Vivetta, una brava ragazza del paese da tempo innamorata di lui. Convinto di aver superato la sua malattia d’amore, Federico decide di accettare il suggerimento della madre, ma proprio il giorno fissato per le nozze, la ricomparsa di Metifio risveglia in Federico la passione e la gelosia per l'amata di un tempo, fino a spingerlo al suicidio gettandosi da una torre.
La Stagione lirica di tradizione del Teatro Pergolesi di Jesi prosegue venerdì 4 ottobre con “Viva V.E.R.D.I. Le grandi opere di Giuseppe Verdi”, rara mise en espace di duetti per baritono e basso tratti dalle opere verdianeAttila, Don Carlo, Simon Boccanegra e Falstaff; in scena, il baritono Julian Kim e il basso Luca Tittoto per la direzione di Giacomo Sagripanti, video scenografia a cura di Benito Leonori.
Chiude la Stagione Lirica 2013 del Teatro Pergolesi il “Falstaff” di Giuseppe Verdi, venerdì 22 novembre alle ore 20.30, con replica domenica 24 novembre alle ore 16 ed anteprima giovani mercoledì 20 novembre alle ore 16, in un nuovo allestimento della Fondazione Pergolesi Spontini in coproduzione con Ente Concerti Marialisa De Carolis di Sassari; direttore d’orchestra Giampaolo Maria Bisanti, regia di Marco Spada, scene di Benito Leonori, costumi di Alessandro Ciammarughi, light designer Fabio Rossi. Al cartellone lirico di tradizione, si affianca inoltre il XIII Festival Pergolesi Spontini dal titolo “Lo scettro e la bacchetta”: dal 5 ottobre al 3 novembre 2013, concerti ed eventi dedicati al rapporto tra musica e potere politico, in un percorso da Gaspare Spontini a Wagner e Verdi; in programma, la prima esecuzione in epoca moderna della Cantata “Gott segne den König!” (‘Dio benedica il Re!’) di Spontini per soli, coro e orchestra, e una giornata dedicata al cinema muto con la proiezione su musica dal vivo del colossal “Cabiria” (1914).


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