Nei corridoi del Palazzo, circola insistentemente la voce secondo cui, pochi giorni dopo l’insediamento a Palazzo Chigi, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi proporrebbe al Capo dello Stato di insignire due conduttori televisivi d’importanti onorificenze della Repubblica: Michele Santoro potrebbe fregiarsi del titolo di Cavaliere di Gran Croce (e della pertinente medaglia); a Giovanni Floris, per il momento, una più modesta crocetta da commendatore (con relativo di distintivo da mostrare sul collo della giacca). La motivazione? Il contributo che le invettive televisive del primo ed i sorrisi accattivanti (ma sempre chiaramente di parte) del secondo hanno dato alla semplificazione del sistema politico italiana, alla riduzione del numero di partiti da quello del numero delle carte necessarie per giocare a scopone scientifico a 5-6, la sparizione dal Parlamento della sinistra radicale e d’altri gruppi eversivi anti-sistema, e la vittoria del PdL. Viste le prime trasmissioni post elettorali dei loro “talk show” – il Presidente del Consiglio lo sa – continueranno ad essere i più efficaci persuasori occulti a favore del Parlamento eletto il 13-14 aprile e del Governo che di tale Camera e Senato è espressione.
Può darsi che raggiungono tale risultato in via preterintenzionale ma il mercato – diceva Luigi Einaudi – si vendica sempre. Ed il libero mercato della politica è, sotto questo profilo, non differente dagli altri. Non è il suk tratteggiato da una certa pubblicistica che vuole essere saccente ma che è, invece, semplicemente ignorante. Ha sue regole precise analizzate nel lontano 1957 da Antony Downs in “An Economic Theory of Democracy” (Harpers & Row) – pubblicato in edizione italiana da “Il Mulino” nel 1988 – ed argomento di un filone di saggistica recente che ha tra i propri autori di maggior rilievo Avinash Dixit e Dani Rodrik. Già prima di Downs, però, George Bernard Shaw (ingegno multiforme, non unicamente scrittore di commedie e saggi) utilizzava il libero mercato della politica per prendere in giro niente po’ di meno che John Maynard Keynes e le tendenze di costui di proporre ricette che interferiscono con il libero mercato della politica. Proprio quelle nei confronti delle quali il mercato (proprio quella della politica) si vendica sempre. Einaudiamente parlando.
Al Cav. Berlusconi – si dice- l’idea di premiare Santoro e Floris sarebbe venuta assistendo, in quel di Arcore, ad un visione di un vecchio film del 1952 (protagonisti Jean Simmons e Victor Mature) tratto da una commedia di G.B. Shaw (“Androclo e il Leone). Sarebbe dovuto essere un momento di mero relax, dopo una faticosa giornata per le trattative sulla formazione del Governo. Quel bricconcello di Shaw gli ha mostrato a tutto tondo quanto Santoro e Floris hanno lavorato per la sua vittoria. La vicenda del “Play” , tratta da una leggenda antica, è nota: il cristiano Androclo ha tolto, nella foresta, una spina dal piede di un feroce leone e quando, presto dalle milizie imperiali, viene inviato alle fiere nel Colosseo, il leone non solo si rifiuta di azzannarlo ma lo difende dalle altre bestie feroci. A fronte del clamore dalle gradinate, Vespasiano non può che concedere la grazia. Ma – ed è qui che entra in ballo il libero mercato della politica – l’Imperatore confida ai suoi intimi di essersi lui stesso convertito alla Fede di Cristo già da dieci anni ma di mandare i cristiani in pasto ai leoni in base ad un calcolo preciso per assicurarsi il Paradiso (a fronte d’ogni martirio in arena almeno cento conversioni sulle gradinate). Chi meglio di lui contribuisce alla Causa?
La terza parte di “An Economic Theory of Democracy”, per citare il capostipite del filone, tratta proprio di questa materia: nel mercato della politica, acquisire informazione costa, i cittadini razionali si abituano quindi a ridurne i costi utilizzando con acume il flusso d’informazioni gratuite (le invettive di Santoro, i sorrisi di Floris), sanno trarne rendimenti per le decisioni di voto e per influenzare le politiche pubbliche. A filippiche che mettono in dubbio il proprio raziocinio, rispondono esercitandolo al massimo, nel mercato della politica.
Conosco Floris da quando, nel lontano 1992, gli conferii un premio per la sua tesi di laurea. E’ persona colta ed accorta. Non so se ha dimestichezza con “Androclo ed il Leone”; la ha senza dubbio con “An Economic Theory of Democracy”, almeno nella versione filtrata dal volume “Duello a Sinistra” di Giuliano Amato e di Giuliano Cafagna (Il Mulino, 1982). Il suo contributo al successo del PdL è stato verosimilmente con coscienza di causa. I miei contatti personali con Michele Santoro si limitano ad un paio di colazioni nel roof garden del Palazzo delle Esposizioni (in quel di Via Nazionale a Roma) all’inizio degli Anni Novanta. Santoro si è meritato una laurea in filosofia con 110 e lode; è culturalmente, quindi, molto distante dal leader del PD Walter Veltroni (i cui esiti scolastici sono documentati nell’archivio del Liceo Tasso). Poco portato all’analisi economica, ha certamente letto “Androclo e il Leone”, o ne ha visto l’edizione cinematografica. Nel libero mercato della politica si comporta quindi da PdLino antemarcia. Grazie, Michele! Grazie, Giovanni!
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