Il primo maggio non sarà la Festa del Lavoro ma una giornata molto operosa, al primo piano di Palazzo Chigi, per chi si appresta ad esserne l’inquilino. Avrà di fronte a sè, tra tanti temi e problemi (istituzionali, internazionali), 3 nodi economici. Se li scioglie bene in un paio di settimane, il nuovo Presidente del Consiglio avrà avviato con un colpo d’ala la XVI legislatura. Se, invece, non ci riesce, i 3 nodi potranno diventare scorsoi per il Governo, il Parlamento e l’Italia.
Il primo è la finanza pubblica. Pur se alla vigilia delle elezioni, il leader del PD ha citato un “nuovo tesoretto”, la sera stessa dell’11 aprile i 20 maggiori istituti di analisi econometrica internazionale – in gergo il gruppo del “consensus”- (nessuno italiano e tutti distinti e distanti dalle nostre elezioni) lo hanno smentito: per restare in linea con il programma concordato in sede Ue occorre una manovra aggiuntiva tra i 4 ed i 10 miliardi da effettuare entro l’”assestamento di bilancio” contemplato, per legge, in giugno. Ci vuole una “due diligence” immediata da parte di un gruppo rigoroso d’economisti che porti o ad una ri-negoziazione con l’Ue o a misure urgenti di riassetto dei conti pubblici.
Il secondo è l’Alitalia e la politica industriale. Al destino della compagnia (una delle maggiori industrie dell’Italia) è connesso intimamente il futuro del manifatturiero, specialmente di quello ad alta tecnologia. In altra sede, ho stimato che Alitalia ha liquidità per 3 mesi (ossia sino a metà luglio) per volare. Questa stima si basa unicamente su considerazioni finanziarie del cash flow (quale da me computato). Il Presidente dell’Enac, Vito Riggio, ha garbatamente tirato le orecchie e ricordato che la normativa internazionale richiede liquidità per 12 non per 3 mesi. Quindi, la licenza rischia d’essere, entro inizio maggio, o revocato o trasformata in “ licenza parziale” (ossia limitata ai biglietti già emessi, e compattando i voli). Ci vuole coraggio (e fantasia) per scegliere tra le opzioni possibili.
Il terzo riguarda l’ambiente ed il territorio. La situazione della Campania ha inferto un colpo gravissimo all’immagine dell’Italia. Una situazione analoga si prospetta a Roma (con responsabilità oggettive di chi la ha governata negli ultimi tre lustri). E’ ancora più grave di quella di Napoli per le implicazioni sul flusso di pellegrini e turisti alla Santa Sede e le conseguenze, quindi, d’immagine in tutto il mondo: non dimentichiamo che la stampa estera in Italia copre il Vaticano più che le vicende nostrane. In questo campo non mancano soluzioni possibili, che richiedono il concerto con la Regione ed il Comune. E, naturalmente, coraggio, fantasia e conoscenza delle nuove tecnologie.
Presidente (chiunque Ella sia) non si faccia distrarre e si concentri su questi tre nodi.
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