mercoledì 30 aprile 2008

PERCHE LUFTHANSA CORTEGGIA ALITALIA MA NON SE LA SPOSA L'Occidentale 30 aprile

L’accordo Lufthansa , tramite la controllata Air Dolomiti, e la Sea per una sei nuove rotte in partenza da Malpensa è l’inizio di un corteggiamento della compagnia aerea tedesca nei confronti di Alitalia oppure un mero grimaldello per entrare meglio in quello che è un mercato potenzialmente molto lucrativo del trasporto aereo europeo? E la beffarda affermazione del Presidente del Consiglio in pectore Silvio Berlusconi è solamente una boutade oppure una mano in una complessa partita di poker in cui un po’ tutti giocano al buio?
Cerchiamo di rispondere a queste due domande che rappresentano i nodi fondamentali delle notizie apparse in questi ultimi giorni sulla stampa quotidiana. Nel valutare le informazioni su Alitalia occorre sempre porsi nel contesto illustrato su L’Occidentale del 23 aprile: anche se fosse in buono stato di salute finanziaria, la compagnia sarebbe troppo piccola per competere con le major internazionali e troppo grande per essere un’aviolinea regionale europea. Chiusa (almeno per il momento) la partita con AirFranceKlm, non ancora iniziata quella (potenziale) con Aeroflot, lasciate nel futuribile fantasioso quelle con eventuali acquirenti asiatici o medio orientali, Lufthansa potrebbe essere il partner ideale di un matrimonio d’interessi strategico ed a lunga scadenza. Esiste una certa complementarità – specialmente nelle rotte verso il bacino del Mediterraneo e l’Africa. La compagnia tedesca, con base a Colonia, teme inoltre di restare isolata in Europea se si rafforza la rete d’alleanze che AirFrance-Klm sta stringendo, o tentando di stringere, a destra ed a manca. A riguardo a Londra un esperto economico russo, un tempo alto funzionario internazionale e coniugato con la figlia di un generale sovietico (un tempo lei stessa ai piani alti del Ministero dell’Interno dell’Urss) non fa mistero, tra un brandy e soda ed un altro, che Lufthansa ha in corso anche un corteggiamento (reciproco) con Aeroflot.
E’ in questo gioco, più che in quello di una cordata italiana e d’ipotesi immaginifiche su ferrovie o banche con le ali, che il futuro di Alitalia va collocato. Sempre che alla fine non sia costretta a diventare una piccola compagnia regionale. Cosa frena Lufthansa a chiedere la mano di Alitalia?
Sotto il profilo analitico, lo spiega un saggio appena apparso sulla “Review of Financial Studies”. Gli autori – Karl Lins dell’Università di Utah, Christian Leuz dell’Università di Chicago e Francis Warnock dell’Università della Virginia- hanno studiato 4049 aziende in 29 Paesi per determinare, statisticamente, in che misura la “corporate governance” (ossia come sono gestite e condotte) è variabile importante per attrarre investimenti esteri , o per farli scappare. Il risultato è che si tratta di determinante cruciale; l’investitore straniero se la da a gambe se “i ricavi sono opachi” e sono necessari costi elevati di monitoraggio. E’ questo, oggettivamente, il caso di Alitalia: le entrate sono nebulose poiché il prestito è incerto, i tempi dei rimborsi fiscali imprecisi e via discorrendo.
Tuttavia – si dice a Colonia – Lufthansa sarebbe disposta pure a sostenere i costi di monitoraggio. Il vero problema è altrove. Un banchiere tedesco ed un alto magistrato contabile della Repubblica Federale parlano di “terzo incomodo”. L’allusione è all’ipotesi (caldeggiata pare da alcuni settori della politica italiana) che il matrimonio dovrebbe anche coinvolgere AirOne. Già in passato il Presidente di Lufthansa ha espresso, in interviste su stampa internazionali, perplessità sulla capacità di AirOne di essere un partner industriale adeguato. Le informazioni pubblicate da Il Sole – 24 Ore su quella che sarebbe la situazione finanziaria di AirOne inducono i tedeschi a pensare di essere chiamati ad un doppio salvataggio – uno possibile in una strategia internazionale ed un altro da evitare. I tedeschi – è noto – sono puntuali e precisi: sta a AirOne smentire le cifre sulle sue finanze e sui suoi carichi apparse sulla stampa italiane (e non solo) e, soprattutto, produrre elementi sulla propria capacità industriale. Oppure, si sussurra oltre Reno, farsi da parte.

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