Come ogni anno, l’inaugurazione della stagione del Teatro Lirico di Cagliari è un evento che richiama la stampa internazionale in Sardegna poiché viene messa in scena un’opera rara, spesso in prima assoluta per l’Italia. L’inaugurazione della stagione 2008 è il 24 aprile (in coincidenza con la Festa di Sant’Efisio, santo molto venerato nella città) con “La leggenda della città invisibile di Kitež e della fanciulla Fevronija”, opera in quattro atti su libretto di Vladimir Bel’skij e musica di Nikolaj Rimskij-Korsakov, realizzata in coproduzione con il Teatro Bolshoi di Mosca per la regia del lituano Eimuntas Nekrosius. Una coproduzione è di per sé stessa un evento.
L’occasione è doppiamente importante non solo perché non credo ci siano state rappresentazioni sceniche del lavoro in Italia in tempi recenti ma anche perché sarà la quarta stagione in cui a Cagliari avviene un piccolo miracolo finanziario: il Lirico è stato portato da una fase di disavanzi di bilancio sempre più acuti a quattro anni consecutivo di pareggio, nonché ad un recupero della situazione patrimoniale (nel 2003 la fondazione era sull’orlo del fallimento). Una svolta ottenuta senza tagli né al personale né alla programmazione (circa 300 spettacoli l’anno tra lirica, balletto e concerti) ma con un aumento degli abbonamenti (circa 12.000) e delle co-produzioni con grandi istituzioni italiane e straniere. Ciò dimostra che se si vuole, si può gestire bene un teatro lirico.
C’è un aspetto speciale, poi, del cui significato non solo culturale ma anche politico pochi sono probabilmente a conoscenza. Un aspetto tanto più importante in quanto, poche settimane dopo la prima di “La leggenda della città invisibile di Kitež e della fanciulla Fevronija”, al Teatro alla Scala si potrà assistere ad un’altra rarità russa, “Il giocatore” di Sergej Prokofiev.
Rimskij-Korsakov e Prokofiev sono molto distanti sia per poetica sia per struttura musicale. Mentre il primo iniziò la carriera (che abbracciò dalla metà dell’Ottocento all’inizio del Novecento) come ufficiale di marina e la terminò da musicista considerato rivoluzionario, tanto che la sua ultima opera (“Il gallo d’oro”) venne vietata dalla censura zarista e messa in scena postuma, il secondò emigrò allo scoppiare della rivoluzione sovietica e visse a lungo all’estero dove fu uno dei maggiori musicisti dell’esperienza futurista e dadaista dell’inizio del Novecento per poi – come vedremo tra breve sul “Dom” – tornare nell’Unione Sovietica ed adattarsi progressivamente al regime nonostante le purghe staliniane non risparmiassero i suoi più diretti congiunti.
Rimskij-Korsakov è conosciuto in Italia principalmente per le sue opere a carattere storico (quali “La sposa dello Zar” e “Ivan il Terribile”) o fantastico (quali “La fanciulla di neve” e “Sadko”) , per il suo gusto pittorico nel mettere in musica la natura, per la ricchezza e delicatezza della sua orchestrazione (e per l’amore con cui orchestrò i lavori lasciati prematuramente incompleti dalla morte del suo fraterno amico Mussorsgkij. “La leggenda della città invisibile di Kitež e della fanciulla Fevronija” (di cui esiste una rara registrazione integrale effettuata per un’esecuzione alla radio russa nel 1956) non si distingue dal resto della sua produzione per la durata (circa tre ore e mezzo di musica), la trasparenza orchestrale, il sinfonismo da grande organico wagneriano e la complessità vocale (richiede 18 solisti) ma anche perché è un’opera religiosa. Un musicologo sovietico, Petrovski, la ha chiamata “opera liturgica”. Il programma allegato all’esecuzione del 1956 si chiedeva “E’ un Parsifal russo?”. Negli anni del leninismo e dello stalinismo, la Commissione per l’Ateismo discusse a lungo se il lavoro potesse venir rappresentato. Venne in parte modificato (eliminando i cori di ringraziamento a Dio) per poter andare in scena al Bolshoi nel 1926; da allora alla morte di Stalin in Russia la stessa versione modificata venne ripresa soltanto otto volte, mentre arrivò (in integrale) a Parigi, in Spagna, in Belgio ed alla Scala (nel 1933). In Italia è riapparsa al Maggio Musicale Fiorentino del 1990, con la regia di Pier Luigi Pizzi.
La vicenda, tratta da leggende del decimo secolo, è molto complessa ; ruota attorno ai tentativi dei tartari di conquistare e di occupare uno dei principati in cui allora si divideva quella che sarebbe diventata la Russia. Un tentativo evitato proprio grazie al miracolo che rende invisibile la capitale. Un miracolo reso possibile dalla Fede e dall’amore per la libertà (e per un sistema di governo comunitario e non autoritario, quindi marcatamente differente da quello caratteristico dell’invasore tartaro).
L’opera è stata composta nel 1903-1905. In quegli anni, Rimskij-Korsakov (pur restando rigorosamente in ambito musicale) stava assumendo posizioni sempre più critiche nei confronti del regime zarista, come avrebbe documentato il suo ultimo lavoro “Il gallo d’oro”, mordente satira laica dell’autoritarismo. Vennero accampate scuse e pretesti sulle difficoltà di messa in scena. “La leggenda della città invisibile di Kitež e della vergine Fevronij” andò in scena nel 1908, dopo la morte dell’autore e dopo che, in seguito alla sconfitta nel conflitto russo-giapponese, il regime zariste fece un tardivo tentativo di aprirsi alla società civile.
Vale un viaggio a Cagliari.
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