IN FRANCIA CASTA CON LA MUSERUOLA DA TRENT’ANNI
Il Presidente del Consiglio in pectore (eletto ma non ancora incaricato, dal Capo dello Stato, di formare un Governo) ha già annunciato l’ordine del giorno del primo Consiglio dei Ministri ed il luogo (Napoli) dove si terrà. In materia economica, l’annuncio ha naturalmente riguardato i temi più vicini alla vita dei cittadini: riduzione (ed in certi casi abrogazione) di tasse ed imposte, il problema dello smaltimento dei rifiuti in Campania, il nodo Alitalia. Tuttavia, le Fondazioni che hanno collaborato con la coalizione vincente nella messa a punto del programma sottoposto agli elettori sono state anche chiamate a fornire un supporto analitico a provvedimenti di breve, medio e lungo termine per rimettere in marcia l’Italia. Non è questa la sede per anticipare documenti ancora in fase di redazione e destinati, in ogni caso, a chi avrà responsabilità di governo, prima che all’opinione pubblica in generale.
Tuttavia, un tema trasversale a tutti i documenti riguarda come ridurre sprechi grandi e piccoli negli anfratti delle pubbliche amministrazioni: la sprecopoli della casta (per utilizzare il lessico ormai corrente) deve diventare obiettivo principale di governo (individuarla, contenerla e ove possibile eliminarla) , dopo essere stato uno degli argomenti di punta della campagna elettorale.
Proprio nel fine settimana delle elezioni è stato diramato, in formato elettronico, uno studio condotto dalla London School of Economics (Lse), in collaborazione con l’Imperial College ed il CEIs dell’Università di Roma, Tor Vergata. Lo studio merita di essere analizzato sia da chi avrà il compito di condurre una “due diligence” dei conti pubblici sia, più in generale, dalla Corte dei Conti e dalla Ragioneria Generale dello Stato (Rgs). In Italia è disponibile come CEIS Working Paper N. 115; per ottenerne il testo integrale su supporto magnetico, si suggerisce di farne richiesta a o.bandiera@lse.ac.uk o a a.prat@lse.ac.uk oppure t.valletti@imperial.ac.uk .
E’ un’analisi empirica che dopo una premessa teorica ed una rassegna della letteratura, passa al setaccio la spesa delle pubbliche amministrazioni per acquisti di beni e servizi nel periodo 2000-2006 , differenziando tra “sprechi attivi” (ossia per il tornaconto individuale – dalla corruzione alla clientela in tutte le sue forme e guise) e “sprechi passivi” (dovuti al lassismo ed alla lentocrazia burocratica). Si tratta – si può argomentare di un comparto che riguarda meno dell’8% della spesa pubblica; è, però, quello caratterizzato da maggiore discrezionalità (rispetto, ad esempio, alla spesa per il personale, per le pensioni, per la sanità e per altri trasferimenti a famiglie ed imprese). Andiamo ai risultati:
· gli “sprechi passivi” sono l’83% del totale (ciò smentisce le chiacchiere giornalistiche su sprecopoli) e devono essere affrontati cambiando regole (semplificazione, abrogazione automatica di norme e circolari dopo un certo numero d’anni dalla loro applicazione);
· gli sprechi (“attivi” e “passivi”) sono di peso principalmente nell’apparato centrale dello Stato – in breve i Ministeri pagano, mediamente, il 22% in più degli enti locali per beni e servizi analoghi;
· il controllo sociale è l’arma principale per contenerli (e tale controllo è più forte a livello locale che centrale).
Interessante notare che a conclusioni simili si è giunti, non guardando specificatamente l’Italia ma esaminando gli Usa, nella lontana Yale in uno studio pubblicato nell’ultimo fascicolo della “Yale Law and Policy Review”: il succo del lavoro che coniuga due discipline (economia e diritto) consiste nel proporre di utilizzare, in modo sistematico, l’analisi costi benefici a fini deliberativi delle poste di spesa (ossia decisionali) non meramente informativi. Una legge della nostra Repubblica (la legge 144/99) lo prevede per l’investimento pubblico – unitamente alla creazione d’unità, nuclei, gruppi di valutazione in tutte le amministrazioni. Occorre applicarla con rigore ed estenderla a tutte le maggiori partite di spese (come fu tentato nel 1984 del Governo Craxi con articolo del ddl di legge finanziaria, eliminato durante l’iter parlamentare).
Abbiamo un esempio interessante di “policy” in Francia: gli interessati possono coglierne i dettagli nel fascicolo speciale della Revue Française dedicato all’argomento (il n.117, 2006). Oltralpe un programma per la razionalizzazione delle scelte di bilancio (e l’eliminazione degli sprechi negli anfratti della spesa pubblica) è stato condotto, in via sperimentale, dalla metà degli Anni 70 al 1984; nonostante sia stato accantonato per un certo numero d’ anni (come in Italia i metodi di analisi per i progetti Fio nel 1882-86), è riuscito a plasmare parte delle amministrazioni (specialmente a livello locale) ed alcuni punti di fondo sono riemersi negli ultimi anni nella riforma della legge di bilancio (l’equivalente della nostra legge finanziaria).
Per saperne di più
Bandiera O, Prat. A., Valletti T.M"Active and Passive Waste in Government “Regulating the Rulemakers: A Proposal for Deliberative Cost-Benefit Analysis” CEIS Working Paper No. 115
Nou J. “Regulating the Rulemakers: A Proposal for Deliberative Cost-Benefit Analysis” Yale Law & Policy Review, Vol. 26, No. 2, 2008
Perret B. "De l’échec de la rationalisation des choix budgétaires (RCB) à la loi organique relative aux lois de finances (LOLF) " Revue Française 117, 2006
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