Daniele Capezzone ha lanciato su “Il Velino” una provocazione interessante e che merita di essere approfondita: il vero sconfitto delle elezioni per il Sindaco della capitale sarà Walter Veltroni (e con lui chi lo ha posto sulla strada della costituzione del PD, in primo luogo Goffredo Bettini). Il ragionamento di Capezzone si basa su un’intuizione politica: se vince Alemanno, anche la roccaforte del PD, quel Comune Roma dove la sinistra fa il bello ed il cattivo tempo da tre lustri, sarà travolta dallo tsumani che ha dato una forte maggioranza parlamentare al PdL, alla Lega ed ai loro “apparentati”; se vince Rutelli, il neo-Sindaco della capitale si porrà come competitore diretto di Veltroni alla guida del PD in quanto unico leader del centro-sinistra che non esce come un pugile battuto da questa stagione elettorale.
L’intuizione trova robuste basi analitiche alla luce della “teoria economica della democrazia”, elaborata da Anthony Downs nel 1957 in libro la cui traduzione italiana è stata pubblicata nel 1988. Nel lavoro (e nei numerosi di questo filone, specialmente interessanti quelli recenti di Dani Rodrik) i fenomeni politici vengono analizzati utilizzando la strumentazione economica, in particolare i rendimenti dell’informazione in condizioni di incertezza e le partite economiche giocate su più tavoli. Lo abbiamo visto in parte su Il Tempo del 21 aprile commentando le mosse di Rutelli ed Alemanno in vista del secondo turno in termini di come giocano (sul tavolo dell’”incidenza”, nei confronti del risultato finale, per stringere alleanze o impedirlo all’avversario, e sul tavolo della “popolarità” nei confronti del proprio bacino elettorale).
Si giunge, però, a conclusioni leggermente differenti di quelle di Capezzone. Veltroni è, in ogni il perdente nella sfida romana, non perché è in palio la leadership del PD ma perché ambedue i contendenti (Alemanno e Rutelli) giocano direttamente contro la sua creatura, il PD, sul tavolo della “popolarità” e della “incidenza”. La posizione di Alemanno è chiarissima: il PD è l’avversario del PdL a livello nazionale e, quindi, anche a livello locale. Meno evidente la guerra implicita di Rutelli contro il PD: si è presentato al primo turno alleato con le forze politiche concorrenti del PD a sinistra (quelle criticate da Veltroni come causa di tutti i mali della XIV Legislatura nel tour per le province italiane); al secondo turno, da un lato, tenta di mantenere l’alleanza contro gli anti-veltroniani di sinistra e, da un altro, cerca di stringerla (senza successo) con il centro ma fa un patto con ex-esponenti della destra di un arco politico che arriva sino ad AN. La coalizione al tavolo rutelliano della “popolarità” è l’opposto del PD. E’ in ballo, quindi, non una sfida per la leadership ma la deflagrazione del soggetto politico. A causa del “fuoco amico” (o apparentemente tale).
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