giovedì 17 aprile 2008

LA VERIFICA DEI CONTI PUBBLICI E' MEGLIO AFFIDARLA AI VALDESI, Libero 17 aprile

A chi affidare la “due diligence” della situazione dei conti pubblici da farsi prima di definire punto l’”assestamento di bilancio” che dovrà essere completato entro giugno e che, piaccia o non piaccia, imposterà la XVI Legislatura? Senza dubbio, ad economisti ed a studiosi di scienza della finanze noti il loro rigore. Vorrei, però, fare due precisazioni. Dovrebbero anche essere uomini e donne di Fede (quella con la “F” maiuscola); meglio ancora se tra loro c’è una pattuglia di protestanti. In Italia, i valdesi devono essere considerati, in casi del genere, una “riserva della Repubblica”.
In primo luogo, c’è una rivalutazione del nesso tra Fede (considerata dagli ex-post-neo- comunisti come l’”oppio dei popoli”) e quello sviluppo, di cui l’Italia ha tanto bisogno. Da qualche anno, sono proprio le analisi quantitative (possibili grazie al progresso della statistica e di trattamento di vaste serie di dati) stanno dando un contributo importante e contro-corrente. Un primo apporto importante è stato pubblicato nel 2004 nella collana del National Bureau of Economic Research (Nber): è un’indagine comparata condotta da due noti economisti dell’Università di Harvard, Robert J. Barro e Rachel McCleary su “International determinants of religiosity” : i dati di 61 Paesi su un arco di 20 anni mostrano che i Paesi in cui la religiosità (intesa come frequenza delle funzioni di culto) è più forte sono anche quelli dove si raggiungono i livelli migliori di sviluppo economico e di diffusione dell’istruzione. Tra studi e ricerche che hanno origine in Europa, importante un’analisi del Centro per la Ricerca Economica della Università di Tilburg (“Trust, social capital and economic development) . Ne sono autori Patrick Francois (Tilburg) e Jan Zaboinik (Università della California del Sud). Il lavoro conclude che le radici del “capitale sociale” sono profonde, hanno origine nella storia, nelle credenze, e soprattutto nelle Religioni più che nella struttura degli incentivi economici e finanziari. Due contributi europei riguardano in particolare la Religione cattolica e vengono da un Paese con una Religione di Stato cristiana ma non cattolica, la Gran Bretagna. Il primo è il saggio di Samuel Gregg “"Ethics and the market economy: insights from Catholic moral theology" pubblicato della rivista “Economic Affairs”.Il lavoro analizza i nessi, molto forti, tra teologia morale, quale elaborata nel pensiero cattolico, e funzionamento dell’economia di mercato. Ancora più eloquente, è Jonathan Aitken, il quale, sempre su “Economic Affairs “, esamina in dettaglio i rapporti tra l’insegnamento del Vangelo, l’economia di mercato e l’imprenditorialità.
Tra gli altri apporti (dei tanti che si potrebbero citare) due sono di particolare rilievo – uno a carattere divulgativo e l’altro invece tecnico. Il primo è il libro di Rebecca Blank (Preside della Facoltà di Politiche Pubbliche dell’Università del Michigan) e di William McGurn (responsabile delle pagine degli editoriali del “Wall Street Journal”) sui rapporti tra etica e mercato nel contesto non solo degli Stati Uniti ma del mondo occidentale in generale (“Is market moral? A dialogue on Religion, Economics and Justice”). Rebecca Blank è molto attiva in una confessione protestante, mentre McGurn è un cattolico praticante. Il loro saggio, da un lato, documenta come il mercato richieda, per essere ben funzionante, solidi valori condivisi in termini di fiducia reciproca, onestà, equità e che il Cristianesimo non solo fornisce tali fondamenta morali ma riesce ad adattarle a differenti circostanze storico-politiche ed istituzionali.
Il secondo è un’analsi econometrica di Jonathan Gruber: “Religious market structure, religious participation and outcomes: is Religion good for you?”. Gruber studia la “densità relativa dei mercati religiosi” (ossia della popolazione di un’area che è di una specifica Fede), la partecipazione alle funzioni di culto e gli esiti socio-economici dell’area in termini di reddito, istruzione e stabilità familiare. I risultati sono robusti: le aree i cui mercati sono a maggiore densità religiosa sono anche quelle con i migliori esiti in termini di reddito, istruzione e stabilità familiare.
Tutto ciò – si può dire- riguarda lo sviluppo. Ma, occorre chiedersi: ci può essere sviluppo se la pressione fiscale è asfissiante e la spesa pubblica dissennata? Ormai anche gli statalisti più radicati (quelli di “Good Bye, Lenin”, per intenderci). Una svolta interessante in questo campo si ha grazie ad un lavoro appena pubblicato in una collana tanto minuscola (University of St. Gallen, Department of Economics, Discussion Paper No. 2008-03) che in Italia è disponibile in rare biblioteche universitarie (Libero Mercato ritiene utile fornire gli indirizzi telematici degli autori al fine di favorire i lettori che vogliono avere il testo integrale della ricerca : justina.fischer@unisg.ch, friedrich.schneider@jku.at) Il lavoro ("Protestantism and Government Spending: A Negative Relationship? An Empirical Application to Swiss Cantons") è - che io sappia – la prima analisi empirica dell’assunto di Max Weber secondo cui, l’etica protestante ed i valori protestanti (come il contare sulle proprie forze, il cercare continuamente di migliorarsi, il rifiuto dell’ostentazione, l’importanza data all’austerità pubblica e privata) hanno implicazioni importanti in termini di dimensioni della pubblica amministrazione e della spesa pubblica, efficacia del suo funzionamento, rigore nei controlli. I due studiosi (Justina Fischer della Università di St.Gallen e Friederich Schneider dell’Università di Linz) esaminano l’andamento e la qualità della spesa cantonale in 26 cantoni svizzeri nell’arco di tempo 1980-1998: La conclusione è che la percentuale dei protestanti nel totale della popolazione residente in ciascun cantone è positivamente correlata alle dimensioni della p.a. ed alla spesa (e sua qualità): ossia quanto più sono i protestanti tanto più snelle sono la spesa e la burocrazia e tanto migliore è la qualità dei servizi. La determinante? Il calvinismo comporta un forte controllo sociale.
Il prossimo Ministro dell’Economia e delle Finanze ne tragga le conseguenze

Per Saperne di più


Rebecca Blank e William McGurn “Is the market moral? A dialogue on Religion, Economics and Justice”. Brookings Institution Press, Washington DC 2004, pp xiii, 151 $ 16.95

Jonathan Mc Gruber “Religious market structure, religious participation and outcomes: is religion good for you?” Nber working paper 11377, maggio 2005 Disponibile on line at www.nber.org

Justina V.Fisher , Friederich Schneider "Protestantism and Government Spending: A Negative Relationship? An Empirical Application to Swiss Cantons" University of St. Gallen, Department of Economics, Discussion Paper No. 2008-03

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