Dvořák Rusalka A-N Bogza, K. Andreyev, F.Franci, A.Macco, P. Orciani, A.M.Wik, K. Nikolich, A. Ariostini, G.G. Stimola, F. Musinu Coro e Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma Direttore Günter Neuhold Regia Ludek Golat Scene Jaroslav Malina Costumi Helena Anýžová Roma, Teatro dell’Opera, 22 febbraio 2008
“Rusalka” è una “fiaba lirica”, genere che nel nostro Paese ha generalmente avuto poco successo. Quanto meno a partire dalla fine del Settecento. Nostante le radici del teatro in musica italiano affondino, in gran misura, nel tentativo di dare nuova vita al mito ed ai drammi pastorali dell’antichità classica. Il melodramma del romanticismo italiano quasi rigetta il fiabesco, centrale invece all’opera tedesca (si pensi a Marschner, Weber, allo stesso Wagner) dello stesso periodo, nonché a quella del Novecento (si pensi a Strauss). Nella Francia della Terza Repubblica il fiabesco viene utilizzato per dilatare nel mito i temi della società borghese nel periodo dell’industrializzazione trionfante (si pensi a “Cendrillon”, “Chérubin” e “Le Joungleur de Nôtre Dame-” di Massenet). In Europa centrale ed orientale, le favole antiche (unitamente alla storia nazionale) alimentano la nascita di forme di teatro in musica che prendono nettamente le distanze da quelle assunte in Europa occidentale. Questa è una delle ragioni per cui il capolavoro teatrale di Antoni Dvořák sia una rarità. Rappresentato per la prima volta a Roma nella stagione 1992-93, in una produzione dell’English National Opera, si è visto due anni fa a Torino ed è tornato nella capitale in un’edizione del Teatro di Ostrava. In “Rusalka” il fiabesco è di carattere sentimentale e simbolico: l’antico motivo della letteratura nordica in cui una ninfa prende, per amore, natura umana per amore pagandone le conseguenze. Il temperamento di Dvořák è lirico e melodico, per se utilizza un grande organico ed i lietmotive wagneriani. L’attenzione è più sul contesto e sui singoli personaggi che sull’azione drammatica. Il sinfonismo permea l’intera partitura. Mentre nella scrittura vocale, il declamato wagneriano si trasforma in leider anche a più voci (come nel duetto finale) e le voci fanno da contrappunto all’orchestra (come nel quadro iniziale delle ninfe).
L’allestimento viene da un teatro relativamente di piccole dimensioni di una città una città di 300.000 abitanti ai confini della Repubblica Ceca con la Polonia e con la Slovacchia. E’ un esempio di come teatri dell’Europa centrale riescono con pochi mezzi a creare produzioni dignitose. I tre atti sono divisi da un solo intervallo per rendere lo spettacolo più compatto. La scena unica ed i costumi sono ispirati al visivo di Klimt – quindi all’epoca ed al clima in cui l’opera venne composta. Descrittiva, la regia di Ludeck Golat. L’aziona di dipana rapida senza concedere agli spettatori un solo minuto di stanchezza o noia.
Particolarmente buona la resa orchestrale sotto la direzione di Günter Neuhold. . Il clima fiabesco, ma dolente, viene interpretato magnificamente dalla intensa passione degli archi, su cui si staglia la delicatezza dell’arpa (specie negli asolo) e la melanconia dei celli e dei fagotti
I cantati sono in gran misura giovani. Tra le voci spicca Anna-Louise Bozga che (nel ruolo della protagonista) ha sostituito la più nota Angeles Blanca Gulin (che due anni fa trionfò nel ruolo della ninfa a Torino); Anna-Louise Bozga è un soprano lirico spinto a tutto tondo, che può raggiungere quasi momenti wagneriani in quanto ha una estensione ampia ed un volume adatto anche alle dimensioni del Teatro Costanzi di Roma. Non eccelsa, la prova di Kostyantyn Andreyez: la parte è scritta per un heldentenor dal timpo chiaro (un Ben Heppner negli anni migliori quale quello nella versione in disco di riferimento – quella diretta da Sir Charles Mackerras). Andreyez è un tenore lirico spinto con un volume uso ai teatri di piccole dimensioni. Non tiene il passo con la sfolgorante vocalità della Bozga (specialmente nel duetto finale). Di buon livello Andreas Marco (Lo Spirito della Acque) specialmente per la capacità di scendere dalla mezza-voce alle tonalità più gravi. Efficaci Francesca Franci (La Maga) e Patrizia Orciai (La Principessa straniera). Di qualità le numerose parti minori, specialmente le ninfe.
Giuseppe Pennisi
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento