venerdì 1 febbraio 2008

FMI STUDIA NUOVE REGOLE PER LA FINANZA. MA SERVONO?

Una nuova regolazione finanziaria internazionale è all’orizzonte, anche se nessuno ne vede i contenuti. L’argomento è stato al centro del World Economic Forum appena tenutosi a Davos. L’ impulso è arrivato la crisi del subprime che ha travolto non solo elementi del sistema bancario americano ma anche due dei maggiori istituti tedeschi a partecipazione statale. Ove ciò non bastasse, le complicate (ed ancora oscure) vicende che hanno portato la Société Générale ad una perdita di circa 5 miliardi di euro rivelerebbero che gli istituti non sono ancora adulti poiché avrebbero bisogno di bastoni e carote esterni al fine di organizzare un’efficace vigilanza interna. Il sistema bancario italiano afferma di non essere stato sfiorato dalla crisi e di avere controlli interni efficienti. Il Fondo monetario internazionale (Fmi) non ne è convinto e una delegazione in questi giorni a Roma per l’esame annuale della situazione economica e finanziaria del Paese sta conducendo un’analisi approfondita delle banche italiane. Oggi si terrà un incontro (non di mera cortesia) con i maggiori banchieri italiani. I lineamenti (ed i contenuti) di una proposta dovrebbero essere rivelati (almeno in parte) in aprile a Tokyo quando l’International Stability Forum, Isf (creato l’autunno scorso e guidato dal Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi) riferirà ai Ministri economici e finanziari del G7. Di conseguenza, l’officina dove si conduce parte importante del lavoro è a Roma (anche se pochi paiono rendersene conto).
Quando si predispone una nuova regolamentazione internazionale (che si sovrapponga a quelle nazionali e regionali esistenti) vale la pena chiedersi quali saranno i benefici e chi ne fruirà. I costi, in termini non soltanto di peso burocratico ma anche di dati da fornire ai regolatori ed alla vigilanza, sono di solito facilmente stimabili. Più arduo il calcolo quantitativo dei benefici e l’individuazione dei beneficiari; spesso si resta in affermazioni di principio molto generali sulla speranza di evitare nuove crisi (subprime, lasca vigilanza interna) nell’interesse del risparmio e della crescita ordinata della liquidità mondiale.
MF ha già espresso (ad esempio il 12 settembre) perplessità sull’efficacia di forme di vigilanza internazionale sugli hedge fund, che una scuola di pensiero vorrebbe affidare al Fmi. In queste settimane, proprio mentre il Fondo cerca di fare le pulci agli istituti italiani, chi sta lavorando alle proposte dell’Isf ha sotto gli occhi alcune analisi che suscitano dubbi sulla desiderabilità di nuovi controlli e nuovi controllori. Significativa (e fresca di stampa) quella condotta da una delle maggiori università tedesche (quella di Tubinga) e la New York Università: sulla base di un campione di circa 2300 banche in 60 Paesi (in un arco di tempo circa decennale) conclude che “non ci sono indicazioni di effetti della regolazione bancaria, nazionale ed internazionale, in termini di volatilità degli utili bancari al lordo di tasse ed imposte”, l’indicatore “più eloquente di rischio bancario”. Invece, “la volatilità macro-economica aumenta i rischi bancari” e “l’apertura del sistema li riduce”. Un consiglio a “chi fa politica”: “se intendete ridurre i rischi bancari, gestite bene la macro-economia, evitando alti e bassi del ciclo, ed aumentate l’apertura del sistema creditizio”. Un’altra analisi – del Dipartimento banche e finanza della Griffith University – scava nel subprime: la crisi avrebbe mostrato “il fallimento di una regolazione” che avrebbe “sovvenzionato il trasferimento di ricchezza dal settore regolato a quello non regolato”. La conclusione: “riformare la regolazione, non espanderla perché potrebbe soffocare la parte migliore del sistema bancario”. Dall’interno del Federal Reserve Board, poi, giunge un lavoro in cui si sottolinea come la crescita del mercato dei derivati sia un indicazione che il mercato li ritenga “uno strumento utile per il contenimento del rischio” e come occorra migliorare l’efficacia dei meccanismi di vigilanza interni agli istituti invece di crearne di nuovi.
Aumentano, quindi, i dubbi su cosa serva (ed a chi) una nuova paratia di regole e vigilanza internazionale.

Nessun commento: