Per mera coincidenza, per due settimane (sino a quasi metà febbraio), due istituzioni romane (il Teatro dell’Opera e l’Orchestra Sinfonica di Roma, Osr) mettono in scena spettacoli pensati e musicati negli Anni Trenta per allestimenti firmati da grandi pittori del Novecento: De Chirico e Picasso. Al Teatro dell’Opera sono stati ricostruiti scene e costumi sulla base dei bozzetti originali di De Chirico e di Ricasso. All’Ors (che ha a prezzi molto bassi – dai 7 ai 15 euro a poltrona ed opera con il palcoscenico largo ma poco profondo dell’Auditorium di Via della Conciliazione), scene (di Salvatore Liistro) e costumi (Fabrizio Onali) si ispirano a De Chirico. E’ una festa per gli occhi, oltre che per gli orecchi.
Igor Stravinskij fa la parte del leone. Al Teatro dell’Opera si presenta “Apollon Musagète” (allestimento De Chirico) e “Pulcinella” (Ricasso), all’Ors l’oratorio-opera “Oedipus Rex” . Il primo ed il terzo sono lavori di quello che viene definito il periodo neo-classico del compositore russo, divenuto poi francese e successivamente americano ma che – pochi se ne ricordano – ha chiesto, nel proprio testamento, di riposare in Italia (nell’isola di San Marcello di Venezia). Il secondo è il ricalco di una composizione precedente di Pergolesi in cui danza, scene, musica e canto (in buca di orchestra) si fondono mirabilmente. Buone le bacchette (Ottavio Marino per lo spettacolo “De Chirico”, Massimiliano Stefanelli per quello “Picasso”, Francesco La Vecchia per “Oedipus Rex”); interessante in particolare la lettura “verdiana” (sulla scorta dell’insegnamento di Leonard Bernstein, data a “Oedipus Rex”.
Oltre a Stravinskij vengono riproposti lavori di Alfredo Casella (“La Giara”), Vittorio Rieti (“Le Bal”) , Albert Roussel (“Bacchus et Ariane”) , Eric Satie (“Parade”) e Manuel De Falla (“Il Cappello a Tre Punte”) sempre negli allestimenti di De Chirico o Ricasso. In breve, un campione abbastanza ampio di teatro in cui il visivo si integrava con il canto, con l’orchestra , con la voce e con la danza. Se “Oedipus Rex” è una tragedia e Pulcinella una rievocazione all’insegna della melanconia “La Giara” e soprattutto “Il Cappello a Tre Punte” sono vere e proprie farse , intrise a critica sociale, che riflettono gli umori del periodo tra le due guerre mondiali. Interessano ancora oggi? Si direbbe di sì data l’affluenza di giovani (determinata anche dai prezzi scontati per la loro fascia di età).
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