Nel discorso programmatico con cui ha aperto, nella francescana Spello, la campagna elettorale del Partito Democratico, Walter Veltroni ha glissato su un punto essenziale di politica economica: verrà contenuta o non verrà contenuta la spesa pubblica che supera la metà del prodotto interno lordo? L’ambiguità non è dovuta al caso od alla poca abilità dei suoi speech writers. Da un canto, Veltroni tende a tranquillizzare la grandissima parte dell’elettorato tartassata nei 20 mesi del Governo Prodi – e lo fa con la giaculatoria “pagheremo meno tasse perché le pagheranno tutti”. Da un altro, deve tenere a bada il “partito della spesa” che, sindacati in prima linea (soprattutto Cgil e Cisl), è l’architrave stessa del Partito Democratico ed ha già posto sul piatto una richiesta di 7 miliardi di euro di aumenti di stipendio ai dipendenti pubblici. Se ne è accorto anche Il Sole-24 Ore (nella cui redazione, e direzione, non manca chi guarda con grande interesse, e con più di una punta di malcelata simpatia, all’esperimento veltroniano). L’editoriale del 13 febbraio invitava apertamente ad indicare quali poste di spesa ridurre. A riguardo, indicazioni puntuali sono già vendute dal Popolo della Libertà PdL (specialmente in materia di ritorno al sistema previdenziale modificato dalla costosa controriforma Prodi-Damiano-TPS).
In effetti, proprio mentre la Veltronieconomcs non si pronunciava in materia di spesa pubblica, la Banca Mondiale pubblicava (e metteva on line) un’analisi comparata del nesso tra spesa pubblica e crescita basata su un lavoro econometrico in cui si esamina l’esperienza di 140 Paesi (118 in via di sviluppo e 21 appartenenti all’Ocse) in un lasso di tempo (1972-2005) sufficientemente lungo da essere significativo. La crescita (definita in quanto aumento del pil pro-capite del 2% l’anno per almeno un lustro) si verifica quando per almeno cinque anni di seguito la spesa primaria (ossia al netto del pagamento degli interessi sul debito) non cresce più dell’1% l’anno e l’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni non supera mai il tetto del 2% del pil. Perché si verifichino queste due condizioni, occorre un’effettiva cura dimagrante della macchina pubblica italiana con i suoi annessi e connessi: non basta promettere che non verrà ulteriormente aumentata la pressione fiscale.
Un’alta spesa pubblica non è solamente una palla di piombo alla crescita. E’ anche un concime per la criminalità. Lo documenta un’analisi quantitativa effettuate nell’ambito dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ed ancora in corso di pubblicazione. Si può, se si desidera esaminarne i dettagli, rivolgersi all’autore Raul Caruso (raul.caruso@unicatt.it) , il cui cognome non individua una secolare dinastia bergamasca o trentina. Dopo un’introduzione teorica (ancorata alle teorie economica della rendita), il lavoro contiene un’analisi empirica su dati di 20 Regioni nell’arco di tempo 1977-2003. L’analisi contiene la costruzione di un indice di intensità e diffusione della criminalità organizzata. I risultati principali sono i seguenti: a) una correlazione negativa tra investimenti nel settore privato e criminalità organizzata; b) una correlazione positiva molto forte tra spesa ed investimenti pubblici (specialmente nell’edilizia) e criminalità organizzata; c) una correlazione negativa, invece, tra tutela sociale e criminalità organizzata. E’ utile ricordare che nel 1998 Giuseppe Tullio e Stefano Quarella (allora ambedue all’Università di Brescia) giunsero a conclusioni analoghe con un apparato statistico molto più semplice di quello di Caruso: le aree a più alto tasso di spesa pubblica erano proprio quelle con il più alto tasso di omicidi.
Quindi è bene che la Veltronieconomics sia chiara (se può) su come il PD intende tagliare la spesa e, di conseguenza, migliorare la sicurezza dei cittadini ed il controllo del territorio da parte dello Stato.
Riferimenti
Caruso R. "Public Spending and Organised Crime in Italy - A Panel-Data Analysis Over the Period 1997-2003 (Spesa Pubblica E Criminalità Organizzata in Italia Evidenza Empirica Su Dati Panel Nel Periodo 1997-2003)" In corso di stampa; si può richieder a raul.caruso@unicatt.it
Carrerw C., De Melo J."Fiscal Spending and Economic Performance: Some Stylized Facts" World Bank Policy Research Working Paper No. 4452
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento