Nelle buche d’orchestra dei teatri lirici risuonano, tra la fine di febbraio e la prima metà di marzo, le note di Richard Strauss, e più precisamente due dei più noti atti unici del compositore di Monaco di Baviera :Subito dopo una ripresa de “Il cavaliere della rosa” a Genova è in scena a Torini un nuovo allestimento di “Salome” (con la regia di Robert Carsen e la bacchetta di Gianandrea Noseda) mentre l’opera di Belgrado ne porta la propria produzione di repertorio, tra cui c’è anche il dramma dell’eroina morbosa e lussuriosa a Ravenna, Rovigo ed altri teatri.
Al Regio di Torino, l’allestimento è osé: la protagonista non si toglie i veli ma sette giovanotti che recitano in palcoscenico con lei sono in desabillé, mentre è di impianto tradizionale la produzione serba. Firenze e Venezia, invece, ospitano due allestimenti di “Elektra”, primo dei sette capolavori del binomio Richard Strauss- Hugo von Hofmannsthal, sono anche scena; nel capoluogo toscano la messainscena vede una nuova coproduzione di Robert Carsen (con il Teatro Nomori di Tokio) ed a Venezia sale sul palco quella di Klaus Michael Gruber che inaugurò nel dicembre 2003 la stagione del San Carlo. In questi giorni, inoltre, nella penisola iberica l’edizione di ”Elektra” di Barcellona viene mostrata in 50 sale cinematografiche in diretta
Nel catalogo Strauss- Hofmannsthal, “Elektra” è uno dei lavori rappresentati con maggiore frequenza in Italia: negli ultimi anni si è visto alla Scala, all’Opera di Roma, al Maggio Musicale fiorentino, al Massimo Bellini di Catania, al Filarmonico di Verona, nonché nei Festival di Taormina, Macerata, Pompei e Spoleto. Nella vulgata di storia della musica, la magia di “Elektra” viene illustrata nel prodigio, al tempo stesso, di complementarità e di contrasto tra il testo di Hofmannsthal e la partitura di Strauss; circolare il primo (con il proprio epicentro nel confronto-scontro tra Elektra e Klytämnestra); vettoriale il secondo sino all’orgia sonora in do maggiore del finale. L’edizione fiorentina (su cui ci soffermiamo data l’importanza dell’allestimento e della direzione musicale di Seji Ozawa) mostra come sia l’azione sia la musica abbiano una struttura ad ellisse; un’introduzione quasi contrappuntistica (il dialogo delle ancelle per preparare al monologo di Elektra) si snoda in una vasta parte centrale in cui il confronto tra Elektra e Klytämnestra (colmo di disperazione) è inserito tra due altri confronti – quelli tra Elektra e Chrysothemis (rispettivamente sul significato della vita e sul valore della vendetta); in tutta questa parte centrale si sovrappongono due tonalità musicali molto differenti per unificarsi dalla scena del ritorno di Orest e del duplice assassinio e predisporre, quindi, il do maggiore della danza macabra finale.
Nell’edizione fiorentina la Reggia dei Atridi a Micine sono tre mura grigie che racchiudono il palcoscenico.In questo clima tra il claustrofobico e l’ossessivo, Elektra, Christothemis ,lo loro ancelle sono in scarne tuniche nere, Orest ed il suo precettore in grigio, Klytämnestra e Augestih in bianco (le scene di Michael Levine, costumi di Vasul Matuz, luci di Peter van Praet). La tragedia si svolge serrata tanto più che Ozawa legge la partitura dandole una concezione lirica, soffermandosi sulle sofferenza dei personaggi e facendo esprimere dall’orchestra un fasto di colori , ascoltato solo in recenti esecuzioni di Abbado. Tutte di gran livello di voci. Notissime nel ruolo Agnes Balsta ( Klytämnestra) e Susan Bullock (Elektra), la vera scoperta, per il pubblico italiano, è la straordinaria Chrysothemis di Christine Goerke.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento