sabato 2 febbraio 2008

MARIO DRAGHI SI INFORMA SULLA STABILITA' FINANZIARIA

Nella veste di Presidente dell’International Stability Forum (Isf), il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, segue con accresciuta attenzione le tensioni sui mercati finanziari, le tematiche attinenti al subprime, le serie difficoltà di una banca britannica e di due tedesche, nonché i nodi del secondo istituto creditizio francese e le perplessità che all’interno del Fondo monetario internazionale (Fmi) qualche voce esprime sullo stato di salute italiano. Ha un compito difficile: il rapporto che l’Isf dovrà presentare in aprile deve accontentare sia la scuola di pensiero secondo cui ulteriori paratie devono essere basate sull’autoregolazione di banche ed affini sia la tesi contrapposta in favore di nuove regole (internazionali, oltre che nazionali) Il 29 gennaio, a Londra, i quattro”grandi” dell’Ue sono sembrati divisi: Germania e Gran Bretagna in supporto della prima soluzione; Francia e Italia della seconda.
E’ in questo contesto che il Governatore esamina alcuni saggi recenti giunti sulla sua scrivania. In primo luogo, un saggio sulle prospettive (ed i rischi del private equity ) nell’ultimo fascicolo del”Journal of Applied Corporate Finance”. Ne sono autori tre professori della London Business School. Prima dell’attuale contrazione, il mercato è cresciuto rapidamente (da 9,5 miliardi di dollari nel 1991 a 500 miliardi nel 2006, contando unicamente Ue e Usa). Negli ultimi anni ci si è accontentati di rapporti piuttosto bassi tra Ebitda e capitale; dunque con una forte leva finanziaria. Secondo il lavoro più inportante di tale leva è la scarsità di informazione; vengono proposte una serie di misure per aumentare la trasparenza. Tassello utile per l’Isf.
Un contributo interessante viene anche dal servizio studi Fmi: il Working Paper No. WP/0//281 sulla diversificazione internazionale degli istituti di credito. Sulla base dei dati di 38 banche internazionali e delle loro sussidiarie all’estero (nel periodo 1995-2004), l’analisi conclude che le banche internazionale con una forte proporzione di attività allocate a filiali all’estero, specialmente in Paesi emergenti, hanno riportato i rendimenti più elevati (se aggiustati per il fattori rischio): la diversificazione, quindi, è elemento di stabilità (il “secondo pilastro” di un sistema, secondo lo studio, in cui Basilea II è il primo).
L’ultima chicca, per Draghi, viene da Liegi: un nuovo indice (pubblicato sul “Journal of Finance Management”) per valutare la volatilità degli hedge fund. Un contributo utile in terreno arduo.

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