Il Presidente dell’Inps, Giampaolo Sassi, (in predicato di andare alla guida dell’ente che unificherà Inps, Inpdap, Ipsema, se mai si farà) sa che la riforma delle pensioni necessita il decollo dei fondi pensione. I dati della Covip e quelli dell’Ocse sono scoraggianti: nonostante gli sforzi fatti (devoluzione ai fondi del trattamento di fine rapporto, tfr, incentivi tributari, campagna mediatica), gli aderenti a fondi pensione od a piani previdenziali individuali sono meno del 20% degli occupati e le risorse impegnate non raggiungono lo 0,5 dello stock di ricchezza degli italiani. Altra classifica in cui in sede Ocse siamo il fanalino di coda. L’urgenza del decollo è indicata tra l’altro in un libro della Fondazione cattolica Novae Terrae (saggistica a cui Sassi è molto attenta): “La vera verità sulle pensioni” di Giovanni Palladino. Sassi lo ha letto raffrontandolo con due lavori, che per quanto di autori italiani, hanno avuto una circolazione modesta:a) il quaderno di ricerca n.27/07 della Università Cà Foscari ( ne sono autori Erich Battistini, Agar Brugiavini, Enrico Rettore e Guglielmo Weber) in cui si esamina, con un ricco armamentario statistico, la riduzione dei consumi delle famiglie che segue il pensionamento; b) un’analisi di Bankitalia - il documento di lavoro n. 8 del servizio studi (firmato da Riccardo Cesari , Giuseppe Grande e Fabio Panetta) che documenta come gli alti costi di gestione, l’opacità e la frammentazione della previdenza complementare facciano da deterrente (ancora più dei rendimenti relativamente bassi) alle scelte dei lavoratori.
I suoi collaboratori hanno selezionato alcuni studi specifici sui fondi in Spagna – uno della Università di Navarra fresco di stampa- ed in Gran Bretagna - saggi apparsi sul Financial Analysis Journal e la Financial Services Review. Roba ostica per un manager il cui tempo per la lettura è contingentato. I lavori più utili sono quelli sui risparmi (e gli investimenti) in vista della terza età apparsi nella sezione monografica dedicata al tema nell’ultimo numero del Journal of Economic Perspectives, la rivista di alta divulgazione dell’American Economic Association: ancora una volta, l’invito è a concentrare i circa 600 fondi esistenti in Italia in numero più piccolo ma in cui ciascun fondo abbia una solida consistenza. Non è la prima volta che viene formulato: si riuscirà a raggiungere questo obiettivo senza una riforma della normativa (del lontano 1993) che , per accontentare tutti, basava la previdenza integrativa sui “cento fiori” (quanti più fondi nascono, anche piccoli, tanto meglio è)?
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