mercoledì 13 febbraio 2008

LA VELTRONIECONOMICS ALLONTANA L'ITALIA DALL'EUROPA

Walter Veltroni sa che verrà sconfitto. Lo dimostra una campagna elettorale impostata sull’irrealizzabile- promesse che non sarà chiamato a mantenere, ma i cui contenuti verranno rinfacciati a chi andrà a Palazzo Chigi ed a Via Venti Settembre. In materia di politica economica sono così poco credibili che è difficile vedervi la mano del buon e competente Marco Causi, professore alla Università Roma III, assessore al bilancio ed alla programmazione al Comune e da 12 anni suo paziente mentore nel labirinto della “triste scienza”. C’ è forse il ditino, o meglio il ditone, del suo suggeritore Goffedro Bettini, il quale si vanta (probabilmente a ragione) di intendersi di gestione ma non ha mai proclamato di saperne di economia. Nel loft del Partito Democratico, si mormora che il leader è uso alla “politique d’abord”, ma non ha le basi per entrare anche nei primi elementi della scienza economica: lasciato il Liceo Tasso – dicono suoi compagni un po’ malignetti – per essere stato bocciato più volte, ha tentato senza grande successo la strada del Centro Sperimentale di Cinematografia ed ha alla fine preso un diploma sì nei variopinti campi della Settima Arte, ma di un corso professionale. Comunque, che i politici debbano essere laureati – e meglio ancora titolari di un Master o di un PhD se non di un titolo conferito dall’Ena- lo credono soltanto pochi (come Amato e Bassanini- un tempo Visentini). Ciò che conta è che quando discettano di economia sappiano mettere in fila i numeri.
Nel discorso di apertura della campagna elettorale, la Velotronieconomics è ancorata ad uno slogan che ascolteremo spesso nelle prossime settimane: “meno tasse e più salari”. Inoltre, la multiforme coalizione prodiana vorrebbe varare (in questi giorni) un provvedimento per abbassare l’imposizione sulle fasce basse del lavoro dipendente- verrebbe finanziato tramite un nuovo “tesoretto” che gli uffici di TPS certificherebbero a metà marzo. Su quali cifre si regge questa prospettiva? La tornata (diramata il 9 febbraio) di previsioni econometriche dei 20 maggiori istituti indicano un rallentamento non solo nell’anno in corso ma anche nel seguente (per l’area dell’euro le stime di crescita del pil variano tra l’1,3% ed il 2,4% nel 2008 e tra l’1,3% ed il 2,3% per il 2009). Quindi, una frenata non più brusca ma più lunga di quanto anticipato (sempre dei 20 istituti) solo un mese fa. In questo quadro, l’Italia: una crescita tra lo 0,8% e l’1.8% nel 2008 con una leggera ripresa – crescita tra l’1,1% ed il 2.1% - nel 2009. Dato che la legge finanziaria è stata costruita su ipotesi di aumento del pil attorno all’1,5% , ciò può comportare all’”assestamento di bilancio”, in giugno, la necessità di una manovra di aggiustamento tra gli 8 ed i 12 miliardi di euro – oppure rinegoziare il programma di rientro definito con l’Ue. Quindi, il Governo Prodi lascia in eredità non “la sconfitta dell’evasione fiscale all’insegna paghiamo meno perché paghiamo tutti” (altro cardine della Veltronieconomics) ma una voragine che renderà difficilissima la vita del prossimo Governo: è di fatto impraticabili una manovra di circa 2 miliardi di euro al mese da effettuarsi dall’entrata in funzione del nuovo Esecutivo e la fine del 2008. I nuovo Esecutivo dovrà andare a Bruxelles come Enrico IV andò a Canossa: chiedendo venia ed autorizzazione a attuare un nuovo programma.ù
Un pozzo avvelenato, quindi. Ove in marzo, le stime preliminari delle entrate indicassero l’eventualità di un nuovo “tesoretto” (cosa peraltro improbabile) e tale “tesoretto” si materializzasse, buon senso consiglierebbe di non impegnarlo prima di giugno: può servire a saldare una falla che viene anche da lontano ma di cui si vedono già le dimensioni quantitative.
I veleni riguardano pure gli amici. Francesco Rutelli lo sa e, per questo, tentenna prima di accettare di candidarsi a sindaco di Roma. I suoi sodali affermano che ha chiesto una “due diligence” per evitare di prendesi un bidone. Tutti sanno che da quando Veltroni è sindaco i problemi veri della città vengono trascurati dato che il Primo Cittadino si interessa più di Africa e di cinema che di come funzionano servizi essenziali – ci vogliono ad esempio diversi mesi per avere la documentazione necessaria per sposarsi civilmente – e della manutenzione minima all’infrastruttura – strade, trasporti pubblici, nettezza urbana. Negli ultimi giorni sono trapelate grida accorate che (tranne la festa del cinema) altri aspetti del “panem et circenses” veltroniano sono in forse: l’estate romana e la notte bianca. Pochi però hanno contezza della crisi ambientale sul punto di esplodere. A Roma e provincia vengono prodotti circa 1.600.000 t/anno di rifiuti solidi urbani e 2.300.000 t/anno nell’intera regione. Mentre in Italia lo smaltimento in discarica è in media pari al 22% (del totale), nel Lazio è al 25,7 %, 5 e 3 punti percentuali tali da avvicinare il Lazio più al Sud che al Nord, dove oltre il 33% dei rifiuti vengono trattati in termovalorizzatori e gassificatori. Lo smaltimento in discarica inquina la falde e porta malattie. Per il nuovo impianto di gassificazione di Malagrotta, non è stato svolta nessuna Valutazione di impatto ambientale (Via) nonostante si tratti della discarica più grande d’Europa (240 ettari) ed ormai quasi satura. Dal 1999 il territorio di Roma e provincia è in stato di emergenza. La zona di Malagrotta, è fra le diciotto aree nazionali a rischio. Nonostante le conclusioni del rapporto congiunto dei Ministeri dell’Ambiente e dell’Innovazione presentato in pompa magna lo scorso 24 aprile dai due Ministri competenti, Comune e Provincia non hanno fatto nulla per promuovere nuove tecnologie (come la pirolisi) che consentono di utilizzare circa il 90% del volume dei rifiuti per la produzione di energia. Il rischio è che la capitale – che sarebbe stata retta da un Nerone senza Seneca, secondo la battuta frequente nei corridoi degli uffici comunali – si avvii ad una situazione analoga a quella di Napoli. Rutelli teme di finire avvelenato. Oltretevere si è inquieti: lo sfascio della capitale renderebbe difficile l’operatività del piccolo Stato “enclave” che è nel suo interno.
Bastano questi dati per indicare come la Veltronieconomics ci porterebbe fuori dall’euro, dall’Ue, dall’Ocse. Avvicinerebbe l’Italia all’Africa; gli italiani che lo desiderano sanno per chi votare.

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