giovedì 28 febbraio 2008

LA POLPETTA AVVELENATA DI ROMANO PRODI

[27 feb 08] E’ noto, anzi notorio, che Romano Prodi considera Walter Veltroni & Co (i suoi associata) alla origine delle sue sventure e del vero e proprio crollo del suo ormai ultimo (per sempre) governo. Non si sarebbe verificato se Veltroni non avesse indicato l’intenzione di voler“correre da solo”, creando lo scompiglio tra i partitini della litigiosa coalizione. Prodi li vede come una ditta ingrata in quanto avrebbe volentieri ceduto loro con garbo Palazzo Chigi (ed annessi e connessi) nel 2011, una volta raggiunta l’età appropriata per fare il nonno politico-spirituale del neonato Partito democratico. Ora è stato nonnificato anzitempo ed anche costretto a fare buon viso a cattivo gioco ed a mostrare simpatia e supporto per la compagnia di giro (in autobus) Veltroni & Co della quale è presidente onorario.
In questa veste avrebbe offerto più di un suggerimento. Sarebbe stata sua l’idea di ispirare il programma del Pd (con i necessari aggiustamenti) a quello della Casa della libertà del 2006; in tal modo, si sarebbe dato un segnale di discontinuità. Inoltre, presi a negoziare accordi e candidatura con questo e quello, i compilatori di programmi sarebbero stati ben lieti di avere un prête-à-porter pronto all’uso e lo avrebbero in buona parte scopiazzato. Ciò vuol dire che il programma CdL del 2006 era sbagliato? No, ma era sufficientemente spostato al centro, anzi al centrodestra, da mettere in fuga una fascia importante del bacino elettorale potenziale di Veltroni & Co. E farla correre verso l’Arcobaleno. In secondo luogo, i prodiani hanno indotto il Pd a fare accordi elettorali (in barba alla proclamata “solitudine del maratoneta”, roba da topi di cineteca, ispirata forse da un film britannico, così intitolato, degli anni Sessanta).
Intese come quelle con i dipietristi ed i pannellani porterebbero allo scontro le varie anime, per così dire, del Pd: garantisti contro giustizialisti, laicisti contro cattolici. La maniera peggiore per fare la campagna elettorale. E se queste strategie non bastassero? Ove, nonostante tutto, per disgrazia di Dio ed in barba alla volontà della nazione, si arrivasse ad un pareggio, o qualcosa di analogo, non resta che l’arma del “buco”, la falla di bilancio lascia in eredità dalla triade Prodi-Padoa Schioppa-Visco (senza che Veltroni & Co se ne accorgessero) al nuovo governo, il quale dovrà, comunque, o arrabattarsi con qualche miscela di ritocchi alle spese ed alle entrate oppure rinegoziare gli accordi con l'Eurogruppo. Nell'immediato chiunque sarà a Palazzo Chigi e a via Venti Settembre dovrà colmare una falla di 8-10 miliardi di euro per raggiungere, a fine anno, gli impegni sottoscritti con gli altri Stati dell'area dell'euro. In caso di pareggio e di tentativo di larghe intese, nel “buco” sprofonderà Walter Veltroni.

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