Martedì 29 gennaio, nelle brume di Londra, Romano Prodi (nelle vesti di Presidente del Consiglio in carica per l’ordinaria amministrazione) si è riunito con il Presidente della Commisione Europea José Manuel Barroso, il Primo Ministro britannico Gordon Brown, il Cancelliere tedesco Angela Merker ed il Presidente Francese Nicolas Sarkozy (in rigoroso ordine alfabetico). Per Prodi si è trattato dell’ultimo “high tea” con una compagnia di tale rango.
Sarà la melanconia di un “high tea” in fumo di Londra, ma poco o nulla è trapelato sui contenuti delle quattro ore passate insieme dai leader che parlano per l’Europa al G7 (su questa base sono stati scelti i partecipanti). Negli incontri con la stampa, e nelle veline dei portavoce, i consueti sussurri e grida sulla delicatezza della congiuntura, uniti a qualche rimbrotto a banche e società di rating ed ad asserzioni sulla “solidità” dell’Ue (rispetto, presumibilmente, ad altri continenti).
In effetti, la riunione ha mostrato come sull’argomento principe all’ordine del giorno (la regolazione finanziaria internazionale e relativa vigilanza) sia in atto in Europa una vera e propria “guerra fredda”. Non si tratta di un confronto tecnico o accademico. Dalla scorsa estate, la crisi subprime esplosa negli Usa, i travagli di una grande banche britannica e due tedesche, il pasticciaccio brutto della Société Générale ed i timori che il Fondo monetario internazionale (Fmi) nutre per istituti di altri Paesi (Italia e Grecia, in prima fila), si stanno delineando due “scuole di pensiero”, per utilizzare un lessico elegante, in vista di quando in aprile a Tokio verrà esaminato il rapporto dell’International Stability Forum (Isf) – comitato internazionale presieduto da Mario Draghi.
Una decisamente vincolistica – a Londra gli hanno dato voce Francia ed Italia- auspica nuovi controlli o maggiore rigore nell’applicazione di quelli esistenti. Una più marcatamente liberista (a Londra presentata da Gordon Brown e Angela Merker) che accentuerebbe invece l’autoregolamentazione da parte degli istituti (soprattutto sui veicoli speciali di investimento, in gergo Siv, da loro creati o alimentati).
La prima scuola ha una varietà di proposte: da quelle relative alla riforma del Fmi che avrebbe così vere funzioni operative (interessante a riguardo un saggio di Graham Bird del Clarement College sull’ultimo fascicolo del Journal of Economic Surveys) a quelle attinenti all’aumento degli obblighi di riserva. Queste ultime, a loro volta, hanno una vasta gamma di alternative: uniformare le riserve obbligatorie presso le banche centrali nei Paesi Ocse (ora tale uniformità vige solamente nell’area dell’euro), definire obblighi di riserva “interni” alle banche – ossia per tutelarsi nei confronti dei Siv. I vincolisti hanno argomenti suadenti nel marasma finanziario degli ultimi mesi ed in alcune prassi poco incoraggianti da parte degli istituti di credito: il 29 gennaio, la banca centrale della Finlandia ha messo on line un lavoro del proprio servizio studi da cui risulta che, nello stesso Eurosistema, per i fini delle transazioni interbancarie gli istituti usano tenere riserve appena sufficienti per coprire il periodo richiesto per la regolazione (Bank of Finland Discussion Paper N. 30/2007)
Le tesi vincolistiche hanno, però, trappole: non solo creano burocrazia o danno ragione di vita a quella esistente anche priva di funzioni (il Managing Director del Fmi stima che il 20% dell’organico dovrebbe essere eliminato) e con essa nuovi controlli amministrativi (che poco incidono sulla sostanza) ma crea e diffonde ciò che gli economisti chiamano “azzardo morale”: se sai che c’è un “grande fratello” pronto a fare “il buon samaritano” se propenso a comportamenti rischiosi.
Tra le due scuole c’è un abisso profondo. Dal servizio studi della Banca per i regolamenti internazionali , nella paciosa Basilea, un’idea interessante di convergenza : una rete di centri bancari per una prassi di verifiche tra pari (peer reviews) sulla base di indicatori trasparenti (e concordati). Non sappiamo se l’Isf la stia prendendo in considerazione. E’ una proposta di mercato. Il mercato premia e punisce meglio delle burocrazie e dei politici. Ha tanti difetti ma non si è ancora trovato uno strumento che imponga una migliore disciplina.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento