domenica 9 febbraio 2014

Un paio di consigli per tentare di risollevare le fondazioni liriche in Formiche 9 febbraio



Un paio di consigli per tentare di risollevare le fondazioni liriche
09 - 02 - 2014Giuseppe Pennisi Un paio di consigli per tentare di risollevare le fondazioni liriche
Ecco alcuni suggerimenti per possibili terapie da applicare ad enti che versano in condizioni preoccupanti. Terzo e ultimo articolo curato da Giuseppe Pennisi
Nei precedenti due articoli, sono stati affrontati il quadro generale della situazione delle fondazioni liriche e i principali fattori di crisi.
LA TERAPIA
Ecco ora una terapia possibile che può essere delineata così:
a) Fondere o consorziare fondazioni, riducendo costi;
b) Porre l’obbligo di attuare in coproduzione almeno 70% degli spettacoli
c) Rendere efficace il regolamento approvato dal Governo Monti, responsabilizzando gli enti locali.
d) Attuare un programma di riduzione degli esuberi
e) Attuare un programma di avvicinamento delle nuove generazioni
f) Esternalizzare come in molti teatri europei (o come fanno i teatri dell’Emilia con l’Orchestra Toscanini) orchestre e corpi di ballo da organizzare in cooperative di artisti contrattualizzate con le fondazioni.
g) Allineare alle aliquote medie europee gli sgravi tributari per le elargizioni culturali –misura elaborata sotto il profilo tecnico nel 2009 ma mai realizzata (forse a ragione dell’opposizione del Dipartimento delle Politiche Fiscali del MEF).
CHI CHIUDE I BATTENTI
Chi si oppone al rinnovamento pensi che a New York, l’’opera della gente’ (la New York City Opera) ha chiuso i battenti pochi mesi fa e che negli Anni Sessanta lo stesso Metropolitan è stato chiuso per due anni. In Italia, il San Carlo non ha operato alle fine dell’Ottocento in quanto oberato di debiti. Oggi il Massimo Bellini di Catania, il Vittorio Emanuele di Messina ed il Cilea di Reggio Calabria hanno le porte sprangate. Al Pergolesi di Jesi (per decenni un ‘tempio della lirica’ della dorsale adriatica) si fa solo prosa.
DOVE SI INNOVA
Occorre rilevare che negli ultimi anni, a mio parere, c’è stata maggiore innovazione nei 28 teatri ‘di tradizione’ che nelle fondazioni. Sono distribuiti in 13 Regioni e la maggioranza (17) è situata nelle regioni del Nord Italia: Lombardia (Teatro Donizetti di Bergamo, Teatro Grande di Brescia, Teatro Sociale di Como, Teatro A. Ponchielli di Cremona, Teatro Sociale di Mantova, Fondazione Teatro Fraschini di Pavia;); Piemonte (Teatro Coccia di Novara); Liguria (Teatro Opera Giocosa di Savona); Veneto (Teatro Sociale di Rovigo, Teatro Comunale di Treviso); Trentino Alto Adige (Fondazione Teatro Comunale e Auditorium di Bolzano); Emilia Romagna (Teatro Municipale di Piacenza; Teatro Comunale di Modena, Teatro Regio di Parma, Teatro Comunale di Ferrara, Teatro Alighieri di Ravenna, “I Teatri” di Reggio Emilia,); 6 si trovano al Centro: Marche (Teatro Pergolesi di Jesi, Arena Sferisterio di Macerata); Toscana (Teatro Carlo Goldoni di Livorno, Teatro del Giglio di Lucca, Teatro Verdi di Pisa); Abruzzo (Teatro Marrucino di Chieti); 5 nel Sud, isole comprese: Calabria (Teatro Rendano di Cosenza); Puglia (Teatro Politeama Greco di Lecce); Sicilia (Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania, Ente Luglio Musicale Trapanese di Trapani); Sardegna (Ente Concerti “Marialisa De Carolis” di Sassari). Operano in circuiti , con allestimenti a basso costo, cast giovani, allestimenti trasportabili. Sono diventati una palestra importante per registi e cantanti che spesso hanno poi successo nel mondo tedesco, nelle Americhe ed in Asia.
UN TORMENTATO LES CONTES D’HOFFMANN
Spesso osano spettacoli difficili. Questo fine settimana parte da Pisa, per andare poi a Lucca, Livorno e Novara per Les contes d’Hoffmann, il capolavoro più ambizioso di Jacques Offenbach, e quello dalla gestazione più tormentata, che vide la luce solo dopo la morte dell’autore, avvenuta nel 1880 proprio quando ne stava portando a termine la composizione.
Proprio su Les contes d’Hoffmann, com’è noto, s’è incentrato il lungo lavoro di studio e preparazione del Progetto LTL Opera Studio, progetto che vede insieme i tre di Pisa, Livorno e Lucca e che nel 2013, grazie al più che decennale intenso lavoro volto a promuovere e valorizzare i giovani cantanti e maestri collaboratori attraverso accurati stage annuali mirati di volta in volta a una coproduzione finale, ha vinto il Premio Abbiati – categoria “migliore iniziativa”.
Les contes d’Hoffmann è’ l’ultima composizione per la scena del maestro dell’operetta francese, che era diventato ricco e famoso grazie al successo di capolavori del teatro leggero (soffuso di satira politica e sociale) quali Orphée aux Enfers e “La belle Helène”. E’ anche la prima ed opera vera composta da Offenbach, rimasta mai completata a ragione della sua prematura morte.
UN’EDIZIONE RIDOTTA
Più che incompiuta, Les contes de Hoffmann è stata lasciata in un’edizione ridotta, e in parte spuria, per le esigenze de l’Opéra Comique, dove un enorme successo in una versione che, con pochi adattamenti, è stata rappresentata sino alla metà degli Anni Settanta quando, ritrovati alcuni manoscritti, venne approntata l’edizione critica. Quest’ultima risultò di difficile, ove non impossibile, realizzazione scenica a ragione, se non altro, di quella che sarebbe stata la durata. Quindi, le produzioni (in teatro ed in disco) sono di norma varie contaminazioni delle versioni pubblicate dalla fine dell’Ottocento al 1934 con l’edizione critica del 1977. Non si tratta di un problema solo o principalmente filologico in quanto variano interi passaggi ed il peso relativo dei personaggi tanto che ad ogni edizione Les contes sembra un’opera nuova. Ma le chiavi di lettura cambiano in misura significativa. Mentre nelle versioni rappresentante sino alla fine degli Anni Settanta, Les contes aveva, nonostante il finale amaro, il tono di un’opera leggera, ove non quasi di un’operetta (almeno sino alla metà del secondo atto), l’edizione critica è apparsa drammatica, con passi cupi e temi demoniaci. Qualcosa di ben diverso, quindi, di un “piccolo Faust” da Terza Repubblica. Un lavoro è tanto più inquietante in quanto può essere presentato e compreso in modi molto differenti.
STORIE INCONCLUDENTI
L’apologo di Hoffmann (pittore, poeta scrittore e musicista della Prussia della prima metà dell’Ottocento), delle sue quattro donne, della musa/ispiratrice di lui innamorata e del mefistofelico deuteragonista (che lo sconfigge ad ogni occasione) viene frequentemente letto come quello dell’incapacità di relazioni vere e di una vita trascorsa in rapporti interinali inconcludenti. Spesso il protagonista è presentato come uomo giovane ed attraente. Per molti aspetti ricorda un bel racconto di Ernest Hemingway sullo stesso tema- “Le nevi del Kilimajaro”. Il protagonista , ammalato, ricorda storie di amore inconcludenti.
Vediamo cosa ne faranno i ragazzi di quattro teatri ‘di tradizioni’ coalizzatesi per la bisogna.

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